È il momento di costruire un fisco più equo e anti-furbi
giovedì 25 marzo 2021

L’amarezza per l’ennesimo condono e il dovere del governo Draghi La cancellazione delle cartelle esattoriali del decennio 20002011 non ha mancato di lasciare tracce amare, se non anche un po’ tossiche, nel dibattito pubblico. Anche se il presidente del Consiglio Draghi l’ha presentata con onestà intellettuale per quella che è: un condono. Un po’ di amarezza resta. Nel decennio considerato dalla misura il Covid non c’era, e tra chi beneficerà del condono ci sono anche soggetti che danni da Covid non ne hanno subiti.

E questi, magari, potevano essere chiamati a saldare quanto dovuto, non solo per equità, ma anche per disporre di risorse aggiuntive da riservare a sostegno di chi difficoltà economiche da Covid ne ha avute. Certo la misura è un faticoso compromesso tra i partiti di governo, Lega e 5Stelle da un lato, Pd e Leu dall’altro; e alla fine accettabile anche per le difficoltà di esazione dell’Agenzia delle entrate. Ci si è limitati al 2011, a 5mila euro di tetto, a un reddito fino a 30mila euro per i beneficiari. Ma questa accettabilità sostanziale del provvedimento è per occhi esperti. Per la gran massa degli italiani si tratta dell’ennesimo condono a favore dei soliti furbi, accompagnata dalla solita promessa che è l’ultima volta.

Ecco il punto: deve essere davvero l’ultima volta. E l’attuale governo, e segnatamente il premier Draghi, può davvero far sì che sia l’ultima volta. Questo è un Paese insincero, diviso. Diviso tra Nord e Sud, diviso tra garantiti e non garantiti, tra 'furbi' e 'fessi'. Mi intratterrò solo su quest’ultima divisione, così percepita da decenni nella pubblica opinione. Questo è un Paese dove, a parole, nessuno è a favore degli evasori. Neanche gli evasori. Tant’è che evadono con tranquilla coscienza, perché 'le tasse sono troppe'. Certo, troppe per chi le paga. Molti questo peso se lo evitano, e sono talmente tanti che alle forze politiche, quando non sono conniventi, prendere misure serie fa paura perché nessuno vuole pagare dazio nelle urne.

Ecco Draghi ha questa opportunità: può agire e incidere, non avendo 'problemi di urne' e avendo a sostegno del suo governo praticamente una sorta di unità nazionale, sia pure costretta dalla situazione di emergenza. Queste due condizioni gli consentirebbe di operare una riforma fiscale seria e rigorosa, in coerenza con il dettato costituzionale per equità dei pesi da distribuire, facendola firmare da tutti i partiti che ne sostengono il governo. Di modo che nessuno possa presentarsi come paladino dei presunti 'tartassati' alle prossime elezioni, e si spera a nessuna elezione futura.

Che tutti condividano cioè con disciplina ed onore, anche davanti ai soggetti sociali ed economici più riottosi, la necessità morale, normativa e operativa della fedeltà fiscale. Che non si possa più usare in campagna elettorale l’osceno mantra che non bisogna mettere le mani nelle tasche degli italiani. Perché le mani bisogna metterle, eccome, ma con equità; perché solo così saranno più leggere e sostenibili per tutti. Questo è tanto più necessario perché stiamo caricando le generazioni future di debiti pubblici accesi con noi stessi con il resto d’Europa per venir fuori dalla pandemia. Non ci si nasconda dietro un dito. Oggi moralmente e socialmente dobbiamo sostenere i tanti che patiscono danni economici dal Covid.

Ma questi sostegni in larga parte sono finanziati da quella platea di italiani, e non da altri, che in questi anni hanno assolto ai loro obblighi di fedeltà fiscale. Se per accedere ai sostegni si dovesse esibire una patente di fedeltà fiscale, per molti dolenti sarebbero dolori molto più forti. Nella situazione che viviamo, reggiamo per questo. Per quel che c’è nelle casse dello Stato, ed è quel che è venuto dai leali e per l’impegno straordinario di alcuni dei presunti 'garantiti' dello Stato: personale sanitario, forze dell’ordine, insegnanti. Perché lo Stato è questo, ospedali, scuole, sicurezza pubblica e non la caricatura populista che si fa riducendolo all’Agenzia delle entrate.

Lo Stato è un bene di tutti, e va pagato da tutti, da ognuno secondo le sue possibilità. Da decenni non è così. Per i prossimi anni deve essere così. Perché altrimenti tutte le avventure anche nel nome del-l’Italia ma contro la comunità sarebbero possibili, anche le peggiori.

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