domenica 20 febbraio 2011
COMMENTA E CONDIVIDI
La settimana che si era iniziata con l’eco delle grandi manifestazioni femminili suscitate dal "caso Ruby", che sembrava destinata a portare il segno forte dell’appena celebrata fondazione ufficiale di Futuro e Libertà sull’onda di una strutturale critica a Silvio Berlusconi ed è stata subito caratterizzata dalla decisione del gip di Milano di rinviare a giudizio, con rito immediato per concussione e prostituzione minorile il capo del governo, era considerata da molti quella più difficile e forse insuperabile per il governo. Tant’è che era balenata persino l’ipotesi di uno scioglimento da paralisi politica del Parlamento. Invece, paradossalmente, proprio in questi giorni il consenso per l’esecutivo alla Camera ha raggiunto e superato seppure di poco la maggioranza assoluta, mentre al Senato i numeri a disposizione del governo si sono rafforzati in modo significativo. Naturalmente, ciò non vuol dire che le prospettive della legislatura, che apparivano catastrofiche pochi giorni fa, si siano tinte improvvisamente di rosa. Tensione, sconcerto, diffidenza generalizzata, perfino sentimenti di disgusto per la politica e i suoi protagonisti continuano a dare il carattere di fondo alla situazione italiana. Non è detto che analizzare le vicende che si determinano nell’azione delle forze politiche contribuisca a comprendere le tendenze profonde del Paese, ma in una democrazia rappresentativa, ovviamente, la vicenda parlamentare ha un peso rilevante e, sul terreno istituzionale, decisivo. Nella maggioranza si fa più consistente la pressione identitaria nella Lega e della Lega, che deve reagire alla battuta di arresto subita con la bocciatura in commissione del cosiddetto "federalismo municipale". Il modo che è stato scelto per dare visibilità esterna a questa pressione identitaria è stata la polemica sulla festa del 17 marzo, che esprime una differenza ma non una rottura con l’alleato di governo, mentre manda in soffitta il dialogo tentato da Pd e Fli con il partito di Umberto Bossi per un federalismo da approvare senza e contro Berlusconi. Si vedrà se le tensioni innestate dalla Lega (e quelle un po’ meno visibili, ma reali che si agitano al suo interno) avranno effetti di più ampio respiro, nel qual caso la navigazione, già difficile, del governo, potrebbe arenarsi definitivamente.Non stanno meglio, peraltro, le opposizioni. Il partito di Gianfranco Fini fatica a decollare e la sua rappresentanza parlamentare, che in assenza di riscontri elettorali è la risorsa principale su cui può contare, subisce fenomeni di erosione piuttosto vistosi, che fanno intendere che la scelta del passaggio all’opposizione (non accompagnata da una proposta positiva credibile) non basta a tenere in piedi una formazione politica. Nell’area centrista, che ha perso com’era prevedibile il collegamento col partito sudtirolese (che non ha interesse a finire insieme agli epigoni di Alleanza nazionale, con cui ha sempre avuto rapporti assai tesi), prevale la preoccupazione di non essere confusi in un’ammucchiata antiberlusconiana, il che ha spinto Pier Ferdinando Casini a respingere di nuovo – l’aveva già fatto in un’intervista a questo giornale – e, stavolta, con una certa ruvidezza l’invito a un’intesa che era stato enunciata non solo da Pierluigi Bersani ma persino da Nichi Vendola. Il Partito democratico, che per le sue dimensioni maggiori dovrebbe rappresentare l’architrave delle opposizioni, subisce invece i tentativi di eterodirezione che vengono da alleati potenziali o da ambienti mediatici. E per di più continua a subire l’emorragia di esponenti di ispirazione cristiana; il fatto stesso che questo non faccia quasi più notizia segnala un problema grave e rischia di certificare la sua incapacità di svolgere una funzione inclusiva. Lo scontro, verbale e parlamentare, appare fortissimo, ma i soggetti che lo conducono, per una ragione o per l’altra, appaiono invece, tutti o quasi tutti, nettamente indeboliti. Non è certo una situazione rassicurante, specialmente quando c’è da fronteggiare un’offensiva iper-rigorista sul debito che viene dal Nord Europa e un ribollire colmo di incognite sulla sponda meridionale del Mediterraneo.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: