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Suor Gloria Riva sotto il Risorto di Pericle Fazzini in Aula Paolo VI durante il Giubileo della Santa Sede con il Papa e la Curia romana - Ansa
Un amico monsignore mi stringe la mano e dice: «Coraggio! È la prima volta che una religiosa tiene la meditazione davanti al Santo Padre e a tutta la Curia Romana». Così mi trovo improvvisamente in cima alla gradinata dell’Aula Paolo VI, ieri mattina al Giubileo della Santa Sede, proprio sotto il grande Cristo di Pericle Fazzini che ascende al Cielo dal giardino degli Ulivi, portandosi dietro a sé tutta la creazione. Immaginavo di vedere il Santo Padre dietro di me, invece eccolo lì, già seduto ai piedi degli scalini con quella sua attitudine piena di solenne modestia. Due cose normalmente opposte ma che in papa Leone XIV – eletto proprio un mese fa, l’8 maggio – trovano una sintesi incredibile. Vedo questa porzione di Chiesa che mi abbraccia con lo sguardo e ne percepisco tutta la grandiosità e la fragilità insieme.
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Suor Gloria Riva durante la sua meditazione per la Curia romana - -
Inizio a parlare: «Come possiamo noi oggi, in questa nostra Chiesa, tenere viva questa tensione fra passato e futuro? L’equilibrio fra passato e futuro è la grande radice della Speranza. Rischiamo oggi di vivere nella nostalgia di un passato che non è più, e che sfocia in un tradizionalismo spesso scollegato dal presente, oppure di correre verso un futuro che ancora non c’è, cadendo in un futurismo illusorio, incapace di offrire reali soluzioni alle sfide del presente. Il passato, in verità, con i suoi dolori e le sue glorie, può rappresentare un grande trampolino di lancio per vivere nella giusta tensione il presente» Cito il figlio prodigo ritratto da De Chirico. L’artista si identifica nel figlio-manichino. L’uomo self-made che si lascia alle spalle il paesaggio mediterraneo per correre verso la rossa Ferrara, rossa nei monumenti e nelle avanguardie. Qui accade l’inusitato: il padre, ritratto come in una statua greca, lascia il suo piedistallo e gli corre incontro.
«Sì – continuo –, il passato ci viene incontro con le sue interrogazioni, non per farci soccombere ma per rilanciarci nel presente, guardando al futuro con speranza. Anche noi, molto più del giovane de Chirico, viviamo in un mondo in corsa dove il progresso può essere una grande risorsa, ma anche un grande pericolo. Un mondo dove le opportunità derivanti dai mezzi di comunicazione sociale stanno plasmando nuove forme di vita socio-culturali. Attenzione però: i mezzi vanno visti come tali e richiedono, pertanto, che il fruitore non rinunci alle sue radici, che non si getti in una corsa verso un non-si-sa-dove ma sappia ben orientarsi poiché, come scrisse sant’Agostino, “non si corre come si deve se s’ignora dove si deve correre” (cfr La perfezione della giustizia dell’uomo 8.19)».
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Il Papa in Aula Paolo VI per il Giubileo della Santa Sede - Ansa
L’applauso mi sorprende. Devo controllare le lacrime di emozione per riprendere a parlare. « La nostra fondatrice, la beata Maria Maddalena dell’Incarnazione – proseguo –, scrisse che le ultime parole di un uomo santo sono quelle più importanti da ricordare; quelle che fondano la speranza di chi resta. Così le ultime parole di Cristo furono quelle dell’Ultima Cena. Egli collegò la fede nel Padre e la speranza della vita eterna alla carità fra noi. La speranza dunque è intimamente connessa al grande anelito di Gesù: che tutti siano Uno». Prima di giungere a Roma ho fatto sosta ad Assisi, davanti al crocifisso di San Damiano ho consegnato questo momento. Sono risuonate in me le stesse parole dette a san Francesco, ma con un altro timbro: “la Bellezza riparerà la mia Chiesa!”. Davvero la bellezza della croce, la bellezza ferita dall’esperienza, ci salverà. Così ho ricordato il Principe Myskin di Dostoevskij che di fronte al Cristo morto di Holbein, già in necrosi, si domanda: quale bellezza salverà il mondo? Una frase spesso citata malamente. Quello di Dostoevskij infatti è un drammatico interrogativo: «Quale bellezza ci salverà? La bellezza della croce salverà il mondo? La bellezza della sconfitta? Sì, la croce ancora ci può salvare, una croce accolta e offerta. Questa grande bellezza perdente ci salverà».
Il mio tempo giunge alla scadenza, desidero porre tutti nel cuore di Maria, madre della Chiesa di cui ricorre la memoria. Evoco così la Madonna di Port Lligat di Salvador Dalì. Una Madonna che sotto un arco in rovina ostende il Figlio Infante. Madre e figlio hanno il ventre a forma di porta: sono loro il grande giubileo della salvezza. Sì, Maria, Madre della Consolazione e della Speranza prega per noi. Un grande applauso chiude la meditazione, anche papa Leone applaude, il suo volto disteso mi incoraggia: sì, davvero la Bellezza ferita di questa Chiesa di Cristo ci salverà.