martedì 20 febbraio 2018
L’immagine accompagnata da una falsa notizia sul Web innesca reazioni livorose. Un lettore critica i nostri commenti
Il ragazzo nero, la capotreno e una foto. La trappola dell'odio
COMMENTA E CONDIVIDI

Gentile direttore,
l’articolo «La bufala viaggia in treno» sull’inserto “Popotus” del 15 febbraio 2018 inizia con: «Un ragazzo di colore viaggia sul Frecciarossa Roma-Milano. È lunedì. Si avvicina il controllore – una donna – e lui mostra un foglio di carta. La capotreno gli spiega che quello non è il biglietto, ma lui non capisce. [...]». Il racconto prosegue con la stigmatizzazione del passeggero di fronte, che ha fotografato e pubblicato sul proprio profilo Facebook la foto del presunto viaggiatore a sbafo diventata virale e, contestualmente, una fake news di stampo razzista. L’articolo però non erudisce i giovani lettori sulla figura del capotreno, la persona più qualificata a giudicare se un foglio di carta esibito da un passeggero è o non è un “biglietto di viaggio”, per cui chiunque, esibendogli il biglietto stando seduto nel posto sbagliato, al massimo viene invitato a occupare il posto giusto. O a mostrare un altro documento. Ma l’articolo, insensibile a questa ovvietà, spara a zero sui pregiudizi di chi ha visto nell’episodio un caso di inciviltà, dimenticando che fra i pregiudizi c’è anche il concetto dei capotreni che fanno il loro mestiere senza dire sciocchezze... Il che non sembra molto saggio, dato che i pregiudizi sono i pilastri su cui reggono in gran parte gli automatismi psicomotori tanto necessari alla quotidianità (basti pensare a come affronteremmo una rotatoria cittadina in ora di punta se la nostra guida fosse priva di movimenti istintivi, cioè gestiti dai pregiudizi, e affidata alla sola razionalità). Da come l’ha raccontata “Popotus” e il giorno prima Antonella Mariani l’ha commentata su “Avvenire”, c’è una micidiale discrepanza fra ciò che avrebbe accertato la capotreno e ciò che avrebbe comunicato ore dopo Trenitalia. In buona sostanza: è questa la notizia vera da cui scaturisce quella evidenziata e dalla quale si vuol trarre una morale. Ma gli inesperti lettori di “Popotus” devono proprio arrivarci da soli a capire quando dietro una bufala se ne nasconde un’altra?

Paolo Giardini Ferrara

Leggendo la sua lettera, gentile signor Giardini, si capisce che lei dubita della versione della capotreno. Insomma, si insinua che il rapporto giurato sia “truccato” e di conseguenza si immagina che in effetti il passeggero dalla pelle scura viaggiasse senza biglietto. Altro che notizia falsa, dunque. Come autrice del servizio su “Popotus” e, prima ancora, del commento su “Avvenire” vorrei rispondere – su invito del direttore, e in pieno accordo con lui – che non credo che il punto focale di questa vicenda sia il dibattito su fake news o meno, fondato peraltro sul presupposto indimostrato e inaccettabile che la responsabile rappresentante di Trenitalia abbia testimoniato il falso. Penso – e così ho scritto e raccontato – che nessuno abbia il diritto di pubblicare sul Web la fotografia di un’altra persona, ignara, per accusarla di un presunto illecito e sottoponendola quindi a una gogna mediatica del tutto gratuita, in più sapendo perfettamente che quel post provocherà un’ondata d’odio, come infatti è avvenuto. A chi giova? Penso inoltre che indipendentemente dal comportamento della capotreno – che ritengo, sino a prova contraria, esemplare – la persona che ha fotografato il passeggero nero di pelle abbia elaborato un autentico pensiero razzista: gli stranieri non pagano mai il biglietto (perché, chiedo, gli italiani invece lo pagano tutti e sempre?), questo è uno straniero dunque di sicuro non ha pagato il biglietto. E poi ha continuato nel suo post evocando i fatti di Macerata: quel ragazzo di sicuro si trova in Italia irregolarmente, quindi sfrutta la nostra ospitalità e via elencando gli odiosi luoghi comuni del nuovo razzismo nostrano. Non ha atteso un processo, né un verdetto, il passeggero armato di fotocamera: lui sapeva già come stavano le cose. Questo ho cercato di spiegare il 14 febbraio a tutti e il 15 anche ai piccoli lettori di “Popotus”: che un pregiudizio può diventare razzismo e che dobbiamo fare lo sforzo di non cadere in questa trappola che porta solo odio e rifiuto. La risposta all’illegalità – che esiste tra gli stranieri e tra gli italiani di nascita – è solo la legalità, non l’odio. Saluti.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: