venerdì 10 ottobre 2014
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Gentile direttore,
leggendo l’articolo su Brittany Maynard, l’americana che prenota la sua fine, sono rimasto colpito di come, in un successivo confronto con le persone a me vicine, diverse di loro condividessero la scelta della sorella (nel dolore) americana. Molti si dicono cattolici, credenti e praticanti. Che la Chiesa – "popolo", in primis – vada riformata lo dice da tempo papa Francesco. E io non lo ripeto con presunzione poiché, con sforzo quotidiano e spesso in malo modo, cerco di riformare me stesso. Ecco, io facevo presente che la vita non ce la siamo data, ci siamo trovati a esistere e è quindi dono. Che in situazioni di fine vita le persone vanno accompagnate umanamente, quando ’ necessario con protocolli medici di cure palliative (che esistono e funzionano!). Che aprire le porte a queste disumane scorciatoie (la morte assistita come già l’aborto e il divorzio, viene proposta e si afferma grazie alla manipolazione di casi pietosi) apre scenari inizialmente inimmaginabili ai più, come nel caso dell’eutanasia ai minori in Belgio. Ma le scorciatoie fanno sicuramente comodo. Servono, ad esempio, in un mondo di anziani e malati che più non producono ricchezza, ma che sono solo una "spesa" per gli stati indebitati. Chiedo di riflettere su una frase pronunciata dall’ Americana: «Sto morendo e sto scegliendo di soffrire di meno».  Questa frase a pensarci bene, la può pronunciare qualsiasi uomo anche sano, dal momento in cui nasce. E allora che fare? Ad ogni difficoltà nella vita, anche psicologica, invochiamo l’ eutanasia? Mi auguro che la medicina torni sempre a curare i malati e non ad ucciderli. E da cristiano conservo la fiducia il lume della fede in Gesù e nel Vangelo non si possa mai spegnere del tutto.
Armando Ferrario, Cairate (Va)
 
La questione delle «scorciatoie» morali e affaristiche di fronte agli ostacoli e ai dolori che possono segnare e in effetti, prima o poi, segnano la vita delle persone è terribilmente seria, caro e gentile signor Ferrario. Passa, proprio come lei dice, dalle nebbie stordenti della «manipolazione pietosa» per arrivare con quasi inesorabile regolarità ad abissi di disumanità. Papa Francesco coniando le immagini dense e tragiche della «cultura dello scarto» e della «globalizzazione dell’indifferenza» ha reso più facile cogliere la potenza del rischio che stiamo correndo e delle ingiustizie che stiamo commettendo. Il tragitto tra il suicidio assistito annunciato al mondo con sicuro successo mediatico dalla bella, giovane e malatissima Brittany e l’eutanasia dei bambini e degli anziani ormai stabilmente esercitata in un pezzo della nostra civilissima Europa è breve, e purtroppo già largamente percorso nella testa di troppa gente. Percorso con slancio, e con l’appoggio dei megafoni di gran parte del circo mediatico: venghino, venghino siori e siore al gran spettacolo della morte a comando, della libertà di farsi fuori e di fare fuori chi più non intende, né gode, né compra ed è giudicato vita "inutile" e "indegna" che per di più costa, e costa tanto... Nel Nord del mondo opulento e rapace, materialmente e moralmente indebitato con se stesso e con il resto dell’umanità, sempre più allergico alla sofferenza e all’imperfezione, invecchiato e segnato da solitudini ed egoismi, può davvero sembrare un successo darsi e farsi dare la morte invece di vivere e lottare, invece di lenire il dolore e di accompagnare con carità, con umano senso del limite e senza impazienza le persone malate nell’ultimo tratto del loro cammino. Prego come tanti per Britt, caro amico. Faccio mie le domande che lei, in questa lettera riaccende. E condivido la sua speranza.
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