Sul cammino indicato da Francesco
sabato 29 aprile 2017

«Dall’Egitto ho chiamato mio figlio», questa espressione del profeta Isaia non ricorda solo la liberazione del popolo di Israele dalla schiavitù patita sotto i Faraoni, ma anche, e specialmente per noi cristiani, l’ospitalità offerta dalla valle del Nilo a Gesù e alla Sacra Famiglia in fuga dalla violenza di Erode. Innumerevoli sono i luoghi mariani legati al soggiorno egiziano del Salvatore, della madre e di Giuseppe, frequentati ogni anno anche da musulmani che nel Corano trovano soltanto un nome femminile, Maryam, ripetuto più volte e legato alla Vergine madre del Messia. Sulle orme di san Francesco, che visitò l’Egitto in piena epoca di Crociate ma con spirito del tutto differente, il primo Papa che ha voluto assumerne il nome si fa suo emulo e seguace, per testimoniare la radicalità del messaggio evangelico, in piena epoca di preteso "scontro di civiltà" o di rivendicata "guerra di religione", come più di qualcuno si ostina a dire. In realtà, nessuna esperienza autenticamente religiosa può trasmettere altro che il verbo della misericordia e della sapienza, che supera e scioglie i nodi delle contraddizioni della natura umana.


Inevitabilmente fallibili e incoerenti, possiamo e dobbiamo trovare in qualsiasi "altro" un simile di cui abbiamo bisogno. «Non è bene che l’uomo sia solo – dice la Genesi –. Voglio dargli un aiuto che gli sia simile». Persino la differenza di genere, come ogni altra, è definita dalla Bibbia come necessaria e feconda, per quanto problematica possa diventare a causa del peccato, quale in effetti fu anche fra Adamo ed Eva e i fratelli Caino e Abele. Non si tratta banalmente di "buonismo", come una vulgata di bassa lega vorrebbe farci intendere. Dovremmo sapere per diretta e dolorosa esperienza che neppure coi più intimi la comunicazione è agevole. Se lo neghiamo è pura ipocrisia, oltretutto ignara di secoli di storia vissuta e patita anche fra figli della medesima confessione.


In Medio Oriente sopravvivono comunità cristiane che, se non fosse stato per la conquista araba, sarebbero probabilmente state assorbite da Bisanzio o da Roma. Uno dei tanti paradossi che dovremmo tenere presenti in un’epoca di così rapidi e sconvolgenti mutazioni. È certo importante usare anche prudenza e discernimento, ma mai a costo della generosa e universale apertura all’umano che ogni "profezia" ha in sé, se pretende di esser almeno credibile.

Alla verità e al meglio di se stessi papa Francesco non si stanca di richiamare ciascuno, quasi fosse la coscienza critica che ormai latita un po’ ovunque. Unico fra i personaggi di statura mondiale, duole dirlo, ha l’audacia di mettere tutti di fronte alle proprie responsabilità, non tanto e non solo verso gli 'altri', ma nei confronti della loro funzione e del loro compito. Sbaglieremmo se lo considerassimo l’avvocato delle minoranze cristiane oggettivamente discriminate in terre a maggioranza islamica. Dove le maggioranze non vivono decentemente non c’è alcuna speranza per chi è diverso anche solo etnicamente o linguisticamente, basti pensare a curdi e berberi, per non parlare di musulmani 'eterodossi' come sciiti e simili.

La «verità che vi farà liberi» può anche non essere gradevole, soprattutto in periodi di crisi economica e di disorientamento, ma forse è proprio questa la provvidenzialità dei momenti oscuri: è inevitabile ridursi all’essenziale e cercare i veri alleati. Non potranno che essere i 'giusti' di ogni nazione, disposti a rinunciare a ingannevoli e fragili privilegi, per mettersi al servizio di tutti con intransigenza non fondamentalista, ma esigente e fiduciosa. Chi scrive è appena stato in Marocco con numerosi musulmani di seconda generazione, nati o cresciuti qui, che si sentono più italiani che arabi, pur mantenendo solidi legami linguistici e valoriali col Paese d’origine dei loro genitori. In loro si può scorgere un tratto dell’Italia meno omogenea di quella in cui molti di noi sono nati e cresciuti, ma non per questo necessariamente peggiore. E anche in loro c’è già il mondo degli uomini e delle donne verso il quale il nostro Papa e ogni altro leader religioso amante della verità e della pace ci incamminano.

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