martedì 13 dicembre 2016
Gentiloni è il 28esimo presidente del Consiglio nel 64esimo governo repubblicano. Analogie e differenze con le vicende politiche del passato.
L'80esima crisi in 73 anni: tutti i numeri del governo
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La crisi di governo apertasi il 7 dicembre con le dimissioni del governo Renzi e conclusasi con la formazione del nuovo esecutivo, guidato da Paolo Gentiloni, è stata una delle più brevi della storia della Repubblica: appena 5 giorni, giustificando la definizione di 'crisi-lampo'. Essa presenta alcune caratteristiche che la assimilano ed altre che la differenziano dalle numerosissime crisi di governo che hanno preceduto quella appena conclusa. Anzitutto il numero: dall’11 maggio 1948, data in cui le Camere elette il 18 aprile precedente elessero presidente della Repubblica Luigi Einaudi, consentendogli di gestire (seguendo una procedura allora molto discussa, a metà fra un rimpasto e una crisi) la formazione del primo governo sotto la vigenza della nuova Costituzione, le crisi di governo in Italia sono state ben 70. Di esse, 61 sono state crisi nel senso pieno del termine, vale a dire fasi della vita istituzionale in cui un Governo si è dimesso e si sono seguite le procedure per la formazione di un nuovo governo, che si è poi effettivamente formato.

Ma a queste vanno aggiunte altre 9 crisi che si possono definire 'rientrate', vale a dire fasi di crisi, aperte dalle dimissioni dell’Esecutivo, ma poi chiusesi con il rinvio alle Camere del Governo uscente e con la sua sopravvivenza in carica: questi casi si sono verificati nel 1957 con il governo Zoli, nel marzo 1960 con il governo Tambroni, nel 1974 con il V governo Rumor, nel 1985 con il I governo Craxi (la crisi dell’Achille Lauro), due volte (novembre 1987 e febbraio 1988) con il breve governo Goria, alla fine del 1995 con il governo Dini, nel 1997 e nel 2007 con il governo Prodi. Ma il numero delle crisi sale ancora se consideriamo anche quelle che hanno immediatamente preceduto l’entrata in vigore della Costituzione: esso diventa di 73 se si prende come data di inizio la nascita della Repubblica (2 giugno 1946), 75 se si muove dalla Liberazione (25 aprile 1945) e addirittura di 80 se si prende come data di inizio la caduta di Mussolini il 25 luglio 1943. 80 crisi in 73 anni: un numero che giustifica il titolo di un ormai vecchio libro di uno dei massimi esperti del settore, Giulio Andreotti ('Governare con la crisi'). Solo 12 dei 74 anni solari succedutisi dal 1943 al 2016 non hanno visto nessuna crisi di governo.

Nei numeri sopra indicati non sono invece contati i casi in cui il Presidente del Consiglio ha offerto le dimissioni al Presidente della Repubblica, come di solito accadeva al momento dell’elezione del Capo dello Stato, in omaggio ad una tradizione monarchica: in questi casi, infatti, la crisi non si apriva neppure. Lo stesso può dirsi per i rimpasti di governo, vale a dire per la sostituzione di uno o più ministri: se ne è avuto qualche esempio anche nel governo Renzi (uno di essi ha portato alla Farnesina Paolo Gentiloni). Al di là dei numeri, quali particolarità ha avuto la crisi del 2016? È stata la prima crisi della presidenza di Sergio Mattarella, iniziata il 3 febbraio 2015: e l’attuale Capo dello Stato ha potuto godere del periodo più lungo – 22 mesi – fra la sua elezione e una crisi di governo rispetto a tutti i suoi predecessori, superando Giuseppe Saragat (il quale, eletto nel dicembre 1964, affrontò la prima crisi di governo, quella fra il II e il III governo Moro, nel gennaio 1966): un dato non marginale se si ricorda che in passato il neo-eletto Presidente della Repubblica ha dovuto affrontare una crisi subito dopo l’insediamento al Quirinale (Einaudi nel 1948, Gronchi nel 1955, Leone nel 1972, Scalfaro nel 1992, Napolitano nel 2006 e nel 2013).

Per la seconda volta nella storia della Repubblica, la crisi è stata aperta dal risultato di un referendum: era già accaduto dopo il referendum istituzionale del 2 giugno 1946 (allora il II governo De Gasperi successe al I). Dopo di allora, nessun governo si era mai dimesso in seguito a un voto referendario (anche perché i referendum costituzionali sono stati solo 3 e quelli abrogativi hanno raramente visto la vittoria dei Sì). Nel 1974, il segretario della Dc Fanfani fu travolto all’esito del referendum sul divorzio: ma in quella occasione il politico aretino (che guidò ben sei governi fra il 1954 e il 1987) non era a Palazzo Chigi. Forse il passaggio di questi giorni può ricordare le dimissioni del governo dopo una sconfitta della sua coalizione in elezioni amministrative, di cui si possono citare casi recenti: quello del 2000 (dimissioni del II governo D’Alema e formazione del I governo Amato) e quello del 2005 (dimissioni imposte dall’Udc al II governo Berlusconi e formazione del III esecutivo guidato dal leader di Forza Italia). Non è stata invece la prima crisi aperta subito dopo un voto parlamentare di conferma della fiducia al governo: accadde già con il II governo Cossiga e con il I governo Craxi.

È stata, in fondo, una crisi assai lineare: non ha dovuto passare per passaggi intermedi come il preincarico (l’ultima volta: Bersani nel 2013), il mandato esplorativo (l’ultima volta: Marini nel 2008, anche se in quel caso la distinzione col preincarico era assai problematica), un incarico seguito da rinuncia (l’ultima volta: Maccanico nel 1996) o il rinvio alle Camere del governo dimissionario (l’ultima volta: Prodi nel 2007). La crisi – come in altri 40 casi dal 1948 a oggi – si è risolta con un cambiamento del Presidente del Consiglio (negli altri casi il titolare di Palazzo Chigi successe a se stesso) e, in particolare, con la nomina alla presidenza di un ministro del governo uscente: non accadeva dal 2000 (successione del II governo Amato al II governo D’Alema), ma questa pratica era invece stata assai frequente prima del 1992. Paolo Gentiloni è il 28° inquilino della Presidenza dall’entrata in vigore della Costituzione.

Il governo appena formato è in forte continuità col precedente dal punto di vista della composizione: ma neanche questa è una novità assoluta. Vicende analoghe sono accadute in altri esecutivi di fine legislatura, come i governi Amato II e Berlusconi III, rispettivamente nel 2000 e nel 2005, anche se sarà difficile eguagliare il "governo fotocopia" formato nell’estate 1982 da Giovanni Spadolini: il II esecutivo formato dal leader repubblicano era identico al I, dimessosi poco prima (il governo dell’Italia campione del mondo!). In quel caso solo un componente dell’esecutivo fu sostituito: il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Francesco Compagna, era infatti morto subito prima dell’apertura della crisi. Verosimilmente il nuovo esecutivo otterrà la fiducia delle due Camere: è sempre successo per i 60 che lo hanno preceduto, tranne che in cinque casi: l’VIII governo De Gasperi nel luglio 1953, il I governo Fanfani nel gennaio 1954, il I governo Andreotti nel gennaio 1972, il V governo Andreotti nel marzo 1979 e il VI governo Fanfani nell’aprile 1987.

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