Due errori e nessun alibi
martedì 12 ottobre 2021

Ci sono due errori che non possiamo permetterci di fronte al tentativo di manipoli di squadristi neofascisti di intestarsi violentemente il disagio, le paure, i dubbi e le proteste di quella minoranza rumorosa e spesso (ma non sempre) irriflessiva che chiamiamo 'novax' e/o 'no-pass'. Ma a Roma, sabato 9 ottobre, non sono stati i no-vax ad aggredire le forze dell’ordine, a dare l’assalto alla sede della Cgil e a fare furiosa irruzione nel Pronto soccorso del Policlinico romano Umberto I. Gli aggressori sono capi e militanti di una destra estrema, concittadini che hanno diritto a pensarla come vogliono, ma che si rivelano sistematicamente – e questo è il punto – nemici delle regole democratiche, anche di quelle che hanno sinora permesso loro di organizzarsi in partito e di sfidare il limite oltre il quale si realizza l’«apologia del fascismo», il crimine che in Italia fa memoria degli orrori della dittatura nera.

Il primo errore da non fare è, dunque, di dargliela vinta sul piano mediatico ai manganellatori. Accadrebbe se consegnassimo a ripetizione e con enfasi a questi malviventi i titoli di testa di giornali, telegiornali e radiogiornali. Informare è indispensabile, infornare il loro pane avariato no. Se invece lo facessimo, aiuteremmo paradossalmente queste e altre schegge della piccola galassia neofascista a centrare un obiettivo propagandistico, consentiremmo loro di mostrare muscoli che non hanno e di vantare consensi che non ci sono, e al tempo stesso rischieremmo di metterli in condizione – grazie alla sovraesposizione ottenuta – di far proselitismo e di ulteriormente avvelenare un pezzetto di società italiana.

Il secondo errore da non compiere è di dargliela vinta sul piano politico. Non serve retorica e non servono distinguo, serve semplicità e nettezza per denunciare all’opinione pubblica i misfatti dei forzanuovisti e dei loro compari e per varare risposte ben proporzionate ed efficaci (meglio non parlare neppure di scioglimento di Forza Nuova, se non c’è la certezza giuridica e politica di poterlo sancire). Purtroppo, però, un po’ tutti i portavoce di partito (di più quelli di destra, ma anche a sinistra non si scherza) stanno marcando male, con un gioco di rilanci, ripicche e vecchi ritornelli. Dopo un accenno di unanimità iniziale nella condanna, è infatti scattato il riflesso condizionato di fazione e si sono accese polemiche disorientanti, soprattutto per chi del fascismo e dei suoi immani disastri ha appena una vaga idea.

La solfa è la solita. E meno male che non si arriva a parlare di «camerati fuori strada» (come un tempo a sinistra con i «compagni che sbagliano»). Ma fioccano notazioni sui «nostalgici utili idioti», sugli «atti di matrice incerta» (Meloni dixit) e – udite udite, visto che viene dall’ex ministro dell’Interno Salvini – sulle possibili malizie delle autorità di pubblica sicurezza. Ma non appare scelta azzeccata neanche quella di aver fissato proprio alla vigilia del voto per i ballottaggi amministrativi una grande e sacrosanta manifestazione sindacale. Cgil, Cisl e Uil l’hanno indetta per il 16 ottobre, che è giorno evocativo e che cade di sabato come nel 1943, quando nazisti e fascisti rastrellarono 1.259 uomini, donne e bambini nel Ghetto ebraico di Roma, avviandoli ai campi di sterminio. I sindacati non sono partiti, e non sono in lizza il 17 e 18 ottobre, e però con questa scelta senza (apparente e convincente) consultazione sono stati offerti la possibilità e un mezzo alibi parolaio per non essere in piazza contro il fascismo a tutti coloro che in piazza preferiscono non esserci.

Solo un mezzo alibi, sia chiaro, anzi, nessuno. Perché un modo lineare per disinnescare il 'conflitto' c’è, eccome. Basta esserci tutti in piazza contro lo squadrismo neofascista. Ma proprio tutti. Centrosinistra e destracentro insieme. Dopo settantacinque anni di Repubblica democratica ce lo possiamo e dobbiamo permettere. Errori a parte, chi non ci sarà avrà una responsabilità in più.

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