venerdì 10 agosto 2012
COMMENTA E CONDIVIDI
Nel nostro tempo segnato dalla questione antropologica, dal tentativo cioè di ridefinire l’umano e le sue sembianze attraverso gli sviluppi della tecnoscienza, uno dei punti caldi di confronto e dibattito pubblico è, e sarà sempre più, quello dell’obiezione di coscienza: la sua definizione, il suo posto nell’ordinamento giuridico, la sua messa in pratica.Che l’obiezione di coscienza sia radicata nella nostra Costituzione, come affermato anche nell’ultimo parere approvato dal Comitato nazionale di bioetica (Cnb), significa quindi riconoscerne il principio e il valore fra quelli fondanti la nostra nazione, a prescindere dagli orientamenti culturali, religiosi e politici che nel tempo si possono avvicendare nelle sedi parlamentari e governative. Ma quando il dibattito si sposta sulla “sostenibilità” dell’obiezione di coscienza, cioè la sua messa in pratica compatibilmente con le leggi in vigore, spesso si invocano provvedimenti  che vanno a negare il diritto stesso all’obiezione poco prima riconosciuto, come si può leggere in questi giorni in alcuni commenti al parere del Cnb.In riferimento alla legge 194 sull’aborto – che il parere non ha affrontato –  per esempio, c’è chi insiste chiedendo contratti a tempo indeterminato, quindi definitivi, destinati a non obiettori, per garantire il “servizio” quando il numero di obiettori è elevato. E per evitare che il non obiettore poi cambi idea, e diventi obiettore una volta assunto – come già succede – suggerisce un trucchetto: se gli interventi abortivi fossero inseriti nelle mansioni che il vincitore dovrà svolgere, ben scritte nel bando di concorso, chi è contrario non parteciperebbe neppure alla competizione, e comunque non potrebbe cambiare idea successivamente, perché si rifiuterebbe di svolgere il compito per cui è stato assunto. In altre parole: fra i compiti del ginecologo c’è anche l’aborto. Se non sei disposto a farlo cercati un’altra specializzazione, o comunque sappi che non puoi lavorare negli ospedali pubblici.L’inghippo è chiaro: se l’aborto è ridotto a una “mansione”, a un atto medico come altri, un ginecologo che si rifiutasse di effettuarlo, rifiuterebbe di svolgere il proprio lavoro. Ma neppure per la legge 194, che – purtroppo, secondo chi scrive – lo regolamenta, l’aborto è riconducibile a un mero «atto medico».  Secondo quel testo  l’aborto non è come un’appendicite (per la quale ovviamente non si può invocare l’obiezione di coscienza), ma è un gravissimo problema sociale, un’ultima “ratio” a cui lo Stato consente di ricorrere in certe circostanze, e non è un diritto.Dietro la battaglia, tutta ideologica, contro l’obiezione di coscienza, c’è l’ennesimo tentativo – già visto e denunciato con l’introduzione della pillola abortiva Ru486 – di mimetizzare l’aborto con un «trattamento sanitario», che ogni medico deve essere tenuto a somministrare, e di nascondere che invece l’aborto è una soppressione di una vita umana, e quindi riconducibile proprio a quelle questioni di vita e di morte che rendono inevitabile invocare l’obiezione di coscienza.Il parere del Cnb, a riguardo, è chiaro: eventuali forme di reclutamento differenziato non devono essere discriminatorie nei confronti degli obiettori (e, parimenti, dei non obiettori). Il che, in soldoni, significa che i concorsi pubblici non devono discriminare fra obiettori e non, e non si può assumere a tempo indeterminato personale non obiettore vietandogli di cambiare idea (opzione tra l’altro impraticabile a norma di legge, attualmente). Altro sono le  prestazioni a tempo determinato, quelle cosiddette “a gettone”, che già avvengono.Chi si preoccupa del numero elevato degli obiettori di coscienza per la 194, anziché attaccarli con pesanti campagne mediatiche dovrebbe chiedersene il perché, magari riflettendo su testimonianze come quella, semplice nella sua cruda schiettezza, che nel maggio del 2008 apparve in una nota rubrica di lettere di un grande quotidiano romano attualmente impegnato proprio in questa battaglia contro gli obiettori:  «Sono un ginecologo ospedaliero, tenacemente laico, quanto di più lontano possibile da battaglie quali quelle di Ferrara [….]. Ho praticato gli aborti per anni, ad un certo punto non ce l’ho fatta più, tutto qui.  Vedevo questi embrioni in ecografia e ne registravo il battito cardiaco, i movimenti, poi in sala operatoria li aspiravo come poltiglia […]. Ciascuno di noi ha un limite, io evidentemente avevo raggiunto il mio. Bisognerebbe tenere conto che esiste anche questa motivazione, tra le tante di chi obietta, e possibilmente rispettarla».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: