martedì 29 marzo 2016
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G iampaolo Pansa è maestro di giornalismo. Personalmente lo ricordo a metà degli anni 80 agli incontri politici e ai Congressi di partito, armato di binocolo per arricchire il 'colore' delle sue note di cronaca. Eccolo, vivace come sempre domenica su 'Libero' (p. 1 e interno): «Siamo in guerra. Non imitiamo i bimbi del Belgio». L’imperativo cortese ricorda che la «nonna per ammonirlo» gli diceva di «non fare come i bambini del Belgio, così stupidi da non accorgersi neppure che i tedeschi gli tagliavano la mano destra» perché da grandi non imbracciassero armi, e lui aggiunge: «una leggenda senza fondamento, naturalmente». Leggenda? Non del tutto, e con tragico fondamento proprio a proposito del Belgio: storia di un gigantesco crimine. La realtà è che Leopoldo II, re del Belgio dal 1865 al 1909 e alla lettera 'padrone assoluto' del Congo, provocò la morte di milioni e milioni di congolesi, resi schiavi e impegnati nell’estrazione della gomma. E per coloro che non rispettavano i ritmi obbligati di superproduzione c’era proprio la mutilazione, con il taglio della mano destra. È il più infamante crimine internazionale del XIX secolo! Quel delitto del re dei Belgi, protratto per decenni, è ricordato da fior di scrittori tra cui Arthur Conan Doyle e Mark Twain con la sua satira del «Soliloquio di re Leopoldo», ma soprattutto da Joseph Conrad nel suo spaventoso «Cuore di tenebra». La nonna di Pansa da bambina aveva sentito quei racconti, e poi a lui bambino ne parlava dando però la colpa ai tedeschi, avendo poi Hitler fatto cose anche peggiori. Talora anche le nonne hanno ricordi confusi. I «bimbi belgi» non c’entravano. Oggi in Belgio i crimini sono reali, anche contro i bimbi, ma quella similitudine no. Pansa resta gran giornalista, anche se la nonna faceva confusione. E l’attualità impegna tutti. © RIPRODUZIONE RISERVATA Lupus in pagina
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