mercoledì 8 dicembre 2010
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I dati dell’ultimo rapporto "Pisa" relativi alla qualità dell’istruzione nel nostro Paese possono essere letti focalizzando tre punti particolarmente significativi, su cui vale la pena, "a caldo", fare qualche riflessione. Il primo è il complessivo recupero dell’Italia rispetto agli altri Paesi dell’Ocse. Non è difficile rendersi conto delle ragioni. A partire dall’infausta riforma che, in nome di una malintesa modernizzazione, aveva abolito gli esami di riparazione, sostituendoli con l’attribuzione dei debiti scolastici, si è trascinato per molti anni nella scuola italiana l’assurdo meccanismo che permetteva agli studenti di andare avanti portandosi dietro le proprie lacune culturali, anche gravissime, senza essere obbligati a colmarle. In questo modo gli asini venivano premiati e i meritevoli finivano per essere demotivati. Per la scuola, un suicidio.Prima con il ministro Fioroni, poi con il ministro Gelmini, che ne ha confermato e rafforzato con decisione la linea, si è finalmente ristabilito il principio che non si può passare da una classe all’altra se non si sono colmati i debiti dell’anno precedente. Una svolta che sicuramente ha un peso decisivo nel processo di riqualificazione del nostro sistema d’istruzione, registrato dal rapporto "Pisa". E riqualificazione avrebbe potuto probabilmente essere ancora più piena e consentire all’Italia di portarsi senz’altro alla media dell’Ocse, se la scuola, come tutti gli ambiti della cultura, non avesse subito in questi ultimi anni vistosi tagli, a favore di altri settori più immediatamente "produttivi".Il secondo punto che ci sembra da segnalare è la riduzione della distanza che separava il rendimento scolastico degli studenti del Nord da quello degli alunni del Sud. Pur se al Nord restano dei picchi di eccellenza che il Meridione non conosce. Anche qui si possono individuare delle spiegazioni abbastanza plausibili. Prima fra tutte la concentrazione degli aiuti europei, da parte dello Stato, su Campania, Sicilia, Calabria e Puglia attraverso un Piano operativo nazionale (Pon) varato nel 2007. E c’è stato anche il piano di sensibilizzazione, lanciato nel 2008 dall’Invalsi e dal Ministero, volto a rendere più attenti gli insegnanti al significato delle rilevazioni "Pisa".Resta da chiedersi se siamo davanti anche a un maggiore impegno, da parte dei docenti meridionali, dopo le reiterate accuse nei loro confronti. Non sapremmo rispondere. Resta vero che le condizioni sociali ed economiche dei territori in cui essi si trovano spesso a operare giustificano ampiamente il permanere di un dislivello di risultati "assoluti", rispetto al Nord, che non si può e non si deve scambiare con un minore rendimento relativo. Bisogna sempre guardare il punto di partenza degli alunni, per giudicare il lavoro del docente. Questo non è il compito del rapporto "Pisa", ma ci consiglia prudenza nell’interpretarlo.Resta la conferma della buona qualità, assoluta e relativa, dei risultati che si ottengono al Nord, soprattutto in Lombardia e specialmente nel campo della formazione professionale.Il terzo punto che, nel rapporto, vogliamo evidenziare, è il maggiore grado di apprendimento delle ragazze rispetto ai ragazzi. Un dato che può sorprendere solo chi non si è ancora reso conto che siamo davanti a una svolta epocale, per cui l’emancipazione femminile sta determinando un capovolgimento degli antichi rapporti tra i sessi. Anche sulla base di un’atavica percezione delle maggiori difficoltà a cui in passato andavano incontro per fare valere le loro qualità, oggi mediamente le donne investono nei loro rispettivi compiti un’attenzione e una costanza spesso superiori alla maggior parte dei loro colleghi maschi. Così è anche tra gli studenti, come sa bene chi ha familiarità con l’insegnamento.Sono risultati che "fotografano" una realtà in forte divenire e che non devono essere, perciò, eccessivamente enfatizzati. Ma sono indicativi di una tendenza in atto che vede la scuola italiana in cammino e con esiti tutto sommato incoraggianti. Sta a noi – ognuno per la sua parte – contribuire a rendere ancora più decisa la crescita in atto.
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