La vergogna dei minori in cella con le madri. Ma che sicurezza è?
giovedì 23 novembre 2023

Nel pacchetto di misure che il governo ci ha regalato per la nostra sicurezza, cioè per i nostri sonni tranquilli, ce n’è una che il sonno me l’ha tolto: il carcere per i bambini. Io so, e tutti sanno, che i bambini piccoli non è neanche serio pensare che abbiano fatto qualcosa di male da doverli punire. La loro mamma sì, la loro mamma può aver fatto qualche delitto, per esempio può aver rubato un borsellino sul metrò (sembra questa oggi l’ossessione), e quando è stata presa va mandata in prigione come tutti, perché la legge è uguale per tutti.

Giusto, niente impunità. Ma i bambini? I bambini ancora nel grembo, i bambini alla poppa, i bambini appena ritti e sgambettanti alla gonna, vi par giusto che passino un tempo di vita, così importante, così decisivo sul futuro, che lo passino dietro sbarre e porte blindate, in una esclusione sociale preventiva, una esperienza di privazione che può essere devastante per la psiche, per il carattere, per la vita?

La legge italiana vigente finora non è così feroce. Prevede in caso di arresto che la custodia preventiva in carcere si può applicare solo quando ogni altra misura risulti inadeguata; e comunque non può essere disposta nei confronti di una donna incinta o madre di figli fino a sei anni (art. 275 cod. proc. pen.).

Poi viene il processo, e se colpevole la condanna, e la madre deve finire in carcere; ma l’esecuzione è rinviata obbligatoriamente se la donna è incinta o mamma di un bimbo di età inferiore a un anno (art. 146 cod. pen.).

Ora la novità annunciata sarebbe che il rinvio dell’esecuzione non sarebbe più obbligatorio, ma facoltativo; vale a dire che una donna incinta o con in braccio il bimbo di pochi mesi se lo potrebbe trovar chiuso in galera con sé (in custodia attenuata ma sempre galera), se così dicesse il giudice di sorveglianza.

Leggo quello che hanno scritto gli psicologi, i pediatri, gli scienziati della prima infanzia, su ciò che si deposita nel profondo dell’essere nei giorni d’aurora della vita, nel bene e nel male, e rabbrividisco. Sì, ci sono alcune carceri “a custodia attenuata”; ci sono a volte delle sezioni interne ai bracci femminili che fungono da “nido”. Ma le cronache ci avvertono che non è scongiurata la disperazione, se una madre nel nido a Rebibbia – era il 2018, ricordate? – gettò i suoi due figli dalle scale a morire piuttosto che vivere reclusi tra i reclusi. E chissà se sappiamo qualcosa dei disturbi che accompagnano le disperazioni estreme; perché per chi ha un figlio non c’è maggior dolore che il dolore del figlio. I torturatori lo sanno bene.

Che una sorta di tortura legale dovesse cessare, anziché essere così rilanciata, l’avevano promessa tutti i ministri della Giustizia. Ricordo quando Clemente Mastella (2007) venne al convegno “Perché nessun bambino varchi più la soglia del carcere”; quando Angelino Alfano (2009) dichiarò che «un bambino non può stare in cella»; quando Paola Severino (2013) disse che «in un Paese moderno è necessario offrire ai bambini, figli di detenute, un luogo dignitoso di crescita che non ne faccia dei reclusi senza esserlo»; quando Annamaria Cancellieri (2014) garantì: «Stiamo lavorando perché vogliamo far sì che non ci siano mai più bambini in carcere»; quando Andrea Orlando promise che «entro la fine dell’anno nessun bambino sarà più detenuto. Sarà la fine di questa vergogna contro il senso di umanità».

Oggi apprendiamo che questa vergogna contro il senso di umanità sarà inasprita per la nostra sicurezza. Sicuri, ma sì, sicuri della vergogna.

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