domenica 29 gennaio 2012
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Il bene avanza o arretra? Ovvero: c’è pro­gresso nel bene oppure no? Se volgiamo il nostro sguardo al breve periodo, di fron­te ad alcuni fatti di cronaca, il bene sembra arretrare. Ma se guardiamo al lungo termi­ne, non possiamo non notare alcuni signi­ficativi passi in avanti: negli stadi oggi si confrontano calciatori e non gladiatori, la schiavitù è stata abolita, le donne si sono e­mancipate, i diritti dell’uomo e dei bambi­ni si stanno affermando, i disabili si inte­grano nella società. La vita media è più che raddoppiata in Italia in 150 anni. Nessuno di noi, pur lamentandosi di tante cose, scambierebbe la propria vita con quella di un cittadino di epoche passate. Il progres­so del bene (e il suo desiderio?) è testimo­niato dalle crescenti aspettative di bene del­l’opinione pubblica raccolte dai mezzi di comunicazione di massa. Non possiamo tollerare, ci diciamo, un numero così ele­vato di morti per incidenti stradali, per ca­lamità naturali o crisi economiche, per ma­­lattia: riteniamo i risultati di oggi, che sa­rebbero stati considerati lusinghieri dalle generazioni passate, inaccettabili per noi. Nonostante ciò, la risposta finale di questa battaglia non è già scritta: dipende da noi ed è resa più incerta dal fatto che la tecno­logia offre strumenti fino a ieri impensabi­li sia al bene sia al male, aumentando po­tenza ed effetti degli atti da una parte e dal­l’altra. Il bene è utile. Le evidenze statistiche e spe­rimentali nelle scienze sociali ed economi­che non fanno altro che dirci che con più cooperazione, più solidarietà, più capitale sociale possiamo raggiungere equilibri mi­gliori per noi e per tutti, superando i di­lemmi sociali, costante delle nostre intera­zioni. È ormai fatto assodato che il succes­so delle relazioni affettive, sociali, com­merciali, tra individui e tra Stati dipende in modo inestricabie da capitale sociale, fidu­cia e meritevolezza di fiducia. Questo per­ché in presenza di informazione imperfet­ta, contratti incompleti e lentezze della giu­stizia, le vie esterne per garantirci dal ri­schio di abuso della controparte sono ine­vitabilmente meno efficaci. Se c’è fiducia e si costruisce fiducia le relazioni scorrono e la vita sociale ed economica prospera. Il bene è necessario. Proprio perché la tec­nologia, aumentando enormemente gli ef­fetti dei nostri investimenti nel bene, au­menta anche potenza ed effetti di quelli nel male, il bene è oggi più che mai necessario. Il male è infatti potentissimo, disponibile a costo zero. La globalizzazione e la crescen­te interdipendenza dei nostri destini rende le azioni di male (o almeno alcune di esse) sempre meno innocue e sempre più peri­colose. Possiamo costruire facilmente po­tenti esplosivi con «ricette» disponibili in rete, portare in una valigetta polveri chimi­che in grado di fare stragi, schiacciare un bottone davanti un terminale che fa fallire grandi banche e mette sul lastrico interi paesi. Per questo il bene e il coordinamen­to degli sforzi in tale direzione è oggi rico­nosciuto come assolutamente necessario da individui e Stati. Il bene è investimento che rischia di non essere corrisposto. Esso è essenzialmente relazione. Come tale, il risultato finale dei nostri «investimenti» dipende dalla corri­spondenza da parte di coloro con cui stia­mo costruendo quella relazione (una rela­zione affettiva, un’associazione, un parti­to). Chi ha paura del rischio e ha il terrore di essere tradito non riesce a trovare il co­raggio di investire nel bene. Eppure il ri­schio di mancata corrispondenza, di falli­mento, è proprio ciò che rende il bene co­sì poetico e struggente, forte proprio perché indifeso. Il bene è la cosa migliore che può capitare nella nostra vita. Chi ne rimane lontano, soffre di mancanza di pienezza e può mo­rire della sua nostalgia: anzi, è già morto e spesso non sa di esserlo. Lavorare per il be­ne è la cosa migliore che ci possa capitare nella nostra vita. In mezzo ad inevitabili fa­tiche, delusioni e tradimenti scopriamo di essere vivi, accesi e di intercettare a tratti u­na pienezza di vita incredibile. Lavorare per il bene è la cosa più bella che ci può capi­tare (che possiamo far capitare) nella nostra vita.
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