lunedì 21 luglio 2014
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Caro direttore,
in questi ultimi giorni, sono tornato a riflettere sull’avvento dell’euro e mi sono chiesto: ma dove sono i pm e i giudici, quando servono? A Pescara, ma penso in più o meno tutta Italia, appena cambiata la moneta i parcheggi passarono da 500 lire a 1 euro. In autostrada, un percorso di 40 km da 2.500 lire a 1,75 euro. Importanti e basilari generi alimentari aumentarono del 400%... Ecco perché mi chiedo: ma la legge dov’era e dov’è? In tempo di guerra, se qualcuno vendeva qualcosa con rincari del 100%, veniva punito severamente; oggi, con la frase fatta "Ma è il libero mercato…", si banalizza l’ipotesi di reato e, anzi, si fa un plauso ai furbi che – arricchendosi avidamente – giustificano il proprio operato con la scusa della crisi e, magari, anche dei debiti... Ma una mano seria ai cittadini onesti chi gliela dà? Salari che non bastano neanche per mangiare, tasse che invece si mangiano tutto. Voi sapete con chi parlare, ci sono anche giudici onesti che potrebbero fare, vanno solo stimolati ad agire, prendere il coraggio a due mani, e fare prevalere la morale calpestata e sostituita dalla "moralina" del Cicero pro domo sua.
Giovanni Faraone - Francavilla al Mare (Ch)
I giudici e i pm, caro signor Faraone, sono "guardiani" e servitori della legge, ma ognuno di noi è custode della correttezza, della pulizia e della giusta misura nella vita pubblica e in tutte le relazioni che intessiamo (da quelle umane a quelle di natura commerciale). E non c’è dubbio, lei lo fa capire ed è anche il mio parere, che simili buone pratiche siano sempre il frutto di una salda visione morale. Non metterei, perciò, a questo proposito – e in particolare sulla mancata gestione oculata del passaggio dalla lira all’euro – un accento speciale sui magistrati e non li caricherei di più responsabilità di quante già ne abbiano. Direi piuttosto, dopo aver sottolineato la parte che spetta in prima persona a ogni singolo cittadino, che sarà bene continuare a insistere sui serissimi maggior doveri dei "politici", cioè di coloro che ci rappresentano e sono tenuti a servirci nelle assemblee elettive e negli organi di governo e che dovrebbero sempre agire per il bene di tutti, dando sostanza alla sollecitudine e all’attenzione verso la vita della comunità e di ognuno dei propri concittadini con – come si diceva un tempo – «la diligenza del buon padre di famiglia». Una cura che non è – o dovrebbe essere – propria solo degli uomini-padri, ma che riguarda in modo ancor più pronunciato le donne-madri. Amo molto questa espressione: la diligenza di un o una capofamiglia. La trovo di straordinaria efficacia per definire, assieme ai criteri di onestà e competenza, la concentrazione felice e seria e la sobria qualità del servizio che può e deve essere reso da un amministratore pubblico. Detto questo, vorrei che cominciassimo a «darci una mano» da noi stessi, senza aspettare interventi salvifici da parte di personaggi in toga o in divisa, pretendendo niente di meno di una benedetta «diligenza» da chi fa le leggi e governa e mettendo altrettanta dedizione e altrettanto senso di giustizia nel po’ di responsabilità che personalmente ci tocca. E nessuno venga a dirci che la «diligenza» è noiosa. Noioso e persino mortale è il tran tran del menefreghismo e della trascuratezza che mortifica e rovina la vita delle città, delle famiglie, delle persone. Come quello che traformò in un evento stupido e ladrone il passaggio dalla lira all’euro.
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