lunedì 4 agosto 2014
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Gentile direttore,
poco più di un anno fa in Siria, nei pressi di Raqqa, abbiamo perso le notizie di un nostro fratello speciale, padre Paolo Dall’Oglio. Abuna, nostro padre, come ancora lo chiamano cristiani e musulmani nella martoriata terra siriana. Questo padre e fratello speciale io ho avuto l’onore di incontrarlo e conoscerlo. Abuna Dell’Oglio è riuscito, in trent’anni di testimonianza nella regione montuosa di Qalamun, a interpretare una vera spiritualità di dialogo e di fraternità. Un profeta nella modernità, che non ha mai nascosto sotto il tappeto le difficoltà insite nella pratica del dialogo tra cristiani e musulmani, la sua bussola però, è sempre stata la testimonianza umana, l’esperienza diretta. Una testimonianza di verità che lo ha portato a denunciare le barbarie e le violenze nel grande Paese mediorientale contro la popolazione innocente. Lo ha fatto ad alta voce, pagando per questo con l’espulsione dalla “sua” Siria. Abuna Dall’Oglio è un fratello scomodo perché ha rotto tutti gli schemi, un uomo amato da molti musulmani, visto con sospetto da alcuni cristiani e soprattutto odiato dai terroristi che bestemmiano il nome di Allah massacrando i cristiani, insieme a tutti i musulmani che non ubbidiscono ai loro proclami di sangue e violenza.
 
Un odio e una violenza contro i fratelli cristiani che i musulmani di tutto il mondo oggi hanno il dovere di condannare. Quando penso ad Abuna Dall’Oglio ricordo la sua fede incrollabile in una pace possibile tra gli uomini e la tenacia nella lotta alle ingiustizie. Penso anche alla sua pazienza nell’esercizio dell’ascolto di chi parla magari per sentito dire. Lui ascoltava, replicava e poi ascoltava ancora.
 
Nel 2012, espulso dalla Siria, nel salutare i fratelli di una vita scrisse sul suo blog parole bellissime: «Arrivederci, miei vicini, musulmani e cristiani, nel mio cuore siete un’unica nazione, la sola alla quale appartengo! Arrivederci a presto, se Iddio vorrà!». E allora, da musulmano prego per Abuna Paolo Dall’Oglio: che Allah, l’Altissimo, lo preservi da ogni male. In nome di Dio, il Dio della Pace. Con speranza, noi lo aspettiamo.
Khalid Chaouki, deputato del Pd
 
La sua invocazione al Dio della Pace e la sua speranza per padre Paolo Dall’Oglio sono anche le mie, gentile onorevole Chaouki. E mi conforta sapere che sono contenute ogni giorno nella preghiera e nel pensiero di tanti e di tante, e da essi vengono costantemente alimentate. Queste preghiere e questi intendimenti, questi vivi sentimenti di giustizia e di pace sfidano, con la forza inerme della buona coscienza e della fede rettamente vissuta, la logica assassina e distruttiva che governa le guerre in corso e soprattutto la terribile “guerra civile islamica” che ne alimenta la maggior parte. Non uso a caso questa formula, perché per la prima volta nella storia moderna – a lungo, invece, segnata da guerre civili europee “globalizzati” sino a farsi mondiali – lo scontro tra sunniti e sciiti e tra jihadisti e cosiddetti liberali è radice e principio della grande guerra che da troppi anni infuria semi-dimenticata nel mondo, mietendo innumerevoli vittime tra i musulmani stessi e continuando a fare dei cristiani e delle altre minoranze religiose dell’Asia e dell’Africa – in specie nel Medio Oriente e nell’area nordafricana e subsahariana – i bersagli di ogni sorta di intollerabile violenza. Ma è un dato di fatto: i cristiani pagano più di tutti il prezzo delle persecuzioni religiose e, a volte, vengono addirittura chiamati a rispondere, innocenti, di errori e orrori commessi da noi occidentali. Sono perciò doppiamente lieto, caro amico, di accogliere sulle nostre pagine la sua bella testimonianza per Abuna Paolo, che accompagna con una limpida condanna delle violenze anti-cristiane e un appello a parlare altrettanto forte e chiaro che rivolge ai suoi stessi fratelli di fede, purtroppo silenziosi e lenti allo sdegno persino di fronte ai blasfemi misfatti contro Dio e contro le persone commessi a Mosul come ad Aleppo dai fanatici jihadisti e dai miliziani dell’autoproclamato califfato siriaco-iracheno.
Credo che Dall’Oglio con la pazienza evangelica dell’ascolto e della proposta fraterna, ma anche con l’impazienza onesta e generosa della denuncia e della solidarietà, abbia offerto a tutti un esempio prezioso e, comunque, un serio punto di riferimento. In questo anno di fiduciosa attesa del ritorno tra noi di padre Paolo, abbiamo continuato a essergli grati del servizio che nel nome della “verità che fa liberi” ha reso a Cristo e, in modo davvero speciale e colmo d’amore, agli uomini e alle donne di Siria – cristiani e musulmani – incontrati lungo il suo cammino di prete cattolico e di gesuita.
Grazie anche a lei, caro onorevole, per le parole che ha saputo trovare e scrivere, dando loro un peso autentico e buono. E un augurio sincero di pace e di bene, che nel cuore di questa estate che continua purtroppo a essere segnata dalla guerra, dal dolore e dalla fatica di vivere e sperare si fa augurio di ogni possibile serenità per gli amici lettori. L’appuntamento, in questo spazio di dialogo, è a settembre.
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