martedì 20 maggio 2025
Essere il primo Pontefice americano fa sì che Washington e Bruxelles possano contare su di lui come canale di collegamento con Mosca. E in questo momento c'è più che mai bisogno di un mediatore
Papa Leone XIV ieri mattina ha ricevutoin udienza privatail vicepresidentedegli Stati Uniti JD Vance (a destra) assiemeal segretario di Stato statunitense Marco Rubio

Papa Leone XIV ieri mattina ha ricevutoin udienza privatail vicepresidentedegli Stati Uniti JD Vance (a destra) assiemeal segretario di Stato statunitense Marco Rubio - Vatican Media

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Leone XIV, eletto l’8 maggio, si è già posto al centro della rete diplomatica che si prova finalmente a tendere per portare pace in Ucraina. Certo, l’avvio del suo Pontificato ha condotto i leader mondiali a Roma, creando un’occasione propizia, ma Papa Prevost non ha avuto esitazioni nel prendere in mano e dare corso a quello che gli analisti hanno chiamato il “manuale di Francesco”: telefonate e colloqui personali, appelli pubblici al cessate il fuoco, offerte di ospitare colloqui tra le parti. Bergoglio andò personalmente all’ambasciata russa, con un gesto senza precedenti. Ma la guerra era “giovane” e nessuno voleva cedere su alcunché. Oggi, le ferite sono profonde e la resistenza dei combattenti e di coloro che li sostengono non è più così incrollabile.
L’autorità morale del capo dei cattolici mondiali resta la principale risorsa da spendere.

La diplomazia della Santa Sede può poi vantare il fatto di non essere allineata con alcun interesse o blocco di potere. E all’inizio della sua azione mondana, un Papa come l’attuale gode di un ulteriore vantaggio: non ha pregressi di prese di posizione o di messaggi malintesi che gli abbiano procurato pregiudizi e ostilità. Gli esperti che guardano solo agli scenari geopolitici, dimenticando la dimensione spirituale, sostengono che sarà determinato ma con un tocco gentile. Non è una chiave sufficiente per comprendere il ruolo e il credito che Leone XIV ha conquistato in pochi giorni. Il Papa, è vero, può convocare i contendenti in una sede neutrale e mantenere aperti i corridoi umanitari anche quando i negoziati formali si bloccano. Essere il primo Pontefice americano fa sì che Washington e Bruxelles possano contare su di lui come canale di collegamento con Mosca, anche se il “passaporto Usa” può alimentare diffidenze dei russi ortodossi, orientati a vedere in lui un tipico rappresentante dell’Occidente complessivo. L’esperienza missionaria in Sudamerica amplia lo spettro del suo intervento.

Un Papa che conosce sia il campesino del Perù sia il businessman di Chicago può creare ponti tra visioni in conflitto, così come le sue iniziative di dialogo intessute in un linguaggio ampio di giustizia sociale possono risuonare positivamente nel Sud globale, ampliando il consenso anche a proposte ambiziose. Soprattutto, sono sempre autentiche e non strumentali le iniziative umanitarie che può avviare attraverso emissari vaticani (come già avvenuto con le missioni del cardinale Matteo Zuppi): scambi di prigionieri, restituzione dei bambini ucraini rapiti, pause nei combattimenti. L’accoglienza che ha ricevuto da Kiev, i tentativi di ricucitura da parte della Casa Bianca, grazie anche al colloquio di ieri con il vicepresidente JD Vance, persino i timidi segnali da Mosca dicono che Leone XIV è un attore riconosciuto e forse la figura che può mettere faccia a faccia i più acerrimi nemici.

Ma, come si diceva, va tenuto in considerazione che non si tratta di un diplomatico in cerca di riconoscimenti. Le parole pronunciate da papa Prevost sono precise e radicali: la guerra va fermata, non è mai inevitabile, la pace deve essere giusta e duratura, le vite di tutti vanno difese, non possono i leader cercare la loro gloria con le armi e la violenza. E siamo tutti fratelli perché figli di un unico Padre celeste. Un messaggio esigente e non piegabile a obiettivi di piccola portata. Inoltre, i governanti populisti che usano i simboli religiosi per alimentare il nazionalismo e portare sostegno alla propria causa non troveranno alcuna sponda nel successore di Francesco, presumibilmente altrettanto fermo nel rigettare ogni giustificazione nelle fedi o nelle tradizioni particolaristiche per aggressioni o pretese imperiali. Dopo il colloquio tra Trump e Putin, nel quale è sembrata ancora prevalere l’ambiguità del leader del Cremlino, pronto a firmare memorandum preliminari a una tregua ma solo alle proprie condizioni, c’è più che mai bisogno di un mediatore che abbia il coraggio della chiarezza e della mitezza, avendo a cuore il valore della pace per sé, senza alcun secondo fine. L’accenno fatto dal presidente Usa sui social media sembrerebbe aprire ottimisticamente a trattative imminenti, forse ospitate proprio in Vaticano. Il realismo ci dice che il cammino rimane lungo e in salita. Ma prendere atto delle difficoltà non deve diventare un’assunzione di cinica rassegnazione. Papa Leone XIV indica un percorso faticoso eppure necessario, e si metterà al servizio del bene più grande. La sua sola presenza indica la speranza di un orizzonte più alto cui tendere per tutti gli uomini di buona volontà.

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