domenica 13 dicembre 2015
Dopo il suicidio del pensionato, iIl tempo stringe per l'annunciata Commissione di inchiesta. (Eugenio Fatigante)
I NUMERI Più di 12mila i clienti coinvolti
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Ha un forte sapore di beffa la crisi delle quattro banche, esplosa in extremis nel passaggio dalle vecchie regole nazionali alla nuova normativa europea del cosiddetto bail-in che cambierà la cultura del risparmio. Una vicenda entrata di forza nel dibattito nazionale, anche sull’onda del suicidio del pensionato di Civitavecchia, e che ci propone l’immagine di un’Italia - dopo aver visto in Europa salvataggi pubblici per centinaia di miliardi di euro (con 8 miliardi di euro 'nostri' usati, per esempio, per salvare le banche spagnole) - ha dovuto assistere praticamente inerme alla negazione da parte di un organismo tecnico di Bruxelles di un salvataggio per circa 4 miliardi. Qui da noi, ognuno - Governo nel suo complesso, Tesoro, Bankitalia, Consob, Parlamento - rivendica di aver fatto quel che poteva, eppure è innegabile che resti una generale sensazione di 'non fatto' e di 'non vigilato' a sufficienza. Non è una questione di numeri, in fondo i titolari danneggiati di obbligazioni subordinate superano di poco le 10mila unità (lasciamo da parte gli azionisti, i quali dovrebbero sapere al 100% che il loro è puro capitale di rischio). Il problema è che questa vicenda mina, al di là delle sue dimensioni effettive, le garanzie date ai cittadini-risparmiatori e il rapporto di fiducia fra clienti e banche. E illumina anche un problema politico, temuto dal presidente del Consiglio Renzi, e in qualche modo occultato troppo a lungo: una certa fragilità del nostro sistema creditizio. Non si tratta di fare facili allarmismi: sappiamo bene che non mancano per fortuna in Italia realtà bancarie pienamente solide ed affidabili, anche a livello locale. Tuttavia, mentre dall’America all’Europa dilagavano gli effetti della grande crisi e molti Stati rinforzavano i loro sistemi creditizi, negli anni passati in troppi - fra politici e manager - si sono affannati a sottolineare che il nostro mondo bancario era sostanzialmente sano (cosa vera), senza però provvedere a somministrare i vaccini che comunque erano necessari. A livello di struttura finanziaria - alla luce anche di prestiti oggi finiti in 'sofferenza' per ben 210 miliardi di euro, livello da primato, e che rappresentano un’incognita tuttora incombente sull’economia del Paese - come di comportamento dei singoli operatori. Il caso dei risparmiatoriinvestitori beffati è infatti la punta dell’iceberg di una prassi diffusa (non ovunque, perché esistono eccome le banche e i banchieri corretti) e non più tollerabile: scaricare le esigenze di finanziamento e i rischi sui clienti più deboli. Non si spiega, altrimenti, la massa di oltre 60 miliardi di obbligazioni circolanti emesse dalle banche italiane. C’è un nodo da sciogliere a monte, più volte richiamato su queste colonne: bisogna separare, anche fisicamente, il normale esercizio di credito dall’attività di collocamento dei titoli, per evitare conflitti d’interesse (ogni banca vuol 'piazzare' i propri prodotti).  Strettamente collegato è il tema della Vigilanza. Il governatore Visco ha prontamente promesso che Bankitalia «riferirà con tutta la dovizia di particolari necessaria»: attendiamo le sue comunicazioni. Pd e Sc, e il premier Renzi è d’accordo, hanno già chiesto una commissione d’inchiesta. Iniziativa molto seria (che, sul piano bancario, ha il solo precedente del 'caso Sindona') e opportuna: questa crisi bancaria chiama in causa vari livelli di responsabilità, che è bene vengano sviscerati. Nel frattempo il governo sta affannosamente mettendo in campo una soluzione che, tramite un parziale risarcimento, limiti l’impatto politico della vicenda nell’opinione pubblica. Ben sapendo che questo è terreno adatto a quel populismo, già dilagante in Europa, che ha gioco facile a sbandierare soluzioni tanto semplici quanto difficilmente realizzabili. Il principio del bail-in che scatta dal 2016 (quando una banca va in crisi non pagano più tutti i contribuenti, ma gli 'attori' di quella vicenda bancaria, inclusi se necessario i correntisti sopra i 100mila euro) resta valido di per sé. Tuttavia lascia interdetti la versione diametralmente opposta fornita dai due fronti (Bankitalia e anche Abi da un lato, gli organi tecnici della Ue dall’altro) sulla soluzione del Fondo interbancario, alla fine cassata. È uno dei punti principali sui quali l’annunciata Commissione parlamentare d’inchiesta dovrà cercare e dare risposte. E - a proposito di tempo perso - la rapidissima istituzione, entro fine anno, di questo organismo sarebbe già un segnale davanti ai drammi umani di persone inconsapevoli della rischiosità del loro investimento e che si sono sentite «rubare dignità».
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