mercoledì 30 settembre 2015
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​Caro direttorevorrei aggiungere qualcosa alla bella pagina di “Avvenire” su Pietro Igrao. Il parlamentare comunista ha dedicato un articolo a “Esperienze pastorali” di don Milani (“l’Unità” del 25 dicembre 1958). Accompagnato dall’operaio Giorgio Falossi, è salito a Barbiana alla fine del 1965 e, sulla rivista “Testimonianze” (n.100), ha offerto dell’incontro una sintesi illuminante. Le due notizie sono riportate nel libro “Dalla parte dell’ultimo” di Neera Fallaci (pagg. 571-572 dell’edizione BUR). Allo stesso Falossi, Ingrao chiese poi particolari sulla morte di don Milani. Giustificò la richiesta con queste parole: «È da come un uomo muore che si può capire qualcosa della sua vita».don Sandro Lagomarsini
Caro direttore,mi permetto formulare un umile omaggio a Pietro Ingrao, al di fuori del suo ruolo storico come politico di grande statura del nostro Paese, ma più semplicemente nell’ambito di una “familiarità” condominiale. Ho avuto occasione di abitare per alcuni anni nella stessa palazzina dell’onorevole Ingrao, un condominio semplice, di origine cooperativistica. Ingrao abitava con la sua signora al piano sotto il mio, mentre al mio stesso piano abitava una delle sue figlie con due nipotine, dalle quali mio figlio andava spesso a giocare. In quegli anni, per un periodo, Ingrao fu presidente della Camera dei deputati e ragioni di sicurezza gli imponevano una protezione allargata. Avevamo una sorveglianza al nostro portone 24 ore su 24. La costante cordialità, l’accattivante e sempre acceso sorriso, la compostezza, la semplicità nelle azioni quotidiane, la sua saggezza di vita vissuta, il grande amore per la sua numerosa famiglia erano ben conosciuti da tutti i condomini e per me e la mia famiglia sono stati un costante esempio. Gli incontri quasi giornalieri ci facevano bypassare il suo importante ruolo istituzionale, mentre ci facevano avvicinare alla tenerezza del nonno, alla serietà del capo famiglia, alla bonarietà del papà, alla presenza amorosa di marito e alla familiarità di una sana e semplice amicizia; e anche alla sua celata ma percepibile “spiritualità”. Un piccolo aneddoto, magari banale ma emblematico. Un giorno ero con mia moglie con l’auto in panne davanti al portone di casa. Ho pregato mia moglie di mettersi al volante; io avrei spinto l’auto nel tentativo di farla partire (a quei tempi si usava così). In quel momento, Ingrao scende dalla sua auto di servizio, ci vede, ci saluta e ci chiede: «Avete bisogno di una mano?». «Grazie, onorevole, anche di due mani!», gli rispondo con fare scherzoso, come per una semplice battuta. Non per lui. Si ferma, si avvicina e mi aiuta a spingere l’auto fino a che non si rimette moto. Io ero sbalordito, lui era…. presidente della Camera. Penso che sia stato un esempio per chiunque rivesta un ruolo pubblico. A tutti i suoi familiari le mie condoglianze, nella fede.Francesco Napolitano, Roma
Gentile direttore,ho letto sul sito de “il Giornale” l’articolo di Mario Cervi riguardante Pietro Ingrao «Il comunista irriducibile sempre a sinistra della realtà»: vorrei gentilmente sapere il suo parere, (cui tengo molto) e se condivide il severo giudizio di Cervi. La ringrazio per l’attenzione e per il suo costante impegno nel fornire un’informazione corretta.Anna Ardesi, Brugherio
C’è un tratto umano che accomuna coloro che io considero i migliori politici della cosiddetta Prima Repubblica (ne ho potuto conoscere diversi di differenti partiti, grandi e piccoli: dapprima per la fortuna di essere originario di un luogo speciale come Assisi dove molti di loro sono passati, e poi ovviamente per il mio lavoro di giornalista). Elementi decisivi di quel tratto umano comune anche ad avversari dichiarati sono il senso della misura, il rigore personale e quella semplicità nei rapporti quotidiani che non separa mai la franchezza dalla gentilezza. Considero Pietro Ingrao uno di questi uomini. E la calda testimonianza dell’avvocato Napolitano mi rafforza in questo convincimento. Alla gentile signora Ardesi, vorrei però dire che credo sia del tutto legittimo giudicare le scelte di un politico di questa statura e notorietà. E mi pare più che comprensibile che Mario Cervi , con la nettezza e l’eleganza che hanno contraddistinto (quasi) tutta la sua carriera di gran cronista e opinionista, sottolinei gli errori politici commessi da Ingrao, alcuni dei quali del resto, con l’onestà intellettuale che lo ha contraddistinto, sono stati pubblicamente e persino appassionatamente riconosciuti dallo stesso storico esponente della "sinistra" del Pci. Il professor Agostino Giovagnoli lo ha ricordato con sobria efficacia sulle nostre pagine. Anche per questo, però, credo sia sbagliato, oltre che ingeneroso, non considerare la complessità della figura di Ingrao e la ricchezza della sua riflessione e del suo concreto impegno, che all’appartenenza (comunista) non ha mai rinunciato, ma neppure al dialogo serrato e alla tensione spirituale – ebbene sì, ha ragione l’avvocato Napolitano nella sua lettera: l’aggettivo si può usare anche per un non credente amante del dubbio e della luce. Non per nulla oggi, tra le commemorazioni volute e richieste dalla famiglia, ci sarà anche quella di don Luigi Ciotti. Concludo riprendendo una bella citazione dalla prima delle tre lettere che precedono la mia risposta, quella dell’amico don Sandro. È vero, come suggerì Ingrao a proposito di don Milani, che la morte dice della vita, ma è altrettanto vero che la vita degli uomini sinceramente assetati di giustizia e di bene si spiega con diretta eloquenza e si fa capire e rispettare prima del momento supremo. A Ingrao è accaduto. Con le certezze e i dubbi che ha nutrito e affrontato non è mai stato solo. Sono sicuro che solo non è neppure ora che dubbi non ha più.
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