L'esempio che sempre deve venire dall'«alto» di politica e istituzioni
venerdì 12 giugno 2020

Caro direttore,
apprezzo molto “Avvenire”, ma trovo che lei ogni tanto perde il giusto distacco: le faccio l’esempio facile che riguarda la risposta del 5 giugno intitolata «Quei big in piazza “senza regole”, il giusto esempio e un saggio invito» . È risaputo che anche a Codogno c’è stato assembramento durante la visita del presidente Mattarella, ma lei ignora il fatto, anzi lo cita come esempio. E compatisce i poveretti che danno il vino da botti che a lei non piacciono.

Maria Luisa Rosi

Gentile direttore,
sono un cattolico e amo la verità e l’ onestà intellettuale anche quando è scomoda, e mi sorprende che si sia gridato allo scandalo e al senso di irresponsabilità per la manifestazione del 2 giugno dell’opposizione avvenuta senza il rispetto delle regole. Le regole vanno sempre rispettate. Così come la sorpresa e la denuncia per il non uso della mascherina in quella manifestazione o in quella degli imprenditori multati, non vi è stata per altri assembramenti in occasione di pubblici incontri istituzionali. Non ci possono essere due pesi e due misure.

Filippo Vitrano

Caro direttore,
nonostante sia un “anzianotto” – come autoironicamente uno dei tanti esperti di pandemia ha definito quelli della mia e della sua età – e perciò in grado di poter vantare la conoscenza di diverse vicende politiche nazionali, ho provato sconcerto per i commenti al discorso per la Festa del- la Repubblica del presidente Mattarella, da parte di chi poi ha organizzato senza pudore e “a mascherina intermittente” – uso le sue parole, direttore – la manifestazione con una bandiera tricolore gigante, sfilata per il centro di Roma. Hanno dichiarato di condividere le parole del Presidente, specialmente quelle sull’unità nazionale, ma poi non rinunciano a una iniziativa di pura propaganda politica, che contrasta miseramente col discorso del Capo dello Stato. Un’incoerenza impossibile da minimizzare e accantonare come fatto ordinario.

Vincenzo Oliveri

Caro direttore,
sono un italiano, emiliano di origine, che vive a Tokyo da più di 15 anni. Cerco di essere sintetico perché trovo le sue valutazioni su quel che accade sulla scena politica italiana già molto chiare. Forse sono troppo passionale, ma dover leggere in questo drammatico momento frasi del tipo «L’Italia non è un reality show» o «Ricordati che sei al bivio» dette da parlamentari italiani mi riempie il cuore di grande tristezza. Non sono un esperto di politica, ma alle persone “elette” che parlano in questo modo vorrei suggerire di aiutare chi ha la responsabilità primaria di prendere delle decisioni non facili e magari talvolta anche dubbie. Questo deve essere il momento di tirare tutti dalla stessa parte, con unico obiettivo il bene degli italiani. Solo quando la situazione sarà sotto controllo si potranno fare le dovute considerazioni. Purtroppo però per motivi politici la vera unità passa in secondo piano. Questo modo sempre litigioso di fare politica è contro l’ interesse di tutti gli italiani e quindi contro l’Italia intera.

Francesco Vandelli

Mi colpisce sempre quando una valutazione riferita a qualche leader politico e istituzionale finisce per essere catalogata come un’opinione senza «giusto distacco» o come un «usare due pesi e due misure». Mi è accaduto in passato quando c’erano di mezzo D’Alema o Bossi o Berlusconi, mi accade oggi soprattutto quando c’è di mezzo Salvini. E questo anche se l’opinione che esprimo è basata su incontrovertibili fatti di cronaca, documentati da foto e video. Mi colpisce di più quando a sollevare simili obiezioni solo lettori sensibili. Eppure è un fatto che a Roma il 2 giugno – in favore di telecamere, macchine fotografiche e smartphone – Matteo Salvini e altri capi politici del centrodestra (alcuni palesemente a disagio, avevo annotato) hanno dato mostra di «intermittente cautela e sostanziale noncuranza» delle regole, indossando e togliendosi la mascherina d’ordinanza per riunioni e manifestazioni organizzate in tempo di pandemia. Ed è un fatto che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella lo stesso giorno ha invece indossato la sua mascherina a Roma come a Codogno con tranquillo e costante rispetto delle regole. Così come hanno fatto – e nel mio breve commento del 5 giugno l’avevo sottolineato – in diverse piazze italiane altre personalità della stesso schieramento politico oggi guidato da Salvini. Questo è ciò che è accaduto, questo ho scritto e questo ripeto. Sono e resto tra quanti ritengono fondamentale l’esempio che si dà “stando in alto”. Che poca o tanta gente “normale” in uno slancio di affetto e gratitudine per il Capo dello Stato o per partecipare a un corteo di protesta delle opposizioni si accalchi, può essere disdicevole; che lo faccia un leader o una leader lo è infinitamente di più perché un capo, un “responsabile”, è tenuto – insisto – all’esemplarità. E se decide di manifestare e di far manifestare in un “giorno di tutti” come quello della Festa della Repubblica, il paragone tra la parole che dice e l’atteggiamento che tiene lui, da parlamentare e capo partito, e le parole e l’atteggiamento del massimo rappresentante delle Istituzioni è – come rimarca il signor Oliveri nella sua lettera – impegnativo e inevitabile. Si tratta di una concezione “vecchia” della politica, del suo decoro e del dovere di chi la fa? Non credo, ma in ogni caso continuo a tenerla cara perché so che la condivido con tanti altri e che è l’esatto contrario dell’«usare due pesi e due misure». Uno dei difetti, a mio parere, più gravi dell’attuale dibattito politico e delle onde che genera nell’opinione pubblica è che non ci si basa sempre su ciò che viene detto o scritto o fatto, ma su ciò che si ritiene (o si racconta) che venga detto, scritto o fatto... E però tutti gli avvenimenti, e anche le pagine scritte e stampate, hanno una “solidità” con la quale prima o poi bisogna pur decidersi a fare i conti. Se rileggono con pazienza ciò che avevo scritto su “Avvenire” del 5 giugno forse ne converranno anche la signora Rosi e l’avvocato Vitrano. Al signor Vandelli che scrive da Tokyo e soffre per la disunità italiana che viene ostentata in faccia al mondo dico un semplice grazie: è proprio vero che da lontano si può vedere molto bene. Lui sa farlo e arriva a giuste conclusioni: agire così è contro l’interesse generale. Ed è un civile peccato della nostra politica.

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