Non è tempo per nessun partito di presunzioni autoreferenziali
martedì 28 giugno 2022

Nel deserto elettorale, con l’affluenza crollata al 42%, non si vince con le presunzioni, le improvvisazioni e le divisioni. È la prima riflessione che si ricava dai ballottaggi in 65 Comuni, con qualche spunto che, forse, vale di più per il centrodestra. Che 'vola' a livello nazionale con illusioni alimentate dai sondaggi, in particolare per il partito di Giorgia Meloni, ma poi sui territori fatica molto a tradurre i consensi (reali e potenziali) in una costruzione politica capace di spuntarla dentro le urne. La vittoria complessiva del centrosinistra è infatti netta, con storiche roccaforti strappate agli avversari, da Monza al Nord a Catanzaro al Sud.

Tutto questo avviene in un quadro di sindaci scelti dalle minoranze elettorali più piccole di sempre (a proposito: ma per il futuro non sarebbe ora di prevedere sempre entro maggio questi turni, pur non essendo certamente la calura l’unica ragione che tiene lontani dalle urne?). Chi ha vinto di più deve tenerne conto. Così come chi ha perso di più, e in un modo che colpisce. Perché ripropone una vecchia questione che sarebbe ora di affrontare: la mancanza di classe dirigente.

Proprio per Fratelli d’Italia, che si autoproclama prima forza a livello nazionale, il problema è ancor più evidente: la batosta di Verona, emblematica nella sua enormità con i 3 candidati di centrodestra che al primo turno assommavano ben il 60% e dove il sindaco uscente Sboarina ha sottovalutato la novità travolgente di Damiano Tommasi e ha fatto prevalere personalismi e dissidi personali sulla 'visione ampia' che dovrebbe avere un politico, rifiutando l’appoggio indispensabile (anche se forse non sufficiente) di Tosi. È il bis della vicenda di Roma, nell’autunno scorso, quando Fdi fece harakiri scegliendo un candidato improbabile (Michetti) e - sottovalutando Gualtieri - ha perso elezioni che venivano considerate già vinte dal centrodestra.

E in Sicilia ora si rischia una nuova scoppola, per l’ostinazione nel pretendere alle regionali il bis di Musumeci che, prevedendo invece la mala parata, ha già dato segnali di voler fare, lui, un passo indietro. Forza Italia e la Lega (che pur devono riflettere sul loro contributo a questa sconfitta, specie a Catanzaro dove non hanno saputo trovare di meglio che un candidato proveniente... dal Pd!) hanno dimostrato in fondo, negli anni, di saper esprimere anche governatori e sindaci di spessore. La carenza invece dentro Fdi, alle spalle della leader Meloni, di uomini e donne di caratura politica adeguata dovrebbe essere elemento di riflessione. I sondaggi di oggi non è detto che si traducano nei voti di domani.

E la cultura di governo di un Paese, di cui bisogna saper gestire la complessità sociale ed economica, non è arte che si improvvisi in pochi mesi. Certo il quadro uscito domenica dalle urne non va traslato automaticamente sul piano nazionale: nelle città conta molto di più il fattore personale. Il centrodestra, se riuscirà a superare le divisioni interne che lo condizionano, confida nel sistema elettorale delle elezioni politiche, con i collegi uninominali dove presume di poter convergere su candidati comuni con più facilità rispetto all’asse giallo-rosso, ora ulteriormente frantumato dopo la scissione di M5s.

Tuttavia, proprio da queste amministrative viene anche l’indicazione che le prossime elezioni nazionali sono ancora pienamente 'contendibili', senza un esito più o meno segnato. La presunzione di avere già la vittoria a un passo può portare anzi a errori fatali, per tutti. Anche per quel centrosinistra che ora giustamente brinda. Il 'campo largo' di Letta ha superato la prova per l’alto tasso di 'civismo' che esprime e raggruppa nelle coalizioni locali, ma altre sfide - e ben più gravi - incombono e vanno gestite con oculatezza (come sa bene il leader del Pd) se si vuol evitare che resti un campo incolto, fra le spinte centriste e le tentazioni antigovernative di quel che resta di M5s.

Una gran forza, è bene ripeterlo, deve saper inglobare però le originali figure civiche che vanno emergendo, lontane dai classici schemi di partito: possono dare un valore aggiunto decisivo nel frastagliato quadro politico attuale, come dimostrano i casi di Verona e Parma. E scaldare il cuore di elettori ormai distanti. Figure così non ci sono solo nel centrosinistra. Aprirsi oltre i recinti autoreferenziali fa bene a tutti.

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