sabato 6 agosto 2011
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Gentile direttore, mercoledì 3 agosto ho letto con profondo piacere gli articoli che Avvenire ha dedicato all’imminente approvazione del decreto sulla formazione iniziale degli insegnanti. Finalmente qualcuno si è accorto dell’ingiustizia che sta per accadere! La ringrazio moltissimo: un piccolo bagliore di luce in un’estate buia e tempestosa. Mi sono laureato nel 2008 e insegno da tre anni in una scuola paritaria. In attesa di una riforma che, dopo la sospensione delle Ssis, mi permetta di provare ad abilitarmi per continuare questa professione. Ma come scritto nell’editoriale di Lenzi e nell’articolo di Paolucci a pagina 14, la mia e quella di migliaia di altri giovani sarà un’attesa lunga quanto vana. Gli esigui posti disponibili, infatti, non lasciano spazio a speranze. La mia situazione, purtroppo, ricalca quella di migliaia di altri giovani che stanno già insegnando nel sistema di istruzione italiano e che si vedono costretti a cambiare lavoro (sperando di trovarne un altro...) senza una reale motivazione. Con il decreto in via di approvazione, infatti, per noi giovani sarà impossibile almeno per i prossimi dieci anni accedere all’insegnamento, con un danno culturale gravissimo per l’Italia intera. È una strada sbarrata in più per generazioni di ragazzi che convivono con un mercato del lavoro sempre più avaro di posti e di possibilità. La ringrazio veramente tanto dell’attenzione che sta dedicando a una folla numerosa, ma silenziosa, di giovani laureandi e laureati che aspirano all’insegnamento o stanno già esercitando questa professione. Nella speranza che il suo giornale possa continuare a dedicare spazio a questa miope ingiustizia. Cordiali saluti

Luca Tizzano

Caro direttore,sono una laureanda in Lettere moderne e mi trovo nella situazione di dover cercare lavoro. Lo sbocco più naturale sarebbe l’insegnamento, perché nel corso dei miei studi ho fatto in modo di acquisire i crediti formativi necessari ad accedere al Tfa (Tirocinio formativo attivo) che abilita alla professione docente. Però l’accesso a tale Tirocinio è di fatto impossibile perché il numero di posti disponibili è irrilevante (addirittura zero in alcune Regioni) rispetto al numero di concorrenti. Il decreto che regolamenterà l’accesso favorisce un certo settore: i precari, tra i quali io ancora non figuro perché sto completando i miei studi. Perché il numero di posti dovrebbe essere regolamentato, anziché concedere l’accesso all’abilitazione a chiunque lo desideri e lasciare dunque che la selezione dei docenti avvenga prima nel corso della loro formazione e poi attraverso le scuole che vorranno (o non vorranno) assumerli? Perché privilegiare indiscriminatamente gli appartenenti ad un settore (i precari) e stroncare la freschezza dei neolaureati? Perché tagliare le gambe alla meritocrazia non permettendo una concorrenza all’interno dell’offerta di insegnanti, come avviene in ogni altro ambito lavorativo? E proprio in un ambito – quello dell’educazione e dell’istruzione – in cui la selezione (e non l’assunzione d’ufficio!) è importante. La questione è grave, vi prego di occuparvene ancora. Distinti saluti,

Claudia Grassi

Caro direttore,le scrivo per ringraziarla per aver dato spazio all’importante discussione riguardante il Tfa (Tirocinio formativo attivo) che si sta dibattendo in questo periodo, ma che trova poco spazio sulle testate giornalistiche. Condivido pienamente quanto rilevato negli articoli pubblicati il 3 agosto su Avvenire. Sono una laureata in Lettere moderne e purtroppo, avendo conseguito il titolo nel 2009, rischio di dover interrompere la professione d’insegnante che tutt’ora sto esercitando in una scuola secondaria paritaria. Ritengo anch’io che la manovra che il Ministero sta per compiere priverà un’intera generazione della possibilità di esercitare la professione per cui ha studiato e che spesso già sta esercitando. Comprendo l’esigenza di risolvere lo spinoso problema del precariato, ma ritengo che dare la possibilità di abilitarsi (non di dare un posto fisso, ma semplicemente di abilitarsi, ossia di poter ottenere l’idoneità a esercitare la propria professione) sia un diritto inalienabile. Inoltre, la presenza di personale abilitato renderebbe la competizione più alta, fornendo così alle scuole un personale docente competente e qualificato. La ringrazio per aver dato voce a un dibattito che deciderà le sorti di gran parte delle generazioni future. Con i più cordiali saluti,

Benedetta Quadrio

Gentile direttore,vorrei ringraziarla per la pubblicazione degli articoli del 3 agosto, in merito alle vicende dell’avvio dei percorsi per la formazione iniziale degli insegnanti. Finalmente qualcuno ne parla! Da studente di Lettere all’Università di Milano con l’aspirazione di insegnare ho seguito la vicenda, in particolare in quest’ultimo mese, e ciò che più mi ha sconfortato è la poca risonanza che a essa è stata data dai giornali nazionali. Come l’articolo suggerisce, questa non deve essere intesa come la consueta protesta di giovani che chiedono posti di lavoro, ma è il dissenso verso una manovra miope che, oltre che costringere 20–30 mila laureati che esercitano dal 2008 il mestiere di insegnante a cambiare lavoro, mette a repentaglio il futuro del nostro già travagliato sistema di istruzione, che si troverà di colpo senza insegnanti giovani per i prossimi dieci anni, sia delle facoltà scientifiche, sia delle facoltà di Lettere e Filosofia come la mia, custodi di secoli di studi umanistici del Paese di Dante e Manzoni, che vedranno una drastica diminuzione degli iscritti. Insomma, l’intera cultura italiana ci rimetterà. In periodo di crisi non è saggio per un Paese civile colpire proprio l’istruzione. Dunque la ringrazio e incoraggio Avvenire a proseguire con la sua opera informativa. Cordiali saluti,

Paolo Torri

Caro direttore,sono un giovane neolaureato in Lettere e prossimo professore di liceo (per un anno, almeno). Le sono grato di aver concesso spazio alla vicenda del Tfa, grazie agli articoli comparsi il 3 agosto su Avvenire. Mi sembra estremamente urgente, e direi vitale, che si parli della questione che riguarda l’abilitazione e il reclutamento dei nuovi insegnanti, tramite il Tirocinio formativo attivo. Non solo c’è in gioco il futuro professionale mio e di tantissimi altri giovani (laureati e universitari con il desiderio di insegnare); in questo momento, con questa presa di posizione del Ministero, si sta decidendo del futuro della scuola e dell’Università italiane. Ed è, quella del ministro Mariastella Gelmini, una decisione che ha l’unico pregio di accontentare i sindacati e pacificare momentaneamente il Ministero stesso, poiché complessivamente il decreto si rivela disastroso se si considera l’apporto che dà al problema principale, che è quello educativo. Dieci anni senza nuovi insegnanti (il calcolo è questo) produrranno un gap incolmabile tra i docenti, e la svalutazione di corsi di laurea come Lettere o Storia o Scienze dell’educazione. Una morte per soffocamento (o, se si preferisce, di vecchiaia) degli studenti e delle facoltà, perpetrata solo per ottenere una quiescenza di piazza. Il problema educativo mi sembra il più rilevante, anche e soprattutto per affrontare crisi economiche come la presente. Il compito del suo quotidiano è arduo e nobile, e la ringrazio nuovamente per aver dato voce anche a questa battaglia. Speravo di non essere il solo a combattere: leggere quell’articolo mi conferma nella speranza. Con cordialità,

Tommaso Montorfano

Riteniamo fondamentale, cari amici, il tema del presente e del futuro della scuola e quello del ruolo dei giovani (studenti e insegnanti) in classe e nella società. Ce ne occupiamo spesso, state pur certi che torneremo a farlo. Con la stessa tenacia che, a vostra volta, dimostrate e siete chiamati a mettere in campo tra cento difficoltà. Anche a nome dei colleghi Lenzi e Paolucci, ricambio con profonda simpatia i vostri saluti.

Marco Tarquinio

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