giovedì 25 aprile 2013
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«La legalizzazione del gioco d’azzardo ser­ve per combattere quello illegale, per te­nere fuori la criminalità organizzata». Quante volte abbiamo sentito questa frase. Politici, re­sponsabili dei Monopoli, imprenditori del set­tore, tutti compatti nel 'giustificare' così l’age­volatissimo boom di Azzardopoli in Italia. Ma la cronaca quasi quotidiana li sta sonoramente e drammaticamente smentendo.
Non passa gior­no che indagini della magistratura e di tutte le forze dell’ordine non portino alla luce gli inte­ressi delle mafie, in particolare di camorra e ’n­drangheta, nell’azzardo legale. Ieri l’ultimo ca­so, con l’operazione condotta dalla Dda di Na­poli e dal Gico di Roma della Guardia di Finan­za, nei confronti di un imprenditore, titolare di due società operanti in Campania e nel Lazio, in realtà prestanome del potentissimo clan Mal­lardo di Giugliano, il grande comune a nord di Napoli, sempre ieri non casualmente sciolto dal Governo per infiltrazione camorristica. E tre giorni fa, ancora i magistrati napoletani col Ros dei carabinieri, avevano colpito duramente gli interessi nel settore delle scommesse del clan dei 'casalesi' e nuovamente dei Mallardo, in Cam­pania e in altre regioni italiane.
Azzardo legale, lo ripetiamo. Non quello illegale che l’apertura di migliaia di sale avrebbe dovuto combattere. Anzi, proprio il 'gioco' legale, oltre che affare di­retto dei clan, copre quello 'in nero' che conti­nua ad esistere. E fa sempre nuovi affari e più danni. Altro che scomparso! Esemplare, da questo punto di vista, quanto scrive il gip di Napoli, Maria Vittoria Foschini nell’ordinanza contro i 'casalesi'. «È quindi e­mersa l’esistenza di una struttura clandestina, parallela a quella autorizzata, deputata alla rac­colta delle scommesse sugli eventi sportivi. È stata addirittura riscontrata la parziale sovrap­ponibilità tra la struttura legale e quella illega­le: l’attività illecita, infatti, è in molti casi svolta all’interno degli esercizi e delle agenzie già con­cessionarie di licenze e autorizzazioni da parte dell’Amministrazione Autonoma dei Monopo­li di Stato». E questo, «per garantire la più capil­lare diffusione sul territorio ed anche una più ef­ficace copertura dai controlli». Davvero, altro che scomparso!
Le mafie mettono, dunque, le mani sull’azzardo legale, ma non si acconten­tano. E ai giocatori continuano ad offrire quel­lo 'in nero', facendosi forza, purtroppo, di una richiesta sempre maggiore. E più persone si 'ammalano' di gioco compulsivo più loro fan­no ricchi affari. Un doppio mercato, doppi ca­nali, spesso coincidenti. Così, come ci ha spie­gato un investigatore impegnato nel contrasto a questi affari, «il giocatore d’azzardo può sce­gliere e spesso sceglie il sistema illegale, più ve­loce, più semplice, con meno regole...». La le­galizzazione, dunque, non ha sconfitto il mer­cato illegale dei giochi, né lo tiene sotto con­trollo. Non ha tolto l’affare alle mafie né evitato la dipendenza da gioco. Conseguenze che do­vrebbero far riflettere. E anche per altre gravi questioni.
Proprio in questi giorni, rilanciata da politici, pseudoesperti e intellettuali, è tornata a furo­reggiare la proposta di legalizzazione delle dro­ghe, e stavolta non solo di quelle cosiddette 'leg­gere'. Viene presentata come strumento per to­gliere l’affare alle mafie, per evitare faide e am­mazzamenti per il dominio sul mercato, per combattere le dipendenze. Illusioni, come con­ferma, prove concrete alla mano, quanto sta suc­cedendo per l’azzardo. Illusioni pericolosissi­me. Le mafie non hanno mai abbandonato il settore dei 'giochi', anzi ne hanno fatto un an­cor più lucroso affare, grazie anche a pene bas­se e scarso allarme sociale. Sarebbe davvero gra­vissimo ripetere l’errore per la droga. Lì, in mo­do assai più pesante, c’è in gioco la vita di tan­te persone.
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