mercoledì 3 agosto 2022
Dal 1965 era finito nelle mani di Salvatore e Michele Greco («u’ Papa»). Sequestrato da Falcone, ora è una cooperativa sociale che dà lavoro a tanti. «Qui si semina il futuro»
L'ingresso della masseria di Verbumcaudo

L'ingresso della masseria di Verbumcaudo - Antonio M. Mira

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«Un classico esempio di spoliazione mafiosa». Così Giovanni Falcone aveva definito l’impossessamento da parte di 'cosa nostra' del feudo di Verbumcaudo. Il magistrato lo sequestrò 39 anni fa. Oggi è un esempio di spoliazione dei mafiosi e «una risorsa di comunità», spiega Luca Li Vecchi, presidente della cooperativa sociale che porta il nome del feudo e dal 2019 gestisce 150 ettari di terra delle Madonie, un grande uliveto, un vigneto, grano e legumi a perdita d’occhio, campi di pomodori, una grande masseria e perfino due laghetti artificiali. «Per noi la più alta espressione della restituzione di un bene confiscato alla comunità è il lavoro che è davvero dare un senso all’impegno di Falcone e Borsellino che continua a camminare su altre gambe. È un cambio culturale, dalla mafia che dà lavoro, e sappiamo come, a un bene confiscato che produce lavoro. Coltivare comunità e seminare futuro».

Questa davvero è una storia di mafia, di quella più forte e penetrante. Il feudo era parte dell’enorme proprietà del conte Salvatore Tagliavia, armatore e sindaco di Palermo dal 1914 al 1920. Dopo la sua morte nel 1965, finisce nelle mani dei fratelli Michele e Salvatore Greco, per un prezzo di appena 650 milioni di lire mentre al momento della confisca verrà valutato 2,5 miliardi. Lo scopre Falcone, fedele alla regola 'segui i soldi', assieme al collega e amico Paolo Borsellino nell’indagine che porterà poi al maxiprocesso. Già perché Michele Greco, boss reggente della famiglia di Ciaculli detto u’ Papa per la sua abilità a mediare tra le varie famiglie mafiose, è tra gli imputati illustri. Fu condannato all’ergastolo, alla fine saranno una decina le condanne a vita, scontate fino all’ultimo, quando a 84 anni morì nel 2008, ancora detenuto.

Quando viene condannato il 16 dicembre 1987, Verbumcaudo era già stato confiscato definitivamente il 18 maggio, e la sua storia era proprio una delle prove a carico del boss. Falcone aveva scoperto che grazie alla mediazione dei fratelli Nino e Ignazio Salvo, esattori di 'cosa nostra', era pure stata cancellata in 15 giorni, con un decreto del ministero delle Finanze, un’ipoteca per una tassa di successione non pagata. E all’inizio degli anni ’80 il boss era riuscito addirittura ad ottenere un mutuo dall’assessorato regionale Agricoltura per migliorie al fondo (i due laghetti). Ma Falcone scopre anche che un assegno con cui era stato pagato il fondo era firmato da Antonio Bardellino, fondatore del clan camorrista dei 'casalesi' in stretto rapporto con 'cosa nostra'. Verbumcaudo, dall’arabo Gharb-aljabaliu, 'monti verso occidente', si trova nel territorio di Polizzi Generosa ma è più vicino a Villalba e Vallelunga, in provincia di Caltanissetta, in quello noto come il Vallone Nisseno. Luogo bellissimo ma difficile da raggiungere. «Un punto strategico, infatti tutte le strade vanno verso l’autostrada, ma sono quasi impraticabili, certo non per le mafie». Che infatti qui tenevano summit per decidere accordi e omicidi. E alcuni arrivavano in elicottero (sono state trovate due piazzole). Li accoglieva Michele Greco affacciandosi dal balcone al di sopra dell’arco di accesso alla masseria. «Era un simbolo di potere».

Ora da lì si può osservare la nuova vita del feudo. Undici soci, 3 operai con contratto annuale, uno addetto alla gestione dell’emporio biologico Entroterra, un progetto con la Diocesi di Cefalù per sei soggetti svantaggiati, e anche un detenuto agli arresti domiciliari. «Ora è in carcere ma appena esce qua le porte sono aperte. L’antimafia si fa così, col lavoro ». La cooperativa coltiva pomodoro Siccagno senza apporto d’acqua e raccolto a mano, che diventa una succulenta passata dalla polpa densa rosso vermiglio, e ancora grano italiano della qualità Marco Au- relio, legumi. C’è il vigneto sperimentale 'Placido Rizzotto' realizzato con l’università di Palermo e la Regione: 32 vitigni autoctoni siciliani a rischio estinzione che, oltre all’attività di ricerca, hanno già dato un ottimo vino Catarratto biologico. E soprattutto si sta recuperando il grande uliveto, mille alberi secolari, abbandonato per 30 anni. Idee e progetti che hanno convinto Fondazione con il Sud e Fondazione Peppino Vismara, che sostengono la cooperativa. E attorno «si sta creando una rete» per dare davvero concretezza alle parole «risorsa di comunità».

Così i pomodori sono trasformati in salsa dalla cooperativa Rinascita di Valledolmo. E da quest’anno anche i pomodorini secchi sottolio. La farina la macina il mulino Turrumè, nel comune di Castellana sicula. Il pastificio è il Bia di Resuttana. «Qua c’è il protagonismo del territorio. Essere cooperativa di comunità, per essere a servizio della comunità. La mafia dava lavoro a chi decideva lei. Noi spingiamo i lavoratori a diventare soci. Non abbiamo bisogno di dipendenti ma di persone che vogliano sviluppare con noi un percorso». La cooperativa è nata con un bando pubblico che ha selezionato giovani del luogo. Ci sono un agronomo, un laureato in scienze forestali, due commercialisti, un ingegnere, due guide naturalistiche, due addetti alle lavorazioni agricole qualifi- cati, un project manager e un animatore sociale. E non si fa solo agricoltura. Li abbiamo incontrati lo scorso 1 maggio in occasione di un trekking che ha portato tante persone alla masseria attraversando le campagne delle Madonie. Ogni settembre c’è la vendemmia di comunità e a maggio sono venute in visita le prime 10 scuole.

«Molti avevano paura a venire, ma l’anno scorso è arrivato qui un asilo e i bambini giocavano a palla. E proprio per i bambini organizziamo passeggiate come scuola a cielo aperto». Certo, la vita del feudo dopo la confisca non è stata facile. Dopo un periodo di abbandono, nel 1995 viene assegnato come area di addestramento al '12esimo battaglione dei carabinieri Sicilia', che rinuncia 10 anni dopo. Quando nel 2007 l’agenzia del Demanio assegna il feudo a Polizzi Generosa, spunta un’ipoteca per un prestito ai Greco, che il Comune non era in grado di pagare. Per evitare la vendita all’asta, si mobilitò l’intera comunità. In prima linea il sindacalista Cgil Vincenzo Liarda che per il suo impegno subisce 15 gravi intimidazioni. Nel 2011 la Regione Sicilia acquisisce il bene. Lo stesso anno l’allora direttore dell’Agenzia nazionale dei beni confiscati, il prefetto Mario Morcone, estingue parzialmente il debito della banca. Nel 2014 viene fatta una convenzione per la costituzione tra 19 comuni del 'Consorzio Madonita per la legalità e lo sviluppo', con presidente proprio Liarda, al quale la Regione affida il bene. Poi la nascita della cooperativa Verbumcaudo.

«Mai avuto problemi. I carabinieri vengono a controllare e siamo contenti. Ma non temiamo perché il territorio è con noi. Un pastore abusivo è stato bloccato dalla gente». E i giovani ricambiano. «Lo scorso anno abbiamo portato il nostro fieno agli allevatori che erano stati danneggiati dagli incendi». E si guarda già avanti. «Vogliamo allargare la cooperativa, i giovani devono rispondere. Non è un posto fisso ma un continuo investimento. I primi investitori sono state le persone del territorio. Siamo diventati amici. Le nostre banche si chiamano Pino, Peppe, Enzo, piccoli agricoltori del territorio che ci sono sempre stati vicini».

(3 – continua)

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