«Io, papà di 7 figli e 30 anni di Alitalia, ora senza lavoro». Una ferita da sanare
sabato 23 ottobre 2021

Gentile direttore,
tra le notizie degli ultimi tempi, due in particolare mi attirano anche perché in qualche modo mi riguardavano in prima persona. La prima notizia è l’ennesimo dato negativo sulla natalità. Secondo le stime, il 2021 in Italia si dovrebbe chiudere con meno 400mila nascite. Se il dato venisse confermato e messo a confronto con l’anno 1964, quando le nascite superavano abbondantemente il milione, ci accorgeremo immediatamente della gravità della situazione in cui versa il Paese anche in chiave previdenziale. Da qui ha preso spunto Carlo Cottarelli, stimato economista, per dire che «servirebbe un meccanismo premiante: chi fa figli vada in pensione prima». Magari, dico io con 7 figli di età compresa tra i 15 e i 2 anni, finalmente potrò andare in pensione prima e dedicarmi esclusivamente alla famiglia! L’altra notizia è stata l’annuncio della chiusura delle assunzioni da parte di Ita, la nuova compagnia aerea. Lì, ho capito che mi sarei ritrovato senza lavoro, dopo 30 anni d’impegno in Alitalia e nonostante i miei gravosi carichi familiari che forse mi avrebbero dovuto dare priorità nell’assunzione. Allora mi permetto io di dare una ricetta per contrastare il declino demografico, semplice come scoprire l’acqua calda: basterebbe stabilire il divieto assoluto di licenziare le persone che hanno dal 4° figlio in su e non si comportano slealmente sul lavoro, cioè assicurare a loro e alle loro famiglie che non rimarranno mai senza stipendio. Vede, caro direttore, la cosa che fa più paura a una madre o a un padre di famiglia o a una giovane coppia che si vuole aprire alla vita è l’incertezza economica, quella di non riuscire a pagare la rata del mutuo o di non riuscire ad arrivare a fine mese. Tutto il resto, mi creda, sono chiacchiere.
Stefano Miccardi

Provo sempre a mettermi nei panni di chi mi scrive e di coloro dei quali scrivo. Non è facile e a volte è un’esperienza davvero faticosa, magari per mia inadeguatezza, ma qualche volta anche per l’asprezza delle posizioni altrui o per l’oggettiva inconciliabilità di quelle con valori di riferimento per me essenziali. Immedesimarmi con lei, gentile e caro signor Miccardi, è stato immediato. Così come il ritrovarmi a condividere la sua sofferenza e ad ammirare la sua pacatezza. La realtà che descrive è piena di rughe amare, ma il ragionamento che propone da cittadino attento, da onesto lavoratore e da padre di famiglia non fa una grinza. E le soluzioni che richiama sono provocatorie e utili. Non credo che si possano costituire “riserve indiane” per le famiglie numerose (anche perché le riserve di questo tipo hanno spesso imbalsamato storie e legittime attese e, persino, propiziato la loro “sterilizzazione”). Voglio dire che non si mettono al mondo figli perché si è protetti, o per diventarlo di più, ma perché si è vivi e responsabili e perché si sa che ogni figlio e figlia è un dono non una garanzia, una forza originale e anche imprevedibile e mai solo per noi. Ma sono altrettanto convinto che in una società civile non si possa far finta che i figli in una famiglia, e nella vita dei padri e delle madri, non ci siano. È semplicemente lunare ed è iniquo considerare i figli un fatto totalmente privato o addirittura un “lusso” che ci si concede! Ma soprattutto, oggi, restando nei suoi panni e in quelli di cittadino di questo Paese, mi auguro e le auguro di tutto cuore che la sua condizione di lavoratore “sospeso”, già in Alitalia, si risolva presto e che lei, sua moglie e la vostra bella e numerosa famiglia ritroviate la serenità che anche il lavoro degno e certo rende possibile.




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