sabato 25 luglio 2020
Lo Stato lancia due campagne che ridurranno quella disparità nella salute che da dieci anni accorcia la vita di chi si trova in fondo alla scala sociale
In Gran Bretagna si muore di povertà, come denuncia da anni sir Michael Marmot

In Gran Bretagna si muore di povertà, come denuncia da anni sir Michael Marmot - Ansa

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Una campagna di vaccinazione a tappeto dei cittadini del Regno Unito e un’altra contro l’obesità. Certo le ultime iniziative del premier Boris Johnson per combattere il Covid-19 aiuteranno a colmare quel divario, nella salute, tra ricchi e poveri che sir Michael Marmot, professore di epidemiologia e direttore dell’istituto per la parità nella salute all’”University College” di Londra, ha denunciato nel corso di una lunga carriera.

Proprio nelle sue centosettanta pagine intitolate “Health Equity in England: The Marmot Review 10 Years On”, ovvero “L’uguaglianza nella salute in Inghilterra: il rapporto Marmot 10 anni dopo”, il più importante esperto di disparità del Regno Unito ha raccontato quei “lost ten years”, quei “dieci anni perduti” della Gran Bretagna che hanno aperto la strada a un divario profondissimo tra ricchi e poveri quando si tratta di longevità e qualità della vita.

Nel Regno Unito, sono le ricerche di sir Michael a raccontarlo, la salute dei cittadini dipende soltanto per il 10% dalla sanità. Il rimanente 90% è lasciato ai cosiddetti determinanti sociali della salute: la qualità del cibo che mangiamo, per esempio, o il tipo di case dove abitiamo. Tutti fattori che hanno fatto sì che siano stati gli indigenti i più colpiti dalla pandemia. Per questo motivo la legislazione che il governo si appresta ad approvare, in materia di obesità, potrebbe diventare un importante fattore per ridurre la disuguaglianza sociale. Se, infatti, sovrappeso sono, oggi, due maschi britannici ogni tre e un cittadino ogni quattro, la cattiva alimentazione colpisce soprattutto i più poveri. Saranno loro ad essere aiutati dalla probizione di mandare in onda pubblicità di cibi ricchi in grassi e zuccheri, pronti per il microonde, prima delle ventuno di sera. E, anche, dal divieto di patatine e dolciumi vicino alla cassa.

Quello che sta capitando oggi era prevedibilissimo, secondo il massimo esperto di disparità britannico, che spiega come: "Nelle zone più povere del Paese il tasso di mortalità è molto più alto e a pagare questo prezzo sono soprattutto le minoranze etniche, i cosiddetti “Bame”, “Black, Asian and minority ethnic”. I maschi di colore, per esempio, muoiono tre volte di più di quelli bianchi e il motivo è che mangiano peggio, sono spesso disoccupati, abitano in case malsane. Già prima che il Covid-19 colpisse, il 2020 aveva rappresentato, per il Regno Unito, nelle parole usate dallo stesso sir Marmot, il culmine del "decennio perduto”, quello in cui l’aspettativa di vita non soltanto si era fermata, ma era addirittura diminuita nelle regioni più povere del nord d’Inghilterra.

Dalla fine del diciannovesimo secolo, per oltre cento anni, i cittadini britannici hanno guadagnato un anno di vita ogni quattro anni vissuti, un aumento considerato dagli esperti, che guardano al lungo periodo, "davvero notevole”. Fino a che la curva in salita si è fermata nel 2010-2011. Da allora, per sette anni, il rallentamento è stato inesorabile, con solo un anno guadagnato ogni quindici, anziché ogni quattro, per gli uomini, e uno ogni ventotto, anziché ogni cinque anni e mezzo, per le donne. Tra le possibili ragioni di questo svantaggio femminile l’incidenza del fumo, in calo tra i maschi, la maggiore disposizione delle donne a depressione e malattie mentali, il fatto che, nell’underclass quasi sempre a guidare la famiglia sono le mamme che rimangono, insieme ai figli, le prime vittime dei drastici tagli al welfare degli anni dell’austerity.

Queste classi più povere, che muoiono di più e prima, rispetto a quelle più ricche, sono anche la fetta della popolazione che ha pagato un prezzo più alto alla pandemia. Il Covid-19 ha mietuto più vittime dove ci sono più malattie e i sistemi immunitari sono più deboli, come Michael Marmot ha dichiarato, più volte, negli ultimi mesi. Una convinzione confermata dalle statistiche. Il Covid-19, infatti, ha colpito con una severità doppia i cittadini britannici di colore rispetto ai bianchi. E non vi è dubbio che questa maggiore mortalità vada attribuita alla povertà. Dati simili arrivano anche dalla popolazione bengalese e da altre minoranze etniche.

Non solo. Il lockdown, sempre secondo le ultime ricerche condotte da sir Marmot, che è anche presidente della commissione sui determinanti sociali della salute dell’Oms, ha avuto un impatto più severo tra chi è senza lavoro, privo di un reddito e di istruzione, e più isolato. Non in grado di informarsi per capire quali aiuti erano disponibili. Con un budget molto più limitato che ha reso più conveniente comprare cibi pronti, anche se poco sani, rispetto a quella verdura e frutta fresca che sono indispensabili per la salute. Anche se il governo ha annunciato che indennità di malattia, salario minimo e altri sussidi verranno anticipati e aumentati per aiutare i poveri, si tratta di misure che non saranno sufficienti per proteggere le fasce degli indigenti.

Misura profondamente democratica e ugualitaria, destinata ad aiutare i più poveri, è anche l’altra iniziativa lanciata, in questi giorni, dal governo. Una campagna di vaccinazione contro l’influenza, in autunno, di tutti gli adulti oltre i cinquant’anni, i bambini tra i due e i dodici anni e le categorie a rischio Covid-19 per malattie croniche o situazioni immunitarie difficili. Con trenta milioni di dosi di vaccini antinfluenzali, per evitare lo scenario incubo di una seconda ondata di coronavirus, che travolga ambulatori e ospedali, si vuole proteggere il servizio sanitario nazionale.

Certo la sfida sarà, come anticipa la stampa britannica, assicurarsi che le iniezioni vadano a coloro che ne hanno più bisogno dando la priorità ad anziani e malati. Questa difficile crisi, dalla quale fatichiamo ancora ad uscire, ha dimostrato, secondo il più importante esperto di disparità del Regno Unito, anche un aspetto positivo. I governi, come è appena capitato con le due campagne appena lanciate, ci hanno dimostrato che cosa sono capaci davvero di fare e gettato nuova luce sulle motivazioni per le politiche passate e i loro risultati. L’obbiettivo principale dell’ultimo decennio è stata l’austerità e, per questo motivo, l’aspettativa di vita per i più poveri è andata peggiorando. Abitare sull’estuario Humber, al confine tra Yorkshire e Lincolnshire, dove le coste inglesi si affacciano su Paesi Bassi e Germania, fa male alla salute perché qui si vive più di dieci anni in meno che nel quartiere ricco londinese di Chelsea. Bastano quattro chilometri di distanza per morire, a settant’anni, nel sobborgo Foleshill di Coventry anziché a quasi novanta a Stoneleigh, idillico paesino di campagna del Warwickshire. E la lista potrebbe continuare.

Le aree dove irvenire perché la salute non peggiorasse per i più poveri erano già state indicate, nel 2010, in quel primo “Rapporto Marmot” intitolato “Fair society, Healthy lives”, “Società giusta, vite sane” ed erano sei. Le condizioni nelle quali nasce e cresce l’infanzia. I livelli d’istruzione garantiti nelle scuole e l’opportunità di poter continuare ad imparare anche nel corso della vita adulta. Buoni lavori. Un reddito decoroso da spendere. Prevenzione di malattie. Cura dell’ambiente.

Quando il governo britannico è intervenuto, come è capitato tra il 2003 e il 2010, con il programma “ Tackling Health Inequalities: A Programme for Action”, “Affrontare il divario nella salute: un programma di azione”, i risultati si sono visti. Nei sette anni di strategia nazionale il divario tra i comuni più poveri inglesi e il resto del Paese, per quanto riguarda la speranza di vita, si è ridotto costantemente. Mentre a partire dal 2015, quando gli effetti dell’intervento pubblico erano svaniti, il “gap” nella salute tra ricchi e poveri ha ricominciato ad allargarsi.

Su quei sei fattori che sir Marmot chiama "i determinanti sociali della salute" la crisi Coronavirus ha infierito senza pietà. Basti pensare alla chiusura della scuole e alla perdita dei posti di lavoro. "Tuttavia col Covid-19 il governo britannico ha anche dimostrato quello che sa fare", dice ancora Michael Marmot, "l’austerità è stata abbandonata di colpo e abbiamo avuto, così, la prova che si trattava di una scelta e non di una conseguenza inevitabile delle politiche del governo. La spesa pubblica per affrontare la crisi non ha conosciuto limiti insieme alla socializzazione dell’economia. Anche la velocità di reazione è stata considerevole con la dimostrazione che è possibile intervenire subito".

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