sabato 26 dicembre 2015
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Nel solo giorno di Natale, 751 profughi e migranti sono stati soccorsi nel Canale di Sicilia dalla Guardia costiera e dalla Marina militare; tremila, nell’arco della settimana delle feste. Nel clima insolitamente mite, nel mare calmo di questo strano inverno i viaggi dei barconi proseguono come fosse primavera. E così soltanto il 25 dicembre si sono salvate 751 vite: che sono la popolazione di un piccolo paese, ma, a guardare bene, qualcosa di molto più grande.Se ciascun uomo con la sua storia e le sue speranze è un mondo, è una costellazione di mondi quella dei volti degli uomini, delle donne e dei bambini tratti in salvo dai gommoni stracarichi, dalle barche di legno col motore sfiatato alla deriva in mezzo al mare. Ne abbiamo poche immagini, file di occhi neri fissi sulla salvezza, madri che stringono in braccio fagotti - e con il velo che portano sul capo ci ricordano le Madonne dei nostri presepi.Non conosciamo che poco del grande lavoro degli uomini di quelle navi e motovedette, che anche a Natale non sono tornati a casa, e sono rimasti a battere le rotte dei profughi: a raccogliere, nel grande silenzio del Mediterraneo, il debole Sos di imbarcazioni da nulla, ma gremite. E, ogni volta, la prua volta verso quel grido di aiuto, ogni volta il lento avvicinamento, e le caute manovre e gli appelli perché il trasbordo avvenisse con calma, senza panico. Ogni volta coperte e bevande calde, e cibo, e gente che si raggomitola sul ponte, ancora tremante ma al sicuro, e stretta ai suoi figli.«Siano ricompensati con abbondanti benedizioni quanti si adoperano con generosità per soccorrere e accogliere i numerosi migranti e rifugiati», ha detto il Papa a San Pietro il giorno di Natale, e questa parola è anche per loro, per gli uomini della Guardia costiera, per quelli della Marina, per tutti quanti accolgono nei porti con generosità di tempo e di umanità la moltitudine che sbarca.Mentre non possiamo dimenticare che quasi nelle stesse ore, nel mare della Grecia, il 23 dicembre sono annegati ancora in dieci, di cui cinque bambini; e alla vigilia di Natale, al largo della Turchia, altri otto migranti sono affogati, e sei erano bambini. Notizie che non hanno trovato grande eco sui media delle feste. Ma non dobbiamo abituarci a questa scia di morti, alla morte quotidiana nel Mediterraneo. Perché ciascuno di quei sommersi, o salvati, è un uomo e quindi un mondo.Cerchiamo di immaginarceli, i volti sconosciuti dei tratti in salvo in Italia in questo Natale 2015, cerchiamo di immaginare da dove vengono, per fuggire così disperatamente, e quali speranze si portano addosso. Ci sono molti ragazzi e bambini, anche soli, mandati dalle famiglie alla ventura in Occidente. Ce ne saranno che, accolti, con fatica e tenacia lavoreranno e studieranno. Che cosa diventeranno? Magari fra quei ragazzini, spaventati da un mare che non avevano mai visto, c’è il medico che fra vent’anni ci curerà, quando saremo vecchi. O forse fra i 751 sbarcati di Natale c’è un ragazzo che saprà scrivere, e raccontare quel viaggio, quelle notti, quel mare, come noi non li sappiamo immaginare; così che leggendo ci immedesimeremo, e capiremo davvero cosa è stata, quell’odissea. O ancora nel manipolo di profughi di Natale c’è, chissà, un bambino che diventerà un sacerdote, e porterà il suo volto dalla pelle ambrata o scura nelle nostre case, e incontrarlo sarà una benedizione. Comunque tra quei 751 ci sarà tanta gente che resterà qui, che lavorerà, e avrà figli che saranno italiani. E rimarrà nei padri e nei figli la memoria di quel giorno lontano di dicembre - il mare, l’orizzonte infinito, il silenzio, e infine, lontano il profilo di una nave che si avvicina, e facce e voci amiche di uomini che dicono di non aver più paura. Da quel mondo che sono 751 uomini e donne nascerà un mondo più grande, e si ramificherà in mille rivoli e storie.Forse un giorno qualcuno racconterà del Natale 2015, ormai lontano. E la benedizione dei salvati e dei loro nipoti si rinnoverà nel ricordo, parola riconoscente agli uomini che in quel Natale, lontani da casa, come in una ronda percorrevano il mare: tesi a captare un Sos, e ancora una volta, fedeli a uno sconosciuto prossimo, a volgere la prua.
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