La Chiesa merita attenzione, non mirati pettegolezzi
domenica 25 giugno 2017

Le vicende ecclesiali di questi ultimi mesi – tanto le votazioni e la nomina del nuovo Presidente della Cei, quanto l’avvicendamento di presuli su sedi episcopali, anche prestigiose – hanno innescato una vera e propria competizione di totonomine con la preoccupazione dei maggiori quotidiani e periodici italiani di anticipare ai lettori l’esito finale. In questa linea si sussurra a voce alta l’esistenza di cordate e traffici, di arrampicatori e vincitori.

Che le vicende della Chiesa siano costantemente sulla ribalta della comunicazione pubblica è un fatto assodato da almeno vent’anni nel nostro Paese. La lievitazione dell’interesse non è stata a ben vedere direttamente proporzionale alla raffinatezza dell’osservazione delle dinamiche ecclesiali. Il dato è un poco preoccupante: sarebbe come asserire che a fronte di una crescente domanda di vini di qualità da parte di un pubblico di fruitori sempre più esigente, agli stessi viene propinato un prodotto sempre più scadente e sofisticato, accompagnato però da etichette sempre più accattivanti e seducenti. Non si tratta certo di voler imporre un qualche divieto alla divulgazione di notizie religiose, o di rimpiangere le condanne alla libertà di pensiero e di stampa risalendo all’enciclica di Gregorio XVI Mirari vos (1832). Nessuno si illude di reclamare la purezza incontaminata del fatto religioso, quasi a voler deprecare moralisticamente una soglia di inaccessibilità al sacro, alla stregua dello “scherza coi fanti, ma lascia stare i santi”.

La comunità cristiana vive nella storia, la fede si incultura e fra Chiesa e comunicazione pubblica esiste un sano principio di scambio e di influsso reciproco – princìpi, questi, che ricorrono più nella Gaudium et spes (1965) che nel decreto Inter mirifica (1963). Nessuno pretende che la Chiesa possa stare fuori dalla mischia della pubblica opinione, se è vero che lo storico Alberto Melloni pubblicò 25 anni orsono un saggio, Lo spettatore influente, ove documentava come le riviste specializzate e i periodici ebbero un influsso rimarchevole sull’agenda dell’ultimo Concilio, già nella fase preparatoria. Come misconoscere poi l’influsso sul buon esito dell’assise, grazie alla copertura quotidiana dei lavori conciliari svolto da due cavalli di razza quali Raniero La Valle (”Avvenire d’Italia”) e Henri Fesquet (”Le Monde”), che furono entrambi interpreti dei fermenti innovatori del Vaticano II? Ora le cose stanno però in modo diverso. Qui non si tratta di idee, di progetti, di sogni di riforma, bensì di indiscrezioni, di voci e pettegolezzi su persone che avrebbero diritto a vedere rispettata la loro privacy, il servizio reso alla Chiesa e ai fratelli, la vocazione.

Càpita così che qualche (troppo) intraprendente vaticanista sbatta in prima pagina di un quotidiano o di un sito web la notizia data ormai per assodata del nuovo Vicario di Roma, facendo nome e cognome, tratteggiandone la biografia personale e la carriera ecclesiastica... Peccato, però, che il giorno dopo il Papa – a cui compete la potestà della scelta – individui un’altra figura per quell’incarico. È questa forse la tanto sbandierata deontologia professionale? Qualcuno ricorda che in un documento del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Etica in internet (2002), si raccomandava ai giornalisti che nel dare notizie «la regolamentazione […] e in linea di principio l’auto-regolamentazione è il metodo migliore»? È inevitabile poi chiedersi, visto che il giochino si ripete, se dietro le notizie di nomine (che poi risultano infondate) accreditate invece come sicure non giochino lobby, poteri più o meno occulti, per condizionare la scelta del Pontefice. Quello che ci consola è che Francesco non si lascia condizionare, ma opera il suo discernimento, secondo un sano principio di consultazione e di sinodalità. Può essere di aiuto a noi riascoltare allora la preghiera di padre Arrupe: «Concedici, Signore, di vedere ora tutto con occhi nuovi, / di discernere e mettere alla prova le intuizioni / che ci aiutano a leggere i segni del tempo, / ad assaporare le cose che sono tue / e a comunicarle ad altri. / Donaci la chiarezza della comprensione / che hai donato a sant’Ignazio».

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