giovedì 18 ottobre 2012
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Centocinquantadue i senatori che chiedono al presidente del Senato che il provvedimento sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento sia finalmente calendarizzato in Aula (numero tra l’altro in difetto che non conteggia la prevedibile adesione del presidente della Commissione Sanità Antonio Tomassini e dei sette capigruppo che quel testo hanno già votato, in prima lettura). Otto su nove i gruppi parlamentari (Pdl, Api-Fli, Udc, Gruppo Misto, Lega, Coesione nazionale, Siamo Gente Comune più un esponente del Pd) di cui fanno parte i firmatari. E ancora 150 i senatori favorevoli (ne sarebbero bastati 139) che nel marzo del 2009 dicevano il primo sì al provvedimento. Duecentosettantotto i voti favorevoli, contro i duecentocinque contrari con cui, nel 2011, la Camera ha dato per la secondo volta il via libera al disegno di legge.Numeri che mostrano l’ampio consenso su cui può contare il disegno di legge sulle Dat e che contraddicono quanti nel centrosinistra etichettano la richiesta di accelerare l’iter come una forzatura. Eh no, it’ s democracy bellezza, e non una forzata e striminzita maggioranza e i numeri lo dimostrano. Tra l’altro siamo giunti alla terza lettura, sono stati ripetutamente ascoltati in audizione in entrambe le Commissioni Salute tutte le Società, Associazioni e Istituzioni interpellabili in materia. E mentre il Parlamento udiva e dibatteva, alcuni sindaci (noncuranti del lavoro in corso, e preoccupati solo di affermare un principio ideologico e possibilmente di suscitare un facile consenso) introducevano registri comunali sul testamento biologico, alcuni tribunali emettevano sentenze e si sostituivano al Legislatore e ai medici. Ora è proprio tempo di procedere, per la via maestra.Mi sarei aspettato che radicali e la maggior parte del Pd (una minoranza è a favore della legge) se ne facessero una ragione, non votassero la legge come è loro diritto, ma non alimentassero ulteriormente uno scontro ideologico che non serve a nessuno. E invece stiamo assistendo a un triste festival di falsificazioni e scuse pretestuose. Si sostiene che una legge che non consente la sospensione clinicamente non necessaria di idratazione ed alimentazione sarebbe semplicemente inutile e irrispettosa della libertà e autodeterminazione del paziente. Si tenta di paralizzare il Parlamento, in virtù di un principio caro a certi dirigenti del Pd secondo il quale una legge che non piace è contraria alle regole democratiche. Ma non c’è alcuna valida ragione per non completare l’iter legislativo di un provvedimento che, figlio del proprio tempo, ha la responsabilità di affontare lo sconquasso prodotto all’ordinamento sanitario da alcune sentenze creative, ha il compito di rispondere alle domande e ai dubbi posti dal progresso scientifico, ha il dovere di prendersi cura e di tutelare i deboli e i pazienti disabili.Non c’è motivo per non mandare il testo in Aula. L’unico nuovo "approfondimento" che serve al Paese è quello fatto con la lente dell’obiettività, così da non dover assistere a continue falsificazioni, alla malafede di chi continua a descrivere alla società civile un testo liberticida, inducendola a confondere l’ eutanasia con l’accanimento terapeutico; la libertà in piena coscienza di sospendere terapie con il divieto di interrompere sostegni vitali come idratazione e alimentazione; il rispetto dell’autodeterminazione e quindi il diritto di rifiutare trattamenti anche a costo di accelerare il decorso della malattia con il "diritto a morire" – per mano dello Stato – non perché affetti da una patologia, ma perché si vive una disabilità (qual è quella gravissima che chiamiamo "stato vegetativo").P.S La ringrazio, caro direttore, per aver accolto il mio contributo, i suoi colleghi di altre testate giornalistiche non sono mai stati disponibili. Sono state davvero rare – le conto sul palmo di una mano – le occasioni in cinque anni che mi sono state concesse come parlamentare e come medico di illustrare ai lettori italiani il testo di cui sono stato relatore. Come è vero che la verità se non è condivisa rischia di non avere alcun valore...
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