Guardiamo in faccia chi scegliamo, e non sarà una «vuotazione»
venerdì 2 marzo 2018

Caro direttore,

siamo molto confusi e disorientati nella scelta di voto per le elezioni del 4 marzo. I nostri valori cristiani di riferimento non sono associabili a un solo versante politico. Ci spieghiamo meglio: il centrodestra dichiara di voler, ragionevolmente, valorizzare la famiglia, con interventi socioeconomici e fiscali, ma si scaglia contestualmente contro gli immigrati (non sono famiglie pure quelle?) e sponsorizza un certo giustizialismo (difesa “fai da te”, carcere senza “riabilitazione” e così via); il centrosinistra, dal canto suo, ha approvato leggi deleterie, che aprono la strada alle adozioni nelle coppie omosessuali e a un’autodeterminazione che potrebbe arrivare all’eutanasia, ma sembra più sensibile alle esigenze dei più poveri e degli stranieri che cercano una vita più dignitosa (malgrado, in verità, tale attenzione per i diritti di tutti stia naufragando nei campi di detenzione libici avallati anche dal governo uscente). Il “programma politico” della nostra famiglia è semplice: «Avevo fame e mi avete dato da mangiare; ero malato e mi avete curato; ero straniero e mi avete ospitato; ero carcerato e siete venuti a trovarmi ... ». Nessuna forza politica ci sembra in grado di garantire integralmente questo progetto cristiano.

Filippo e Tiziana Di Cuffa Formia (Lt)


Caro direttore,

nel corso della Prima Repubblica, anche nei periodi più discussi, non si era mai visto un livello di degrado politico come l’attuale. Molte promesse elettorali, se attuate, aggraverebbero il debito pubblico con conseguenze drammatiche per la stabilità dello Stato. Voteremo, inoltre, con una legge che rappresenta la sintesi del peggior sistema maggioritario e proporzionale, favorendo così l’ingovernabilità o l’inciucio. I partiti più responsabili, che non mettono in discussione l’euro, devono ricercare soluzioni concrete per conciliare la globalizzazione con la giustizia sociale e la sicurezza, superando una visione tecnocratica dell’Europa per sostenere, invece, una maggiore coesione politica e ideale. Concludo con le parole di Alcide De Gasperi: «La differenza fra un politico ed uno statista sta nel fatto che un politico pensa alle prossime elezioni mentre lo statista pensa alle prossime generazioni». Oggi in Italia non vedo statisti.

Bruno Cassinari Piacenza


Caro direttore,

l’Italia sta andando verso le... vuotazioni politiche che si terranno il prossimo 4 marzo. Vuotazioni, sì. Perché non sarà un voto, ma il vuoto. Pochissime le proposte accettabili e sostenibili che vengono dalla classe politica. Non ci sono proposte per il disarmo nucleare, non ci sono piani per un vero rilancio dell’economia, non c’è nulla per il ridimesionamento dell’Unione Europea (lasciando solo il Consiglio europeo e abolendo il Parlamento europeo e altro ancora ...), nulla contro il ladrocinio dei politici, nulla contro gli abusi della magistratura, nulla per l’ambiente e per l’avanzamento scientifico, nulla per una istruzione migliore. Il vuoto.

Francesco Baldini Ravenna


Caro direttore,

domenica andrò a votare. Perché è un diritto, perché è un dovere e perché non ci si può chiamare fuori: su questa barca – poco o tanto, convinti o no – tutti siamo corresponsabili per quel che possiamo. Ma sono davvero avvilito. A ogni tornata elettorale – voto da tanti anni – mi ritrovo, ogni volta di più, a guardare le liste e i candidati con un senso di sconforto. Cerco di mettere a fuoco i programmi, le idee, gli stili, le sensibilità dei vari raggruppamenti... ma non trovo grande consolazione. Alcuni messaggi sono vestiti di candido buonsenso (ma con quanta consistenza reale?); altri sono squinternati, palesemente sparati per far colpo sugli umori della giornata. Purtroppo succede anche che gli uni e gli altri escano dalle stesse bocche, aumentando il disorientamento. Davanti ai fac-simile delle schede elettorali non mi è difficile individuare liste/candidati che, nonostante gli atteggiamenti concilianti del momento, so essere molto lontani dai miei princìpi. Ma dopo? Tra quelle che restano, stento a vederne una che emerga con qualità confortante... Non mi resta che cominciare a depennare la “peggiore”, poi la peggiore delle “meno peggio”, e così via... Per restare forse con la “meno peggio” n.1. E darle fiducia, come se fosse un voto convinto. Ma che entusiasmo! Per non terminare troppo mogi, gradisca un rinnovato apprezzamento per il lavoro suo e dei suoi colleghi di “Avvenire”.

Antonio Genuin Sedico (Bl)


Caro direttore,

sono settimane che qui a Milano ci confrontiamo tra di noi sul da farsi in vista delle elezioni politiche e regionali del prossimo 4 marzo. L’instabilità è a livelli spaventosi: nascono accrocchi politici dell’ultima ora a scopi puramente elettorali, si rincorrono posizioni estreme, i leader fanno promesse spesso prive di credibilità. Siamo giovani cattolici provenienti da esperienze diverse, impegnati nella vita politica e culturale della nostra città e del nostro Paese, e oggi non sappiamo per chi votare, né dove portare il nostro contributo. Solo per elencare alcune delle principali opzioni: nonostante più di uno avesse riposto le proprie speranze in Renzi, si fa fatica oggi a votare il Pd, che con gli ultimi Governi ha promosso una linea disastrosa sui temi etici (dal divorzio breve, alla legge Cirinnà sulle unioni civili, fine vita); si fa fatica a votare Forza Italia, partito dal futuro quanto meno incerto e che, al di là del combattivo (ottantunenne) Berlusconi non sembra esprimere alcunché; si fa fatica a votare Lega Nord, partito sbilanciato su posizioni e toni estremi; si fa fatica a votare Movimento 5 Stelle, realtà governata da un oscuro meccanismo informatico, eterogenea, che ha voluto quale proprio leader un trentenne impreparato. E le formazioni minori, anche innovative, appaiono destinate a essere tagliate fuori da sbarramenti elettorali e mediatici. Sembra insomma che non ci sia posto per noi, caro direttore, se non a costo di pesanti compromessi. Chiediamo troppo se invochiamo, a dire il vero senza ormai crederci più di tanto, una rappresentanza politica per i giovani cattolici in Italia? Secondo lei che cosa potremmo fare oggi per dare il nostro voto in modo costruttivo?

Francesco Migliarese, Luigi Colantuoni, Filippo Bini Smaghi, Maria Paola Murdolo, Emanuele Rainoldi, Alessio Galimi, Francesca Rocco, Maurizio Maesani, Salvatore Perdichizzi, Sasha Wijeyesekera, Alessandro Sudati, Tommaso G. Molteni, Andrea Moraschini


Caro direttore,

stiamo per andare alle urne. E io vorrei tornare alla Messa celebrata da papa Francesco il 17 gennaio, nell’aerodromo di Maquehue a Temuco, nel Sud cileno, e alla sua intensa omelia centrata sull’invito alla non-violenza e alla ricerca dell’unità: «L’unità è una diversità riconciliata». Vorrei tuttavia soffermarmi su un passaggio che ha a che fare soprattutto con la politica e che mi ha colpito. Dice il Papa: « ... dobbiamo essere attenti all’elaborazione di accordi “belli” che non giungono mai a concretizzarsi. Belle parole, progetti (...) necessari, ma che, se non diventano concreti, finiscono per “cancellare con il gomito quello che si è scritto con la mano”. Anche questa è violenza». Non ci sarei mai giunto da solo a pensare a questo tipo di “violenza”, ostacolo all’unità: quali grandi conseguenze può avere questa interpretazione sul piano della costruzione e della valutazione delle politiche (nazionali e internazionali)! Qui in Italia siamo in campagna elettorale in vista delle elezioni politiche del prossimo 4 marzo: passerà mai per la mente della più parte dei nostri leader politici – almeno di quelli che ispirano il loro “fare” alla visione cristiana – che possono essere “violenti” anche solo calcando pedissequamente vecchie abitudini parolaie? Intravvedo però, positivamente, qualche timida, innovativa eccezione... Il realismo, quello sano, è, come sappiamo, una buona medicina contro ogni forma di populismo. Non è in contraddizione con il “sogno”, alla maniera, però, di Gandhi o di Martin Luther King. Un “sogno”, cioè, che si costruisce poco a poco, e avanza tenacemente e concretamente. Non solo belle parole, dunque. Non facili o visionarie promesse immancabilmente poi non mantenute.

Renato Omacini Lido di Venezia


Ci siamo. Tra 48 ore si vota. E ancora quanta incertezza, quanta perplessità, ma anche – e questo è bello – quanta poca rassegnazione... Non ne sono affatto stupito. Ecco perché, sin dal primo avvio della campagna elettorale, abbiamo fatto spazio sulle nostre pagine a questioni-chiave per la vita della gente, offrendo la possibilità a partiti e movimenti di dire con chiarezza la loro: famiglia e natalità, lavoro e sostenibilità, governo dei fenomeni migratori, cittadinanza, scuola, povertà, scelte fiscali... Per di più abbiamo aperto un ampio dibattito sul peso del debito pubblico e su ciò che si può e si deve fare per affrontare un problema che condiziona le nostre politiche e il nostro contributo alla costruzione europea, ma che tutti (o quasi) hanno finito per rimuovere e nascondere tra i fuochi d’artificio di smisurate promesse pre-elettorali. Le lettere che ho scelto, tra le tante arrivate in redazione e che hanno molto assorbito la mia attenzione in queste settimane, mi pare che rendano bene l’atteggiamento preoccupato ed esigente dei nostri lettori all’antivigilia del 4 marzo. Gli italiani, domenica, potranno usare una legge a forte impronta proporzionale, eleggendo un Parlamento potenzialmente in grado di rappresentarli come non avveniva da tempo. Ma non potranno indicare un chiaro quadro di governo, se non consegnando una valanga di voti a uno dei tre principali schieramenti (centrodestra, centrosinistra, 5 Stelle). Potranno eleggere il proprio deputato e senatore senza 'preferirli', a causa di liste brevi ma sempre bloccate e collegi uninominali con candidature decise dall’alto. Ma potranno, se vorranno, scegliere il 'loro' partito e scrutare i nomi che gli danno volto, testa e cuore. Io voterò così. E non sarà una «vuotazione», come protesta un amico lettore. Ma neppure una scelta facile. Deciderò, nonostante questa legge non me lo renda facile, guardando in faccia i candidati, tenendo conto della 'compagnia' e dei programmi con cui si presentano. Non terrò in tasca il mio voto, e non lo getterò via. C’è chi mi convince abbastanza per meritarlo. Ma subito dopo tornerò a battermi perché la possibilità di scelta degli italiani, la prossima volta che voteremo, sia ancora più piena e l’offerta migliore.

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