martedì 4 novembre 2014
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Un’Italia seriamente e tranquillamente multietnica, quella fotografata dall’Ismu, comparando i dati degli ultimi 20 anni. Così, nonostante decenni di ansie e paure strumentalizzate da certa politica, lo studio presenta un quadro di famiglie, di una maggioranza di donne, di minori decuplicati, la gran parte dei quali è nata ormai nel Bel Paese o vi è giunta in età prescolare. È la realtà degli «stranieri», ai quali si deve ora far compiere l’ultimo tratto verso l’integrazione riformando la cittadinanza degli under 18 sulla base dello ius culturae, ovvero la frequenza di almeno un ciclo scolastico. Così diventeranno italiani anche per legge questi figli, compagni dei nostri, che culturalmente lo sono già e che tali si sentono pur cercando una propria identità. Considerare «straniere» persone che vivono, studiano e lavorano da decenni qui significa amputare la società di una sua componente fondamentale, minare il futuro di una nuova Italia che sta già contribuendo ad andare oltre questa crisi umana ed economica. Non a caso il demografo ha definito quei cinque milioni e mezzo di nuovi italiani la «ventunesima regione».
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