mercoledì 24 giugno 2015
COMMENTA E CONDIVIDI
Caro direttore,
c’è un solo modo per evitare che una grande manifestazione di piazza, anche se significativa e provvidenziale, resti un evento isolato: usare quotidianamente la ragione per informare e convincere. In piazza San Giovanni sabato scorso si è ripetuto: “Non siamo contro nessuno. Siamo per la famiglia, quella vera”. A me pare che per convincere bisogna premere l’acceleratore ancora di più su ciò che è positivo, bello, vero, entusiasmante, stupefacente, moderno. Il punto di partenza è il figlio. Il dibattito sul disegno di legge Cirinnà e sul “gender” è l’occasione per una riflessione profonda sul figlio. Perché nessuno può esistere se non come figlio? Perché il succedersi delle generazioni? In definitiva: chi è il figlio? Queste domande appartengono alla modernità, tant’è vero che la convenzione universale sui diritti del fanciullo del 1989 (art. 3) stabilisce che in ogni scelta bisogna tener conto prioritariamente dei diritti e degli interessi del bambino. Dunque proprio pensando ai figli possiamo interpretare la realtà e organizzare meglio il nostro vivere insieme. Questo è anche un modo di ragionare laico, tant’è vero che proprio pensando ai figli si comprende la ragione per cui la laicissima dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (e le convenzioni che ne sono derivate) qualifica la famiglia come nucleo fondamentale della società e dello Stato. Perché la “fondamentalità” se non perché la famiglia attraverso i figli garantisce l’esistenza stessa delle società e la loro speranza? Ciò che è fondamentale riguarda il bene comune: dunque la famiglia deve essere promossa e collocata nell’ambito del diritti pubblico. Certo: lo Stato moderno deve anche garantire la libertà di tutti, anche di coloro che hanno diverse tendenze sessuali. Ma l’esercizio di queste tendenze non può essere considerato fondamento della società e dello Stato. Appartiene alla sfera privata dove è richiesta soltanto la garanzia contro possibili violenze e compressioni della libertà.
Dobbiamo essere molto grati a coloro che con tanta fatica, passione e intelligenza hanno organizzato la manifestazione di piazza San Giovanni “Difendiamo i nostri figli”. Ora dobbiamo impedire che l’uso della ragione sia ostacolato da operazioni di diversione (già in corso) che vorrebbero immiserire la coralità dell’incontro in nome dei figli, rappresentandolo come frutto e manifestazione di divisione tra associazioni e movimenti cattolici, tirando addirittura in ballo il Papa e i vescovi e contrapponendo, manco a dirlo, i cattolici ad altri credenti e laici (che in piazza con i cattolici, e in modo davvero significativo per il nostro Paese, invece c’erano). Per evitare che in questo modo l’evento del 20 giugno sia chiuso tra parentesi e alla fine privato delle sue potenzialità, è ora necessario l’uso della ragione quotidiana, la dimostrazione della bellezza ed essenzialità della famiglia fondata su un pubblica permanente assunzione di responsabilità di un uomo e di una donna, la prova di una unità, non solo ideale ma anche strategica, dei credenti, compresi coloro che sono impegnati in politica. È la condizione e il presagio di una unità più grande: quella di tutti gli uomini.
Carlo Casini
Al caro amico Carlo Casini, grande animatore di battaglie generose e disarmate a favore della famiglia grembo di futuro e della dignità assoluta della vita umana sin dal suo primo inizio, posso solo confermare che serve assai più coraggio e più lucidità per dar voce a una salda e aperta «ragione quotidiana» che per affrontarsi, magari inveendo, da contrapposte trincee di pregiudizi e di reciproche ostilità. Così come posso solo convenire con la coppia di lettori pesaresi, coniugi e medici in prima linea nel coniugare scienza e vita, che incalzano coloro che hanno responsabilità politica. E soprattutto tirano la giacca a Matteo Renzi, che è alla guida del governo e del partito di maggioranza relativa. Per fare quel “mestiere” ci vuole anche una vera e umile capacità di ascolto del Paese reale e delle sue voci pacifiche e forti, proprio come le voci fatte echeggiare dalle famiglie di piazza San Giovanni a Roma. Una parte del mondo politico ha trovato parole e sta cercando di declinare risposte (vedremo quanto appropriate) alle questioni che su queste pagine si vanno ponendo da tempo e che ora sono state sollevate, con forza, “dal basso” (in realtà “dall’alto” di un libero e laico esercizio di cittadinanza). Il premier ha preferito tacere. Speriamo di capire presto se questo silenzio eccellente sia dovuto – come gli amici pesaresi temono – a un’inspiegabile noncuranza oppure – come io mi auguro, ricordando il coraggio di ormai lontane parole e scelte di Renzi – a un sano supplemento di riflessione. Sono uno di quelli che non disperano mai, i lettori ormai lo sanno. E spero davvero che si apra sempre più, e finalmente porti frutto, la stagione della «ragione quotidiana» evocata dal presidente Casini. Bisogna, cioè, che emerga la voglia di vivere e testimoniare l’attraente e utile bellezza di ciò in cui crediamo e, in questo mondo segnato dalla cultura individualista, il valore della famiglia aperta all’accoglienza della vita e generatrice di solidarietà, mettendo comunque al primo posto i piccoli, i figli che non sono bandiere da usare e tantomeno oggetti di “diritti” rivendicati dagli adulti. E bisogna che si compia con tenacia e coerenza la fatica buona di dialogare con coloro che la pensano (in tutto o in parte) diversamente da noi. Papa Francesco ci chiama a vivere così la nostra vita cristiana: «In uscita». E ciò, anche su questo concordo con Carlo Casini, è l’esatto contrario di viverla in polemica con i pastori e con i fratelli.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI