Il film di Mel Gibson, la verità sulla guerra
sabato 4 febbraio 2017

Mel Gibson è affascinato dalla violenza. In The Passion la violenza dei supplizi sopportati da Cristo per salvare l’umanità è l’esatto corrispondente della violenza della ribellione con cui l’umanità ha peccato: è intollerabile quella violenza, perché è intollerabile questa.

In Apokalypto la violenza è il volto della barbarie: i selvaggi fanno sacrifici umani e si scannano fra loro perché sono fuori-storia, e intanto, inviata dalla storia, una caravella approda alla loro terra, e ne scendono i nuovi dominatori. Anche La battaglia di Hacksaw Ridge si svolge nel fuoco della violenza. L’umanità è attestata su un principio: la guerra bisogna vincerla, e se il nemico è violento lo puoi vincere solo se sei più violento. Non è un principio cristiano. Un cristiano lo rifiuta.

Mel Gibson racconta cosa succede se un cristiano avventista lo rifiuta, che cosa rifiuta, che ne è di lui, e che ne è di coloro che non rifiutano. L’arma della guerra è il fuoco. Il film si apre con corpi di morti che bruciano: flebili fiammelle di candele gli escono dalla testa che non c’è più. Lo strumento di battaglia di questi soldati è il lanciafiamme. Di solito il lanciafiamme si usa per i bunker, la fiamma che entra nel bunker agisce come una carica cava che esplode in un carro armato: tutto quello che c’è dentro va in cenere.


Ma Gibson usa il lanciafiamme anche per le trincee all’aperto: e così può mostrarci i soldati avvolti nel fuoco che si contorcono mentre si dissolvono. La guerra di Gibson (e ha ragione; diciamo dunque: la guerra nella sua realtà) non è un prodotto dell’odio ma della cultura: c’è tanta cultura industriale, tecnologica, scientifica, chimica, insomma tanto 'progresso' che trova sbocco nella guerra. Il progresso è un valore. Il soldato combatte per i valori del suo popolo.

Perciò il non-soldato, l’obiettore di coscienza, come il protagonista di questo film, è in realtà un sabotatore dei valori del suo popolo. Un nemico di tutti. È un cristiano? Si appella al principio che dice 'non uccidere'? Ma noi, dice il capitano, non commettiamo omicidio: noi combattiamo Satana. E qui siamo al cuore del problema.

Alla fine del film vedremo i comandanti giapponesi che, dopo la battaglia di Okinawa, da loro perduta, si suicidano o si fanno suicidare, chinando la testa in modo che un soldato gli possa tagliare il collo con un colpo netto della spada. Non li sentiamo parlare, i giapponesi, ma certamente anche loro combattono Satana. Anche al-Qaeda proclama di combattere Satana, anzi «il grande Satana». Anche il Daesh, che tanti chiamano Isis. Solo che quando il capitano di Gibson dice 'noi combattiamo Satana', intende 'combattiamo il nemico dell’America'. Mentre al-Qaeda e il Daesh che dichiarano 'noi combattiamo il grande Satana', intendono 'combattiamo l’America'.

Il film di Gibson piega verso un altro messaggio: Satana è la guerra in sé, la guerra è disumana e cioè anti-umana, l’uomo che ascolta la coscienza ripudia la guerra. Non solo la guerra, ma tutto ciò che è militare. A partire dal fucile. Il fucile di questi soldati americani è uno strumento sofisticato, un vertice del progresso tecnologico. È un’arma semi-automatica: non ti permette di sparare a raffica (a questo servono le mitragliatrici), ma a colpo singolo, però ti evita di ricaricare ogni singolo colpo: ci pensa l’arma, espellendo il bossolo sparato e portando in canna la nuova cartuccia. Tu devi soltanto mirare su un nemico alla volta, via uno sotto l’altro. Se uccidi dieci nemici, non sono dieci in una volta, ma uno più uno più uno, fino a dieci. Dieci omicidi.

Il soldato cristiano di Mel Gibson non vuole uccidere uno alla volta, ma salvare uno alla volta. Ne salva 75. Sono 75 feriti che l’esercito abbandona, ma lui se li carica in spalla o li trascina via per le mani o per i piedi. Avrà la medaglia al valore per questo. Un esercito che dà la medaglia al valore a un cristiano obiettore proclama eroe un non-combattente e così si contraddice. Mel Gibson fa esplodere la contraddizione.

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