L'America e gli immigrati. Altri toni, non rivoluzioni
sabato 14 novembre 2020

Nella presidenza Trump l’immigrazione era assurta al rango di tema prioritario dell’agenda politica degli Stati Uniti d’America, ed è assai probabile che continui ad avere un posto di primo piano nel programma del presidente eletto Joe Biden: per trascinamento e per contrapposizione, anche simbolica, con le scelte dell’ingombrante predecessore. Non per nulla Biden ha già preannunciato, tra i primi atti del suo mandato, due ordini esecutivi volti a rimuovere altrettante decisioni, tra le più controverse, del rivale sconfitto: il bando nei confronti dei viaggiatori provenienti da una lista di Paesi (poveri) a maggioranza islamica e la sospensione del programma di legalizzazione del soggiorno dei giovani entrati illegalmente negli Stati Uniti da bambini, i cosiddetti Dreamers.

Cerchiamo, dunque, di individuare quali potrebbero essere le linee-guida della presidenza Biden in materia d’immigrazione, alla luce di questi primi orientamenti e dell’eredità della presidenza Obama. Due premesse sono necessarie: non vi è forse Paese al mondo in cui le questioni relative all’immigrazione siano più ramificate e sfaccettate che negli Stati Uniti, nonostante i tentativi di Trump, soprattutto nell’ultimo periodo, di unificarle sotto una logica di chiusura generalizzata. Il persistente controllo del Senato da parte repubblicana, inoltre, se i ballottaggi in Georgia non ribalteranno la situazione, ridurrà i margini di manovra di Biden su una materia così sensibile, obbligandolo alla ricerca di faticosi compromessi con l’opposizione, e forse a rinunciare alle innovazioni più audaci.

In primo luogo, quando la pandemia lo permetterà, si può prevedere che riprenderanno le politiche di attrazione dell’immigrazione qualificata dal resto del mondo. Ingegneri, scienziati, informatici richiesti dal sistema economico, ma anche molto personale sanitario di cui il Covid ha drammaticamente esaltato l’importanza. Insieme a loro, anche gli studenti probabilmente vedranno allentarsi le restrizioni e riaprirsi con più generosità le porte del sogno americano. Più circospetto, e probabilmente più contrastato, sarà invece il ritorno a un’accoglienza più liberale nei confronti degli ingressi su basi umanitarie: i ricongiungimenti familiari e i reinsediamenti di rifugiati provenienti dai campi profughi del Terzo Mondo. Il ritorno della compassione, e non solo dell’immigrazione vantaggiosa, sarà un banco di prova della discontinuità di Biden nei confronti della presidenza Trump.

Del muro con il Messico non si parlerà più, o molto meno, ma è difficile credere che Biden rinuncerà a presidiare con rigore il lungo confine terrestre, a respingere gli immigrati che cercheranno di violarlo, a coinvolgere il governo messicano in misure di contenimento degli arrivi dall’America Centrale, soprattutto nel caso delle carovane di campesinos in cerca di asilo. Biden adotterà toni più misurati, eviterà atteggiamenti arroganti nei confronti del Messico, rimuoverà le prassi più crudeli, come la separazione dei figli dai genitori e il loro trattenimento in condizioni deplorevoli, ma è improbabile che cambi le linee-guida della politica statunitense sulla frontiera Sud. Sarebbe già un progresso se aumentasse i permessi per lavoro stagionale, offrendo un’alternativa agli ingressi illegali.

Resterà invece intrattabile, con ogni probabilità, la questione più seria: quella della sorte dei quasi undici milioni d’immigrati irregolari che soggiornano e lavorano negli Stati Uniti, talvolta da decenni, anche scomputando i 650mila Dreamers che dovrebbero ritrovare a gennaio la certezza di un soggiorno legale. Una sanatoria generalizzata non sembra trovare negli Stati Uniti un consenso sufficiente, e ci sarebbe comunque da aspettarsi una spietata opposizione da parte repubblicana. L’unica strada disponibile appare quella di provvedimenti mirati su segmenti specifici del popolo sommerso dei soggiornanti irregolari: donne sole con bambini; lungo-residenti, insediati sul territorio magari da 15 o 20 anni; forse anche lavoratori dalla condotta ineccepibile per cui i datori di lavoro siano disposti a garantire, un po’ come nelle sanatorie italiane.

Biden vuole riunificare una nazione divisa, ma il terreno dell’immigrazione non sarà il più propizio per questo condivisibile intento. Conciliare domanda di sicurezza e apertura ragionevole, identità nazionale e impegni umanitari, interessi economici e valori etici, richiederanno un’alta prova di visione politica e sagacia negoziale.

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