Assegno, "dote", fisco e successioni: non è un Paese per giovani
mercoledì 26 maggio 2021

Puntuale come la morte, c’è solo il dibattito sulla tassa di successione. Un dibattito carsico, che riappare seguendo più o meno ogni volta lo stesso copione: in un momento di difficoltà delle finanze del Paese un esponente di area progressista lancia la proposta come un piattello al poligono e subito i tiratori sportivi di tutti gli schieramenti, incluso quello progressista, abbattono il progetto. Anche la proposta del segretario del Partito Democratico Enrico Letta ha fatto questa stessa fine. Perché parlarne ancora dunque?

Va riconosciuto a Letta che il cuore della proposta non era la tassa di successione in sé, ma piuttosto l’idea di una "dote" per i diciottenni pari in media a 10mila euro da distribuire solo alla metà dei giovani e sulla base del reddito. L’intento sarebbe quello di riavvicinare dal punto di vista economico le opportunità delle ragazze e dei ragazzi meno abbienti nel momento del loro passaggio all’età adulta e all’indipendenza economica. Una proposta dal costo stimato dal Pd di 2,8 miliardi di euro da finanziare – sempre secondo il Pd – anche tramite un aumento dell’imposta di successione. Se la questione della tassa è sostanzialmente chiusa, almeno non lasciamoci sfuggire l’opportunità di discutere della proposta della dote.

A metà maggio le prime pagine di molti giornali di carta e online aprivano con l’appello del Papa e degli Stati Generali della Natalità, appello raccolto positivamente dal presidente del Consiglio Draghi e da tutti gli schieramenti politici, di fare il possibile per sostenere le famiglie e i giovani di questo Paese. Venerdì scorso, 21 maggio, Massimo Calvi dalle colonne di questo giornale, ha ricordato di nuovo che i soldi stanziati per le misure del Family Act, incluso l’Assegno unico universale, sono una coperta troppo corta. Anche con i fondi aggiuntivi l’Italia spende per le politiche familiari circa la metà di quello che fanno gli altri Paesi che in Europa fanno meglio su questo fronte investendo fino al 4% del Pil. Ben vengano quindi i fondi aggiuntivi della dote in salsa Pd.
Una pecca della proposta Letta è quella di non essersi legata in alcun modo al dibattito in corso, quando con facilità poteva essere integrata. A oggi, infatti, l’Assegno unico e universale già approvato ad aprile verrebbe erogato ai genitori anche per i figli dal diciottesimo fino al ventunesimo anno di età, sebbene con importi ridotti rispetto a quelli annunciati per i minorenni. La ministra Bonetti ha più volte ribadito l’intenzione di trasferire con il Family Act la titolarità dell’assegno direttamente dai genitori ai figli al compimento del diciottesimo anno di età.

Sarebbe quindi facile e auspicabile trasformare la dote della proposta Pd in ulteriori fondi da dedicare proprio all’assegno unico per estenderne i benefici ai ragazzi maggiorenni. Mettendo insieme i fondi della dote con quelli che, secondo le simulazioni, l’assegno unico attribuisce ai figli maggiorenni si avrebbero le risorse necessarie per erogare un assegno più sostanzioso direttamente ai maggiorenni e fino al venticinquesimo anno di età. Questa si sarebbe una bella dote per i giovani di questo Paese…

Ma come andrebbe finanziata? Nel momento in cui la questione giovanile e il crollo demografico sono finalmente diventate la priorità per tutte le forze politiche, di ogni orientamento, e nel momento in cui si trovano le risorse necessarie per finanziare misure quali l’aumento del bonus Renzi (4 miliardi) il cashback (5 miliardi) sembra davvero paradossale il riaprirsi così feroce di un dibattito su una modifica delle aliquote su successioni e donazioni per importi superiori ai cinque milioni di euro.

Vorremmo un Paese dove si possa dibattere in maniera ragionata ancorché accorata delle storture di un sistema fiscale che punisce eccessivamente il lavoro e le famiglie giovani. Nel contesto di una riforma generale del sistema fiscale sarebbe necessario e urgente spostare il peso da chi oggi è chiamato a seminare il futuro del Paese a chi ha accumulato tanta ricchezza privata e tanto debito pubblico. In questo dibattito, una riflessione sull’imposta di successione sarebbe assolutamente legittima e persino auspicabile.

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