venerdì 7 ottobre 2011
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Caro direttore,
mi sembra che l’Italia del 2011 con tanti profeti politici ed imprenditoriali che danno ricette a go-go per risolvere la situazione italiana assomigli all’Europa del Congresso di Vienna del 1814 quando pensava che la Rivoluzione francese e Napoleone Bonaparte fossero solo "accidenti" della storia e che l’orologio potesse tornare indietro dal 1814 al 1789 senza alcun problema. Però coloro che erano stati alleati per lungo tempo uniti solo dal collante anti-Napoleone già al tavolo del Congresso di Vienna cominciarono a litigare tra loro in quanto gli interessi in Europa era diversi ed ognuno dei vincitori  cercava più spazio a scapito degli altri alleati di ieri finche’ non ci fu il ritorno di Napoleone nel 1815 che perse la battaglia decisiva solo per le piogge non certo per ragioni militari anche se la Grande Armeé del 1815 non era più quella di Austerlitz dopo la disastrosa campagna di Russia. In Italia, oggi, tutti vedono Berlusconi finito, mentre è ancora bene in sella dopo aver superato vari agguati parlamentari a cominciare da quello del 14 dicembre 2010 quando iniziò a calare la stella finiana, e sperano nell’opposizione giudiziaria visto che l’opposizione politica è unita a parole ma assai meno nei fatti concreti. Credo che il presidente Berlusconi dovrebbe stare sulla riva del fiume e lasciar litigare tra loro i troppi avversari sia della prima ora sia dell’ultima ora, uniti solo nel dire «Berlusconi a casa», presuntuosi e innamorati di se stessi. Li batterebbe uno alla volta come fece per anni e anni Napoleone.
 
Mario Lauro
 
 
La storia dice che nessun Napoleone è eterno, caro signor Lauro. E se è vero che il divide et impera è una legge antica e solida della politica, è ancor più vero che chi è saggio, e si rende conto di guidare truppe reduci da una "campagna disastrosa", sa prendere atto con generosità della conclusione di una vicenda (ha ragione lei, caro amico, gli orologi della storia non tornano mai indietro) e magari evita di preparare per i suoi e per se stesso una Waterloo.
Certo, è anche vero che se nessun Napoleone è eterno, nessuna battaglia è mai persa in partenza. Ed è vero che non tutte le battaglie si vincono o si perdono alla stessa maniera. Ci sono modi eroici o cinici, terribilmente sanguinosi o genialmente incruenti, gloriosi o assolutamente ingloriosi. La mia personale opinione è che il presidente del Consiglio farebbe bene a tenerlo presente. L’ho già scritto molte volte e l’ho sentito ribadire tante altre e con grande autorevolezza. Penso che sia giusto ripeterlo (senza temere di fare "prediche inutili"): chi ha il dovere di governare un Paese non può sottrarsi al dovere dell’esemplarità, sempre, sia in ciò che fa sia in ciò che dice. E tra la volgarità di cui il premier ha fatto sfoggio ieri alla Camera e l’esemplarità la rima c’è, ma è ferocemente stridente.
Per qualcuno, forse, dire questo è persino poco, anzi è un "silenzio". Per chi ha l’idea che abbiamo noi della politica e del servizio che in essa si può e si deve svolgere è, invece, moltissimo. Qualcun altro potrebbe dire che quella di ieri a Montecitorio per il presidente Berlusconi non era una battaglia era solo un’occasione come un’altra. Per un capo di governo ogni occasione è una buona occasione. E questo è un momento in cui bisognrebbe dire qualcosa di giusto a un Paese che vive un tempo duro e ingiusto. Già, quella di ieri era "solo" una buona occasione. E lui l’ha persa. Male, volgarmente male.
Marco Tarquinio
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