martedì 4 maggio 2021
Governare l’impatto tecnologico perché non diventi strumento di «implosione dell’identità». Serve pensare a nuove forme di cooperazione internazionale
Le buone azioni necessarie per fermare l'odio in rete

Ansa

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Hate speech (ovvero discorsi di incitamento all’odio). Un tema che riscuote attenzioni e preoccupazioni crescenti. Sia per la sua versione più politica e globale, che comprende i fenomeni di odio razziale, xenofobia, antisemitismo, etnocentrismo, nazionalismo aggressivo, ostilità nei confronti delle minoranze, dei migranti e delle persone di origine immigrata. Sia per le sue manifestazioni di aggressività verbale (e non solo) diffuse in ambiti più ristretti del sociale, nei confronti di ogni tipo di diversità ed anche rispetto a soggetti presi di mira come “capri espiatori” da parte di bande e individui che praticano il bullismo a scuola o nelle piazze.

Eppure gli organismi viventi, a tutti i livelli, sono coinvolti in interazioni cooperanti, l’umanità si basa, da che mondo è mondo, sulla convivenza tra simili, l’uomo è da sempre un animale politico, cioè capace e propenso al dialogo con i simili, e la vita è un’esperienza relazionale. Come è potuto accadere quindi che dal Discorso di Pericle agli Ateniesi del 461 a.C., nel quale si afferma che nelle dispute private non si deve essere “sospettosi l’uno dell’altro”, la discussione non deve essere considerata “come un ostacolo sulla via della democrazia”, la città deve essere “aperta al mondo” e “gli stranieri non vanno mai cacciati”, si sia arrivati all’”homo homini lupus” e ad una concezione della storia come lotta gli uni contro gli altri sulla base della legge del più forte? Nell’aderire a Mediavox, il Progetto dell’Università Cattolica “contro l’odio in rete”, Retinopera ha messo in campo il proprio impegno collettivo, e quello di ciascuna delle 20 organizzazioni che compongono la rete, a servizio delle azioni necessarie, sia dal punto di vista della prevenzione a monte del fenomeno, che da quello del contrasto delle manifestazioni conclamate di odio.

Nel campo dell’impegno di tipo preventivo, lo sforzo riguarda innanzitutto la promozione dei valori positivi, come la cooperazione, il rispetto e l’empatia, che ogni associazione e ogni individuo nel proprio specifico ambito di azione deve promuovere e testimoniare con forza. Il che significa innanzitutto lavorare per il superamento delle forme di emarginazione e povertà materiale e immateriale, che come sappiamo costituiscono il brodo di coltura delle frustrazioni, che a loro volta si trasformano poi facilmente in odio nei confronti del mondo e dei propri simili. In quanto la devianza nasce nella maggior parte dei casi dal malessere sociale, come risposta ad un ambiente frustrante e mortificante, secondo una logica che è stata definita della “profezia che si avvera”.

Ma anche l’educazione, sia quella scolastica che quella familiare, influisce in maniera rilevante sulla capacità di affrontare razionalmente le difficoltà personali e di vivere il confronto con i diversi da sé in maniera rispettosa e serena. La strutturazione della mente umana, e in particolare di quella del fanciullo, perché possa essere capace di affrontare la vita con i suoi rischi ed ostacoli, è di conseguenza un ulteriore terreno fondamentale da coltivare per formare individui responsabili e capaci di un pensiero fondato sui valori della convivenza costruttiva. Ancora, a livello preventivo, le forze vitali che risiedono all’interno del mondo associativo che fa capo a Retinopera lavorano, sia individualmente che in forma cooperativa, per far sì che il recente sviluppo economico e tecnologico, di cui si sono evidenziate le crepe, possa imboccare una strada di maggiore coerenza rispetto ai valori della giustizia sociale, del superamento delle disuguaglianze e della promozione umana e civile di tutti i popoli.

In particolare la tecnologia, che tanta parte sta avendo nello sviluppo di strumenti di arricchimento delle potenzialità umane e sociali, deve essere ricondotta in un alveo nel quale non vengano contraddetti i principi della dignità, del rispetto e dell’empatia, a tutti i livelli. Il che rimanda alla necessità di governare l’impatto tecnologico affinché non diventi strumento di “implosione dell’identità” e di “avvento di un’era post-soggettuale e post-umana”, secondo l’espressione utilizzata da Jean Baudrillard.

Da un punto di vista delle azioni da mettere in campo per contrastare la realtà concreta dell’odio in rete, le linee di lavoro sono diverse. Innanzitutto vanno promossi lo studio e la riflessione sulle forme che l’odio assume e sulle sue articolazioni e modalità. Come alcuni studi della Fondazione di Dublino sulle condizioni di vita e lavoro in Europa mostrano, esiste un pericoloso trend definito di “distruttività interpersonale” che serpeggia in tutto il continente, e che occorre monitorare, ad esempio attraverso alleanze e collaborazioni con entità di altri Paesi. Solo forme di cooperazione internazionale sui temi delle dinamiche emozionali che attraversano il corpo sociale della modernità, dalle cosiddette “passioni tristi” degli adolescenti, alla insicurezza, alla rabbia, possono infatti permettere di adottare strategie di contrasto che abbiano effetto in un mondo globalizzato.

Accanto a ciò le associazioni di Retinopera mettono in campo la propria forza propulsiva per diffondere i messaggi positivi che pure esistono in grande misura, senza raggiungere tutti i destinatari che sarebbe necessario raggiungere, né tanto meno coloro che sono coinvolti in atteggiamenti e comportamenti di disprezzo, odio ed aggressione, sia nella vita reale che in rete. Una corretta diffusione dei messaggi contenuti nell’Enciclica Fratelli Tutti, ad esempio, cara anche a molti ambienti del mondo non cattolico, costituisce un impegno fondamentale da portare avanti. Ma analogo lavoro viene svolto e deve essere sviluppato nei confronti delle tante autorevoli voci del mondo laico che stanno affrontando in maniera responsabile da diversi punti di vista disciplinari ed operativi la medesima tematica. Il riferimento va qui agli studiosi e ai testimoni di azioni concrete che operano nella società e nella rete, per la dissuasione e il contrasto rispetto all’aggressività e alle forme di conflitto violento e disumanizzante.

Ma l’azione principale che le associazioni di Retinopera portano avanti e intendono intensificare nel tempo è senza dubbio quella della contro-narrazione, vale a dire della messa in circolazione di messaggi, comunicazioni e testimonianze volte a rendere note e visibili le esperienze di accoglienza, dialogo costruttivo e collaborazione, che pure esistono in grande quantità, nel nostro mondo ma non solo, e che trovano poco spazio nella comunicazione, a tutti i livelli e anche in rete. Ancora, Retinopera intende consolidare il lavoro di stimolazione culturale e dialogica, realizzato attraverso incontri e discussioni pubbliche dalle proprie realtà associative e come rete, e da portare avanti in particolar modo nei contesti di vita e nei territori nei quali più frequentemente si annidano le fragilità, le povertà, la disumanizzazione, la violazione della dignità umana, lo sfruttamento e la violenza, sia fisica che verbale. Convinti come siamo che proprio l’esempio e l’impegno personale possono dare un contributo importante al contrasto dell’odio.

Infine, ultimo ma non meno importante, Retinopera si impegna nel lavoro di advocacy nei confronti delle autorità nazionali ed europee, volto a stimolare risposte incisive ed adeguate da parte delle istituzioni pubbliche e private, secondo il principio che sta alla base del nostro patto associativo e che consiste nello sviluppo di una società democratica, ordinata alla realizzazione del bene comune e alla partecipazione responsabile.

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