«Il senso del tempo che non c'è». Ma nella nostra esistenza esiste...
sabato 23 febbraio 2019

Gentile direttore,

mi appassiona l’elasticità del tempo. Ad alcuni amici ho posto questa domanda: il Colosseo è di epoca più vicina a quella della piramide di Cheope o del Burj Khalifa, il più alto grattacielo del mondo? D’impulso, quasi tutti hanno indicato la piramide di Cheope. Si parla di monumenti dell’antichità, cosa c’entra il Colosseo col Burj Khalifa? In realtà, tra il monumento romano e quello egizio intercorrono tre millenni, tra il Colosseo e il grattacielo di Dubai, i millenni sono solo due: facile ingannarsi. Più indietro si va nel tempo, e più nella nostra mente il tempo si comprime, si appiattisce. La Terra si è formata più di quattro miliardi di anni fa, ma se anche i miliardi fossero due o cento, per noi sarebbe la stessa cosa. In un’epoca così lontana, anche una differenza di tempo enorme, ci lascia indifferenti. Mentre, qualche ora della nostra giornata, la sentiamo, eccome. Naturalmente, la stessa non cognizione dello spazio temporale, l’abbiamo proiettandoci nel futuro. I prossimi milioni di anni, ci fanno meno effetto, del tempo che pensiamo intercorra tra l’oggi e il domani. La scansione temporale tanto più ci coinvolge, quanto più è prossima al presente. Presente, che peraltro non esiste: mentre crediamo di viverlo, in realtà è già passato. E, a pensarci bene, non esiste neanche il passato, in quanto già passato, e neppure il futuro che è ancora da addivenire. Ma questi sono altri ragionamenti...

Michele Massa, Bologna


Ragionamenti elastici e suggestivi i suoi, gentile e caro amico, come altri che ogni tanto lei condivide con me e con gli altri lettori di questo giornale. So che ci sono illustri scienziati che – mi perdoni il gioco di parole – sostengono da tempo che il tempo «non esiste». E ricordo che Albert Einstein, uno dei più grandi tra loro, l’ha argomentato in diverso modo, sconvolgente e illuminante, tanto quanto commovente e disorientante (o, meglio, ri-orientante). Proprio come il pensiero di Dio con il quale – da uomo libero, profondamente formato nell’ebraismo e affascinato dal Nazareno – Einstein non cessò mai di misurarsi e che mai smise di amare. Amare fino al pianto quando qualcuno osò liquidare quella sua fame intellettuale e la sua paziente ricerca come cose da «ateo». Ma anche Einstein sapeva, e certo meglio di me, che il tempo – mi perdoni ancora il gioco di parole – esiste nella nostra esistenza, così come esistono la gioia e il dolore, l’ira e il perdono, la malizia e la tenerezza, la fedeltà e la vertigine, la pazienza e la passione. Così come esiste Dio. Già, i ragionamenti possibili sono tanti e un semplice cronista come me può perdersi per strada. Dunque mi fermo, e la ringrazio. Ma per davvero, con la stessa allegria con cui ringrazio Dio, e mia madre e mio padre, per questo tempo che mi è dato e al quale sono dato.

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