sabato 26 febbraio 2022
Le restrizioni economiche possono penalizzare i più poveri e rafforzare il regime. A meno di non colpire anche i patrimoni di Putin e degli oligarchi. Il ruolo della Cina ora è decisivo
Truppe russe nei pressi di Armiansk, in Crimea, mentre si dirigono verso il territorio dell’Ucraina

Truppe russe nei pressi di Armiansk, in Crimea, mentre si dirigono verso il territorio dell’Ucraina - Epa

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In seguito all’attacco militare russo in Ucraina, le prime misure punitive che saranno adottate nei confronti di Mosca sono sanzioni economiche. Le misure punitive annunciate dal presidente americano Biden e dall’Unione Europea riguardano in particolare le esportazioni di tecnologia verso Mosca e l’accesso ai mercati finanziari degli istituti di credito russi oltre al congelamento di attività russe. Il presidente americano ha anche precisato che a questo seguiranno altri pacchetti di sanzioni. L’obiettivo dichiarato è quello di indebolire in maniera sostanziale l’economia russa e singoli individui legati al regime di Putin. L e sanzioni economiche, strumento alternativo alla guerra, sono da sempre oggetto di dibattito poiché la loro efficacia è decisamente dubbia. L’esperienza non soddisfacente di sanzioni ampie e generalizzate come nei casi di Cuba, Corea del Nord, Iraq, Iran e Libia ha fatto sovente dubitare della opportunità di imporre sanzioni risultate poi inefficaci – se non addirittura controproducenti – e che hanno viceversa favorito il rafforzamento dei regimi che intendevano combattere. Il primo motivo di inefficacia delle sanzioni è sempre quello dell’aggiramento, che si manifesta nel momento in cui Paesi terzi, in disaccordo con l’imposizione delle sanzioni, si sostituiscono nelle relazioni economiche ai paesi che hanno aderito al regime sanzionatorio. In questa prospettiva, inutile dire che sarà decisiva la posizione degli altri Paesi e in particolare del governo cinese che potrebbe divenire una volta per tutte il principale partner commerciale ed economico della Federazione Russa.

A questo proposito, Pechino ha già lasciato intendere di non approvare l’imposizione di ulteriori sanzioni nei confronti della Russia ritenendole inefficaci ai fini della risoluzione dei problemi politici. La Cina è già oggi uno dei principali partner commerciali della Russia – in particolare un acquirente del gas e del petrolio russo – e le quantità importate potrebbero facilmente aumentare laddove il governo di Pechino intenda sostenere in tempo breve il Cremlino. Negli ultimi mesi le dichiarazioni di re- ciproco sostegno tra Putin e Xi Jinping, peraltro, avevano quale obiettivo quello di creare un fronte comune contro gli Stati Uniti, e la recente firma di un accordo trentennale sulla fornitura di gas alla Cina da parte di Gazprom aveva già il sapore di un aggiramento delle sanzioni, una risposta allo stop all’entrata in funzione del gasdotto Nord Stream 2 varata da Stati Uniti e Ue. I nvero, negli ultimi anni la globalizzazione degli scambi, la frammentazione dei processi produttivi e l’integrazione dei mercati dei capitali hanno reso estremamente difficile il controllo dei meccanismi sanzionatori, riducendo la probabilità che il fine politico dichiarato sia effettivamente raggiunto. In virtù di questo fatto, alcuni osservatori negli Stati Uniti chiedono anche l’applicazione delle cosiddette 'sanzioni secondarie', vale a dire quelle misure che si applicano a imprese o governi di Paesi terzi che intrattengono rapporti con il paese sanzionato. Ad esempio, nel recente passato sanzioni secondarie sono state applicate a banche cinesi che avevano facilitato le transazioni finanziarie di alcune imprese iraniane. Le sanzioni secondarie, comunque, sono da escludere poiché oltre a essere di difficile applicazione pratica sono anche giuridicamente contestate in quanto norme extraterritoriali. La Cina, in particolare, ha recentemente promulgato una legge per proibire alle proprie imprese di rispettare norme extraterritoriali come ad esempio le sanzioni americane.


Le restrizioni economiche possono penalizzare i più poveri e rafforzare il regime. A meno di non colpire anche i patrimoni di Putin e degli oligarchi. Il ruolo della Cina ora è decisivo

Oggi la probabilità che la Cina costituisca il primo Paese a 'sostenere' Putin aggirando i meccanismi sanzionatori è molto elevata. Alla Cina, peraltro, potranno affiancarsi altri Paesi che sono legati alla Russia in particolare da accordi commerciali in ambito militare. In ogni caso, in un tempo breve, anche un Paese come la Cina non potrà sostituirsi in toto o comunque in misura sufficiente agli Stati europei quali partner economici di Mosca. Quantomeno nel breve periodo, pertanto, un indebolimento dell’economia russa è prevedibile. Tale indebolimento potrebbe incidere in maniera significativa sulla base produttiva russa, aumentandone il livello di dipendenza dalle risorse naturali. Nell’economia russa, infatti, le esportazioni di idrocarburi e minerali pesano per il 50% del totale, e nel contempo è evidente una sostanziale debolezza nei settori industriali e manifatturieri. I l rischio derivante dalla contrazione di una base produttiva industriale già in profonda difficoltà è che a pagare il prez- zo delle sanzioni sia la popolazione e non il regime di Putin. In questo caso l’effetto potrebbe essere l’opposto di quello voluto da Ue e Stati Uniti. Come detto, l’impoverimento rischia di rafforzare il regime al potere poiché solitamente le popolazioni che subiscono le privazioni tendono poi a sostenere il proprio regime contro i Paesi stranieri che hanno imposto le sanzioni. Infatti, in molti casi dittatori incuranti del benessere della popolazione si astengono anche dall’assumere misure di politica economica che potrebbero alleviare gli effetti negativi delle sanzioni al fine di sfruttare tale sentimento contro i rivali stranieri. La percentuale della popolazione russa in condizioni di povertà è già intorno al 13% e questo dato è destinato ad aumentare in tempo breve anche causa degli elevati e crescenti tassi di inflazione.

Ancora, quindi, l’effetto delle sanzioni potrebbe essere quello di rafforzare il regime di Putin e non viceversa. In questa fase, le misure che potrebbero risultare davvero efficaci sono quelle relative al congelamento di asset russi e in particolare dei patrimoni degli oligarchi, tra cui quelli dello stesso Putin e del ministro Lavrov, deciso ieri. Nella storia recente può essere ricordato il precedente del regime di Slobodan Milosevic che cadde nel 2000 dopo che tra le sanzioni erano state inserite misure finanziarie e di congelamento di asset contro un numero ben identificato di individui legati al leader. I n ultimo, per evitare che lo strumento delle sanzioni sia inefficace e controproducente, esse dovranno essere gestite in maniera accurata in modo da colpire effettivamente Putin e i membri del suo regime. In caso contrario, esse non faranno altro che impoverire milioni di persone e dividere ulteriormente la comunità internazionale con gravi conseguenze sulla sicurezza e la stabilità. Il dialogo con Pechino diventerà cruciale in questa fase per evitare che il sostegno cinese al regime di Putin vanifichi in toto il meccanismo sanzionatorio occidentale.

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