sabato 23 settembre 2023
Se è vero quel che recita il Talmud che «chi salva una vita salva il mondo intero», allora a Lampedusa da tempo stiamo salvando l’intera umanità. Immane è l’opera di soccorso dei migranti del mare...
Il Nobel per la pace a Lampedusa per lasciare un segno nella storia

ANSA

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Se è vero quel che recita il Talmud che «chi salva una vita salva il mondo intero», allora a Lampedusa da tempo stiamo salvando l’intera umanità. Immane è l’opera di soccorso dei migranti del mare, esemplare è lo spirito di accoglienza degli isolani. Lampedusa è la Ellis Island d’Europa. «Tenetevi, o antiche terre, la vostra vana pompa [...] Datemi i vostri stanchi, i vostri poveri, le vostre masse infreddolite desiderose di respirare libere, i rifiuti miserabili delle vostre coste affollate. Mandatemi loro, i senzatetto, gli scossi dalle tempeste e io solleverò la mia fiaccola accanto alla porta dorata ». Così recita il sonetto scolpito alla base della Madre degli Esuli, la Statua della Libertà di New York. Fu scritto dalla poetessa di origine ebrea sefardita Emma Lazarus, figlia di immigrati tedeschi e portoghesi, che diede il senso storico e morale alla colossale opera – donata dalla Francia – che divenne un simbolo della porta di accesso alla speranza per milioni d’immigrati.

La poetessa si ispirò alla condizione dei rifugiati ebrei russi ashkenazi; i loro sguardi e la loro disperazione di allora sono gli stessi sguardi e le stesse speranze dei tanti migranti che si buttano nel Mediterraneo su barconi fatiscenti. Il miraggio della vita in libertà è l’anelito che da secoli continua a spingere quanti tentano di valicare frontiere e oceani.

Nella vicina isola Ellis, centro per quarantena e accoglienza di milioni di migranti verso l’America, furono conservati migliaia di registri degli arrivi. Due secoli dopo, milioni di famiglie di americani, tra i quali tanti deputati e senatori, tengono in casa incorniciata una copia di quei registri con il nome dei bisnonni e la data in cui furono accolti. Il Mar Mediterraneo invece non ha epigrafi del suo enorme cimitero senza lapidi, sacrario di milioni di immigrati ignoti. Tanti sono ormai i “Mai più” scritti dalle cronache dei naufragi, ma è evidente che il “più” continua in un “mai” disumano e indefinito. Quelle migliaia di morti sott’acqua non possono restare in silenzio: urlano alle nostre coscienze per chiedere un’azione dell’Unione Europea in concerto con l’Onu per studiare, prevenire, prevedere e gestire questi flussi e al contempo risolvere i conflitti che li generano. Non è certo facile, ma è eticamente ineludibile per evitare di essere tutti travolti da questo tsunami di migrazioni. Il dolore che lacera le nostre coscienze divide le ragioni dai sentimenti. I rabbiosi reclami alle chiusure dei confini e nelle identità nazionali, fomentati dalla propaganda sovranista, trovano consensi nel panico di anime spaventate; ma le chiusure non sono soluzioni umane giuste e non sono praticamente possibili.

Lampedusa e gli altri approdi del Mediterraneo sono i luoghi dove si gioca la capacità di accoglienza organizzata dell’Unione Europea. Addirittura qualche battuta insensata suggerisce di cedere Lampedusa all’Africa. Invece si dovrebbe assegnare all’isola il Premio Nobel per la Pace. Sarebbe un atto simbolico di grande rilevanza storica e culturale. Uno sprone per tutti i Paesi democratici che hanno firmato la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, che così comprenderebbero meglio che Libertà e Uguaglianza rimangono parole vuote e beffarde se non si affermano nei fatti come un risultato della Fraternità vissuta nella Storia moderna. Tra due o tre generazioni i nuovi leader dell’Europa si ricorderanno con la copia di un premio Nobel in cornice di chi furono discendenti, di quando e di chi li accolse. ( La proposta del Nobel per la pace ai lampedusani fu lanciata su Avvenire già nel 2011 )

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