Edifici abbandonati in città una ricchezza da rivalutare

Recuperare per non costruire. Occasione per la comunità
November 1, 2018
Edifici abbandonati in città una ricchezza da rivalutare
L’ex Manifattura Tabacchi di Milano riqualificata
Non ci sono solo le città fantasma, ci sono anche tanti fantasmi, e in tutte le città. E non vagano, ma occupano inutilmente spazi che potrebbero invece trovare usi importanti. Sono i tanti edifici vuoti che si sono accumulati un po’ ovunque nelle città, mentre l’edificazione avanza mordendo porzioni sempre più vaste di verde e di campagna. Strutture abbandonate, veicoli di degrado urbano, come quelle che nella periferia di Milano sono state ancora di recente occupate da famiglie senza casa, poi sgomberate dalla forza pubblica; o edifici fatiscenti, calamite di degrado umano e sociale, come lo stabile in un quartiere della 'movida' romana in cui è stata abusata e uccisa la giovane Desirée. Tante case vuote e nuove case che vengono costruite. Non avrebbe più senso recuperare e riutilizzare quanto è già presente?
«Certo! – esclama Stefano Della Torre, ordinario di Restauro al Politecnico di Milano –. Dove ora c’è abbandono vi sono in realtà possibilità di riuso. Si tratta di vedere come procedere. Perché non c’è una regola, a parte le leggi riguardanti la protezione cui sono soggetti le architetture riconosciute di pregio storico. Personalmente ritengo che sia relativamente semplice cambiare destinazione d’uso pur senza apportare mutazioni drastiche agli edifici esistenti». Così che il panorama urbano può restare più o meno immutato... «Consideriamo un paio di esempi – spiega Della Torre – come esercizio, negli anni passati abbiamo studiato le possibilità di riutilizzo del vecchio manicomio di Como, chiuso per effetto della legge Basaglia. La distribuzione degli spazi era tale da suggerire che fosse particolarmente semplice il riutilizzo per ospitare il nuovo polo universitario, grazie alle sue grandi aule e corridoi. A Vimercate da tempo si sta studiando che fare del vecchio ospedale, chiuso e inutilizzato da anni: il grande cortile centrale suggerisce si possa trasformare in un mercato coperto abbinandovi, spazi per uffici e appartamenti». Così all’esterno le architetture rimangono quel che erano, ma trovano una nuova utilità.
Di solito queste operazioni sono compiute col sistema detto 'top-down' nel senso che partono da un progetto generale curato da un’autorità che si occupa di seguire tutto il processo di trasformazione, al quale spesso partecipano attori pubblici e privati assieme. Un esempio di questo è quanto compiuto con la vecchia Manifattura Tabacchi nella periferia nord di Milano: l’edificio risale al 1929 ed è vincolato dalla Soprintendenza. Pur restando praticamente immutati i suoi profili esterni, è stato quasi completamente ristrutturato e vi hanno trovato posto il Centro Sperimentale del Cinema, un centro ricreativo anziani, una caserma dei Carabinieri, accanto a un’ampia parte dedicata a residenze private. Ma di fronte alle emergenze, in particolare di carattere abitativo, si va facendo strada anche la nuova modalità della progettazione partecipata, in cui gli abitanti e le loro necessità assumono maggiore protagonismo.
Un esempio di tale procedura è quanto compiuto nell’ex Filanda di Sulbiate in Brianza: con la collaborazione del Politecnico di Milano, delle Amministrazioni comunale, provinciale, regionale ma anche di varie associazioni si è giunti a definire una serie di spazi adatti all’educazione permanente, al co-working, a diverse attività artistiche, a ospitare manifestazioni di ogni sorta (dai concerti ai meeting aziendali), e infine un servizio di aiuto al lavoro da un lato, e dall’altro di aggiornamento delle aziende. Insomma un piccolo universo in cui le specialità più diverse interagiscono a contatto di gomito: e il luogo abbandonato è divenuto volano di nuove attività. Dove c’è oggi abbandono può nascere un nuovo mondo. Un modello è quanto compiuto nella regione di Halland, in Svezia, già negli anni ’90. A conseguenza di un periodo di crisi economica, accompagnata da aumento della disoccupazione e dell’inquinamento, le autorità locali studiarono sistemi per ristrutturare alcuni edifici agricoli abbandonati e misero al lavoro decine di disoccupati. Completato il primo edificio, questo fu acquistato dalla Volvo per una cifra doppia rispetto a quella investita per ristrutturarlo. Simili altre operazioni consentirono di recuperare decine di edifici e, col sistema del learning by doing (imparare operando) furono impiegate centinaia di persone, tra disoccupati e immigrati: questo consentì loro di acquisire nuove capacità grazie alle quali molti trovarono in seguito altri lavori. È così che l’edilizia diviene occasione di progresso.
Lavorare per costruire l’ambiente in cui vivere è la prima opera significativa che inoltre dona nuova dignità a chi vi è impegnato. A simili conclusioni giunse la Fondazione Michelucci, che in Italia dalla fine degli anni 90 si è impegnata per aiutare famiglie rom a realizzare edifici nuovi a basso costo o a reperire alloggi abbandonati. Tre anni fa il direttore della Fondazione, Corrado Marcetti, riferì ad Avvenire: «Mi diceva uno dei primi rom con cui abbiamo lavorato, come la sua famiglia si fosse impegnata nel sistemare l’alloggio assegnatole, che era stato lasciato in condizioni deplorevoli dai precedenti occupanti». I condòmini diffidavano dei nuovi arrivati, ma presto furono convinti dal loro serio impegno. Arrivare a disporre di una casa, quando non la si ha, è occasione per aprirsi a una vita nuova ('Avvenire', 15/03/2015). Ecco dunque come sia importante individuare gli edifici abbandonati e consentire a chi non dispone di una casa di darsi da fare per sistemarli, magari con la consulenza di giovani professionisti. Ogni anno le scuole di architettura italiane laureano migliaia di ragazzi per i quali sondare i lati più problematici delle città ed elaborare, di concerto con i cittadini, soluzioni progettuali innovative, sarebbe un modo eccellente per dare un contributo positivo alla città nel momento stesso in cui cominciano a mettere a frutto le loro conoscenze.
È su questi tasti che Renzo Piano ha modulato la sua iniziativa chiamata G 124 (dall’aula assegnatagli a Palazzo Giustiniani quando fu nominato nel 2013 senatore a vita): gruppi di giovani architetti, diretti da professionisti esperti hanno dialogato con i cittadini e col territorio in alcune zone di periferia (a Roma, Torino, Catania, Milano). Per scovare ed elaborare potenzialità dove sembrano dominare le difficoltà e il disordine. Il più recente intervento è stato compiuto a Marghera, nelle cui periferie campeggiano scheletri di installazioni portuali e la terra è spesso inquinata dai reflui dell’attività petrolchimica: ne parla il volume 'Diario delle Periferie /2 Marghera' curato da Carlo Piano e Andrea Mariotto (Skira, pagine 150, euro 29,50). L’azione svolta da questi gruppi di giovani architetti non è stata mettersi a progettare, bensì mettersi ad ascoltare: prima le persone, quindi l’assetto urbanistico. Per proporre azioni «dal basso verso l’alto» dando adito «a un confronto tra discipline e saperi, tra esperti e non esperti, nell’avvicinare e nell’abbattere le barriere». L’area presa in considerazione si trova a cuscinetto tra la zona industriale e quella residenziale. Tra i diversi edifici abbandonati c’è l’ex istituto professionale Edison Volta, usato solo in parte dalla Caritas come dormitorio: lo studio compiuto ha suggerito che vi si insediassero associazioni che proponessero attività culturali e ha portato a definire diversi scenari per un riuso organizzato e protratto nel tempo, computando anche costi e benefici dei diversi scenari considerati.
In tutte queste opere, tuttavia, vi sono benefici difficilmente computabili in denari, almeno sul breve periodo. Sono quelli che riguardano la possibilità di inserire nel circuito produttivo e nel dialogo sociale persone che altrimenti ne sarebbero emarginate e allontanate. Siano esse italiane o straniere. La vera ricchezza non può mai computarsi in denari, ma in speranze. Qualcosa che non si pesa e non si misura, ma che costituisce una chiave per il futuro.
(2 - fine. La puntata precedente è uscita il 9 ottobre)

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