«Christus vivit», il bello deve ancora accadere
mercoledì 3 aprile 2019

In un mondo che ama la giovinezza ma non i giovani e dimostra, attraverso le parole e le scelte, di dar loro poco credito, di lasciare loro poco spazio, quasi con la paura che rubino qualcosa agli adulti, papa Francesco arriva, ancora una volta, a spiazzare, a sparigliare le carte in tavola. Era già stata profetica la scelta di un Sinodo sui giovani, coraggioso il loro coinvolgimento nelle fasi preparatorie e durante tutta l’assemblea sinodale. Ora ci sorprende ancora, indirizzando direttamente a loro l’Esortazione apostolica che raccoglie i lavori del Sinodo e traccia orizzonti nuovi. Si apre così, nello spirito della Evangelii gaudium un processo inarrestabile, perché porre i giovani al centro del discorso vuol dire aprirsi alla novità e alla freschezza, mettere le generazioni in dialogo, un dialogo che cambia sia chi parla sia chi ascolta.

Cristo vive, è accanto a ogni giovane per portare vita, forza e speranza. È questo l’incipit e il messaggio fondamentale rivolto ai giovani cristiani, ma anche a tutto il Popolo di Dio. Si parte dalla consapevolezza che, come leggiamo nel Documento finale del Sinodo, molti giovani non hanno nulla da chiedere alla Chiesa, oppure chiedono di essere lasciati in pace. Ma vuole far arrivare comunque a tutti una parola di speranza. Christus vivit non raccoglie, dunque, un elenco di cose da fare, di passi da attuare dopo il Sinodo. È, piuttosto, un messaggio pieno di calore, di vicinanza e di speranza, che propone uno stile di presenza accanto ai giovani. Chiede a tutti di rinnovare lo sguardo che deve diventare capace di «valorizzare e alimentare i germi di bene seminati nel cuore dei giovani» (n. 67). Si colloca come naturale continuazione del percorso sinodale e rimanda in continuazione al Documento finale, sintesi di tutto ciò che nel Sinodo si è discusso.

I 9 capitoli di cui si compone l’Esortazione propongono un itinerario ben scandito che parte dai giovani: come sono visti nella Parola di Dio, Gesù sempre giovane, «vera giovinezza di un mondo invecchiato» (n. 32), e i giovani oggi come l’adesso di Dio. Si passa quindi all’annuncio, ai percorsi, ai rapporti intergenerazionali e alla pastorale, per giungere al tema della vocazione e del discernimento.

A giudicare dalla corposità e dalla densità del testo viene spontaneo chiedersi se possa facilmente giungere ai giovani, soprattutto a quelli che non frequentano spesso la Chiesa e gli oratori. L’alternanza di passi scritti direttamente per i giovani e riflessioni più generali rivolte a tutti ci induce a pensare che l’Esortazione, quando parla direttamente ai giovani, lo fa per far comprendere messaggio e linguaggio ai pastori, alle guide e agli educatori.

La stessa conclusione sembra sia su questa linea: «La Chiesa ha bisogno del vostro slancio, delle vostre intuizioni, della vostra fede. Ne abbiamo bisogno! E quando arriverete dove noi non siamo ancora giunti, abbiate la pazienza di aspettarci» (n. 299). Papa Francesco parla ai giovani chiedendo loro la pazienza, ma nello stesso tempo sta lanciando un messaggio agli adulti: sappiate che non avanziamo nella fede senza lo slancio e le intuizioni dei giovani, ne abbiamo bisogno; sappiate che molte volte ci precedono, e forse, stanchi di aspettarci, se ne vanno, si allontanano. Anche il linguaggio utilizzato nel rivolgersi direttamente ai giovani vuole essere un invito a saperci mettere sulla loro lunghezza d’onda, a sintonizzarci con loro: «Noi membri della Chiesa non dobbiamo essere tipi strani» (n. 36); Maria viene definita «influencer di Dio» (n. 44); la vita non è «una salvezza appesa 'nella nuvola' in attesa di venire scaricata» (n. 252).

I giovani sono invitati a prendere sul serio la loro vita, nella consapevolezza di essere un pezzo 'unico', ma sono anche chiamati a impegnarsi per una Chiesa che ha bisogno di essere ringiovanita. Prima di chiedere alla Chiesa di fare qualcosa per i giovani, il testo esorta i giovani a fare qualcosa per la Chiesa, soprattutto laddove è in difficoltà. La gioia che trapela dalla lettura dell’Esortazione, la fiducia nelle nuove generazioni ma anche nella Chiesa, ci dicono l’atteggiamento da assumere di fronte al futuro: qualcosa di bello deve ancora accadere.

È l’atteggiamento della speranza cristiana, quella «fondata non soltanto sulle nostre qualità e abilità, ma sulla Parola di Dio» (n. 141). Animati da questa speranza possiamo intuire che il percorso attraverso cui la Parola opera e si dispiega sulla terra va da una generazione all’altra (Sal 145). Ogni generazione, e quindi anche i giovani, ha opere di Dio da narrare alle altre. Possono narrare l’inedito di Dio. Il Sinodo, in tutte le sue espressioni, ci invita ad avere occhi e orecchie per saper leggere e ascoltare queste parole inedite.

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