martedì 29 dicembre 2015
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Una squadra di Calcio a 5 femminile ritirata per minacce malavitose è una notizia che si può leggere in due Paesi: la Colombia dei narcos e l’Italia delle cento mafie. Che il «calcio fa gola ai capimafia», lo vanno ripetendo, da tempo e in coro, alcuni dei nostri migliori magistrati. A differenza del grande calcio, in quello a 5 femminile, sia pure di Serie A, di una realtà come lo Sporting Locri non girano neppure così tanti soldi da ingolosire i capiclan. Eppure, qualsiasi sia l’interesse marcio che cova sotto quel campo di calcetto ci troviamo di fronte a un sopruso inaccettabile. Lo stop alle ragazze di Locri è di una violenza inaudita, l’ennesima perpetrata contro la parte più sana della nostra società.  La meglio gioventù, e per di più quella del solito Sud abbandonato a se stesso, si ritrova con lo spogliatoio chiuso da 'anime nere' che non hanno nessun rispetto per lo sport sano, pulito e 'rosa', quindi per tutto ciò che rende socialmente più utile e normalizza una realtà costantemente a rischio come quella della Locride. Il calcio qui più che altrove vuol dire riscatto, voglia di esserci e non venire relegati ai margini e lo si capisce dallo sfogo appassionato della più giovane delle ragazze dello Sporting, la 21enne Rosanna Rovito quando dice: «Volevamo dimostrare che si può fare bene anche in una terra difficile come la nostra». Il «volevamo», appartiene al primo tempo, quello della rabbia e delle lacrime sue e delle tredici compagne di squadra alla notizia del ritiro forzato dal campionato, a cui è stato costretto il loro presidente, Ferdinando Armeni. Ora però si gioca il secondo tempo, quello della solidarietà concreta e dell’appoggio incondizionato perché la sfida riprenda subito.  Che sia una 'ripresa' in ogni senso di una partita alla quale siamo chiamati tutti in quanto cittadini di questa strana Repubblica fondata anche sul pallone. La paura in questo momento è in vantaggio, ma adesso scendono in campo i valori forti della società civile e la dura resistenza delle ragazze di Locri che vogliono continuare il loro sogno di cuoio. Per loro valgano le parole di un grande narratore di calcio come Eduardo Galeano: «Se non ci fosse il diritto di sognare, tutti gli altri diritti morirebbero di sete».
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