Le rette delle Rsa aumentano: per i nostri anziani umiliazione doppia
giovedì 29 settembre 2022

In questi giorni c’è una notizia che i giornali ospitano con nonchalance, ma che mi fa soffrire. Ed è l’aumento delle rette nelle Rsa, le Residenze sanitarie assistenziali. La prima domanda che mi pongo è: lo sa il mondo cosa prova un vecchio (un anziano, un nonno) quando ha un nuovo bisogno per il quale deve contare sull’aiuto della famiglia, cioè dei figli? Prova vergogna.

Goffredo Parise ha un racconto nel quale parla di un padre, non vecchio (non nonno), che però s’ammala e viene ricoverato, i figli lo vanno a trovare in ospedale e gli portano regaletti, per loro rivedere il padre che manca da casa è una festa, sono allegri e scherzosi, ma il padre malato (oggi dicono, con parola che a me sembra orribile ma che nel linguaggio ospedaliero ormai s’è imposta, "allettato", nel senso di "messo a letto"), non riesce a partecipare a questa festosità, lui quando vede arrivare i figli si fa triste e parla poco, perché, dice Parise, e qui sta l’acutezza del suo racconto, sente "vergogna".

Ma è un padre che ritrova i suoi figli, dovrebb’essere allegro, di che cosa invece si vergogna? Di questo: il padre è colui che lavora, è il sostegno della famiglia, la famiglia è fiera di lui e lui è fiero della famiglia, guarda la moglie e i figli con orgoglio. Questo, però, finché sta bene. E quando s’ammala? Quando s’ammala esce dal ruolo di padre, lavoratore, sostegno. Tutti i padri sostengono la famiglia, ma il padre malato no. Il padre malato e ricoverato è uno che abdica al suo dovere. E quando poi il padre diventa vecchio, e non lavora più? Allora i ruoli s’invertono: la famiglia non dipende da lui, ma lui dalla famiglia. Che vergogna! Se la famiglia riesce a metterlo in una casa di riposo e a pagargli la retta, il vecchio prima o poi s’adatta, si fa le amicizie, sceglie il posto a tavola, tira avanti. Se però il costo della retta, pagata dai famigliari, s’impenna di colpo, nel vecchio si riaccende la vergogna. È quel che succede in questi giorni.

La retta scatta in su di circa mille euro all’anno. È la cifra media. Conoscendo il mondo dei vecchi, il mio mondo, so che i contraccolpi nelle famiglie, anche se non in tutte, saranno tremendi, e il più tremendo sarà questo: ci saranno famiglie insolventi, non per cattiva volontà ma per costrizione economica. Naturalmente, i vecchi di queste famiglie si sentiranno colpevoli: la mia famiglia non paga, e la colpa è mia. Si sentiranno colpevoli in tutt’e due le direzioni, sia verso la famiglia che non paga perché non ce la fa, sia verso la casa che li ospita e che non riceve tutta la somma a cui avrebbe diritto.

La loro vergogna sarà doppia, cioè totale. Non oso mettere qui la conclusione a cui molti arriveranno, il lettore l’avrà già capita ed è questa, ahimè: meglio morire. Le Rsa non hanno colpa, il loro bilancio deve pur quadrare. Le famiglie non hanno colpa, non possono versare soldi che non hanno. Vedo su qualche giornale affacciarsi una proposta che mi pare ragionevole e la faccio mia: qualche famiglia si chiede: «E se riducessimo i lavori delle Rsa, per esempio portando a casa gli indumenti dei nostri vecchi e lavandoli noi?». Ecco che se togliamo la lavanderia ai costi della Rsa, la retta può scendere. I vecchi sperano in questa soluzione. E ce ne sono altre, di altrettanto buon senso. Io sto con i vecchi.

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