giovedì 10 marzo 2011
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Caro direttore, il televisivo dottor House nella puntata di venerdì 4 marzo ha parlato di fede e, secondo una mentalità diffusa, l’ha definita come un atto che va oltre la ragione. È la convinzione comune: sia chi crede, sia chi non crede vede nella fede un atto che non c’entra più con la ragione. Non è questa l’esperienza che io faccio di fede; non è questa l’esperienza che io ho incontrato della fede. Non c’è un salto nel buio, un cambiamento di metodo che si renda necessario arrivato al limite estremo dell’umano, come se fosse inevitabile chiudere gli occhi e sognare. Come mi ha testimoniato don Luigi Giussani che ascoltavo sui banchi dell’Università Cattolica negli anni Settanta la fede è un atto della ragione. In quegli anni, mi entusiasmavo a sentir dire che «il vertice della conquista della ragione è la percezione di un esistente ignoto, irraggiungibile, cui tutto il movimento dell’uomo è destinato, perché anche ne dipende. È l’idea di mistero». Questo modo di identificare la fede mi ha segnato in modo profondo, l’ho percepito subito come corrispondente, perché faceva della fede un atto pienamente umano. È stata la cosa più rivoluzionaria della mia vita, incontrare un uomo che usava fino in fondo la ragione e che arrivava a dare piena ragionevolezza alla fede. Una novità assoluta per me che venivo da una educazione cattolica dualistica, in cui per aver fede bisognava mettere da parte la ragione; una novità che mi ha portato ad impegnarmi fino in fondo con la ragione per scoprire che è ad essa che il Mistero si rivolge, rispondendo pienamente alle sue esigenze. Con la fede si diventa uomini, totalmente uomini, questo è il fascino che ho incontrato vedendo la vibrazione umana con cui don Giussani prendeva sul serio ogni domanda di noi studenti percorrendola fino a toccare la risposta. In atto, nel modo con cui insegnava ho cominciato ad avvertire che la fede è un atto della ragione e non un salto nel vuoto.

Gianni Mereghetti, Abbiategrasso (Mi)

Prendendo in prestito parole, profondità e citazioni da Papa Benedetto, caro professor Mereghetti, potremmo anche far rispondere al dottor House da un interlocutore non banale né sprovveduto che in realtà la fede va oltre la «ragione ristretta», perché coincide con una più elevata razionalità, la «ragione estesa»... Ma mi rendo conto che probabilmente un simile dialogo è, a tutt’oggi, fuori della portata di buona parte di autori e sceneggiatori delle serie televisive d’Oltreoceano. La tv di successo segna e contribuisce alla «mentalità diffusa», ci riempie di slogan ma non ha conquistato ancora l’esclusiva nella costruzione delle idee che valgono. E, per fortuna, le 'trasmissioni' che contano non vanno in onda solo su quello schermo freddo.Ci sono ancora e sempre altri luoghi caldi e altre esperienze vive, nei quali e per le quali ci si forma e ci s’informa, attraverso cui si trasmette vita e cultura. Lei, caro amico, ce lo ricorda assai bene, raccontando l’impatto delle «rivoluzionarie» lezioni di don Giussani sul suo percorso intellettuale e di fede.L’importante è che ci siano lungo il nostro cammino buoni maestri in grado di accenderci l’intelligenza e il cuore, capaci di insegnarci a usare la ragione senza arroganze e presunzioni, generosi nel dimostrarci che si può rivolgerla senza timori in alto. È una strada mai spianata del tutto, che per ognuno di noi ha curve e insidie e tappe cruciali diverse, ma è anche una strada da fare in compagnia. I cristiani sono buoni camminatori, hanno testa per sapere dove dirigersi e verso Chi, sanno farlo insieme. Grazie per avercelo ricordato.
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