giovedì 30 giugno 2016
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Non si è soffermato nessuno, sulla notizia di Rudy Guede, unico condannato per il 'delitto di Perugia', uscito dal carcere in permesso premio di 36 ore, come se la notizia non dicesse niente. Invece è molto rivelativa: Guede s’è stupito vedendo uno smartphone, e ha chiesto cos’è; s’è stupito vedendo un televisore piatto, e ha chiesto se è un quadro; infine, è rientrato in cella in anticipo sulla scadenza del permesso, non ha sfruttato tutto il tempo a sua disposizione. Sono piccoli dettagli ma importanti: ci dicono cos’è la carcerazione, cosa vuol dire vivere separato dall’umanità. Mentre stai in cella non sai cosa fa l’umanità, cosa inventa, come cambia la sua vita. La cella è la tua morte, la tua non-vita, eppure non vedi l’ora di rientrarci, se puoi ci rientri in anticipo. Vediamo queste rivelazioni una per una. Dunque il carcerato (provvisoriamente libero) s’è fermato incredulo di fronte a uno smartphone. Resto incredulo a mia volta. Guede è in cella da poco meno di dieci anni, hanno meno di dieci anni i nostri cellulari? Corre così veloce il progresso? Oppure ci facciamo l’abitudine così presto, che una sbalorditiva novità la sentiamo presto come vecchia? Che uno sia entrato in carcere dieci anni fa, e uscendo oggi si stupisca per uno smartphone, vuol dire che dalla tecnologia che conosceva lui, quand’era libero, non poteva prevedere la tecnologia di oggi. Dunque non è vero che historia non facit saltus: la storia fa continuamente dei salti, specialmente nel campo dei telefonini: le rivoluzioni sono quotidiane. Idem per i televisori. E per i computer: anche i computer son diventati piatti e sottili. Quel che una volta stava in un cubo, oggi sta in una tavoletta. L’umanità corre. Le invenzioni sono un fiume tumultuoso, tutti gli uomini son trascinati da quel fiume, chi esce dalla società perché va in prigione, esce dal fiume che corre, entra nella calma piatta di una cella, dove non succede (quasi) mai niente. Chi esce da un fiume che corre, e si ferma sulla riva per dieci anni, non può pretendere poi, reimmergendosi nel fiume, di trovare la stessa acqua.  L’acqua in cui nuotava prima è corsa via per sempre. È la vita: lui ha perso la vita. Quando si dice: 'Dieci anni di carcere', s’intende anche questo: dieci anni di separazione dall’umanità, dalle sue scoperte e invenzioni, dieci anni fuori dalla storia. Chi esce dall’umanità (va in carcere) o da un popolo (emigra), ha sempre nostalgia di quel che fa l’umanità o il popolo. Se vai in Argentina, tu italiano, e fai una conferenza, vengono ad ascoltarti a migliaia, e poi non ti chiedono qualcosa sulla tua conferenza, ma ti chiedono: 'C’è ancora quella fontana davanti al Duomo di …?'.Guede ha paura di non capire il presente, pensa che il cellulare sia una radiolina o che il televisore piatto sia un quadro. Nella vita che ha vissuto da libero non ci sono le basi per capire la vita che vivono gli uomini liberi di oggi. È questa la conseguenza peggiore della sua non-libertà. Essere uscito di cella, e aver rivisto il mondo, non lo rende più felice, ma più straziato: avrà sempre nostalgia del mondo che ha intravisto per barlumi, lo sognerà di notte, lo completerà con la fantasia.  Lui in carcere sarà sempre fuori dal mondo, in un non-mondo, un mondo immobile. Per chi ha ucciso, questa è la legge del contrappasso. Hai spinto una persona fuori dalla vita, ora anche tu vai fuori dalla vita, in un non-luogo. Ma la libertà, la vita, la storia, il mondo delle invenzioni e delle rivoluzioni è caotico e frenetico, perciò è ansiogeno. Ti spaventa. Dopo 24 o 36 ore ti vien voglia di rientrare nel tuo non-mondo, dove non succede niente e proprio per questo ti senti tranquillo. Rientrando in prigione in anticipo, Guede ha rinunciato a un’ora di libertà che era un’ora di ansia. Ma si sarà già pentito. Se è stato lui a uccidere, questo pentimento è una fettina del più grande pentimento, che prima o poi deve conquistarlo.
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