venerdì 16 settembre 2011
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La lettura dei quotidiani ci obbliga a scoprire l’alfabeto del mondo dell’economia. Default, spread, bund, debiti sovrani, deficit, saldi di bilancio, sono diventati termini familiari.Da sempre la Chiesa ha affrontato con sapienza e creatività i temi dell’economia. Dalla parabola dei talenti alla tradizione del pensiero economico francescano, l’economia è stata associata a un riferimento etico e la cupiditas definita la radice di tutti mali. È proprio la Scuola francescana che rivaluta la figura dell’imprenditore nella misura in cui contribuisce alla crescita del bene comune cittadino, mentre la ricchezza o l’accumulazione infruttuosa (oggi diremmo la finanziarizzazione dell’economia) sono sterili e negative. È il francescano Pietro Di Giovanni Olivi alla fine del XIII secolo (e poi, sulle sue orme, San Bernardino da Siena nel ’400) a fornire gli elementi per lo sviluppo di un pensiero aperto rispetto al libero mercato ben prima dell’etica protestante tanto esaltata da Weber. Concetti come quelli di virtuositas (qualità), raritas (scarsità del bene), complacibilitas (utilità oggettiva) accompagnano lo sviluppo dell’economia di mercato. Dalla Rerum Novarum alla Caritas in veritate> esiste un patrimonio davvero ragguardevole. Non è un caso se tra gli intellettuali cattolici che hanno scritto il Codice di Camaldoli nel 1943 figuravano economisti come Vanoni e Saraceno. In un tempo di iperattenzione a quello che fanno, e possono fare, i cattolici in politica sarebbe forse utile interrogarsi anche su quello che fanno, e possono fare, nell’economia, nelle imprese, nelle banche, nelle cooperative, nei sindacati. È quanto si propone il primo Festival nazionale della Dottrina sociale della Chiesa che si svolgerà a Verona da oggi a domenica. Sono molte le banche e le cooperative che hanno un preciso riferimento alla Dottrina sociale nel loro Statuto. Sono davvero tanti i cattolici in prima linea nel fare impresa.Il Compendio della Dottrina sociale afferma che «il fine dell’economia non sta nell’economia stessa ma nella sua destinazione umana e sociale». Si può partire dall’economia per porsi l’obiettivo di offrire un contributo concreto alla ricostruzione morale del Paese. L’Italia, infatti, prima ancora che una crisi finanziaria, vive una profonda crisi di credibilità. C’è l’urgenza di ricostruire una affidabilità-Paese. La Dottrina sociale ci offre un insieme di riferimenti valoriali che attendono di essere attualizzati nel nuovo contesto economico.Facciamo qualche concreto esempio di applicazione dei princìpi alla nostra realtà. La riduzione del debito pubblico è la prima scelta per il bene comune. E ciò è possibile abbandonando parassitismi e rendite di posizione, facendo crescere la produttività e ripartire lo sviluppo, riducendo i costi della politica, combattendo l’evasione fiscale. La famiglia è il cuore del rilancio dell’Italia. La sussidiarietà può ispirare efficaci politiche per la previdenza, la sanità, la formazione professionale. Non basta, poi, chiedere nuovi posti di lavoro, bisogna creare nuove imprese e dare un valore positivo a chi fa impresa e investe. Per riportare al centro il lavoro occorre conciliare sicurezza e flessibilità. Per porre fine alla riproduzione oligarchica della classe dirigente, occorre modificare la legge elettorale.Solo qualche esempio dei tanti temi che chiedono meno prediche e più concretezza.
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