sabato 24 gennaio 2015
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A ottobre 2013 usai l’immagine della 'regata' per spiegare perché gli Stati Uniti, avendo indovinato tutto, viaggiavano a gonfie vele mentre l’equipaggio della Ue era in stallo. Subito dopo lo scoppio della crisi la Federal Reserve aveva riconosciuto che il primo problema era la disoccupazione non l’inflazione, aveva varato il Quantitative easing americano (acquisti di titoli di Stato Usa da 85 miliardi di dollari al mese) che, accompagnando politiche fiscali espansive articolate dal governo, aveva colmato il crollo di liquidità monetaria e di domanda di beni che avviene tipicamente dopo queste crisi.  Tutto ciò aveva sostenuto la ripartenza dell’economia e aveva fatto risalire rapidamente i livelli di occupazione. La Ue aveva invece scelto di perseguire l’obiettivo del pareggio di bilancio a breve, precludendo la via all’espansione monetaria e aprendo la via a deflazione e stagnazione.  A ottobre 2014, quando lanciammo assieme a 350 colleghi economisti l’appello per una nuova Bretton Woods europea, la situazione appariva immobile e disperata e la collisione con l’iceberg di una crisi dell’Eurozona inevitabile.  Nell’appello chiedevamo il varo del Quantitative easing europeo, politiche fiscali espansive e l’armonizzazione fiscale nell’Eurozona. Oggi possiamo dire che, a distanza di soli due mesi, la rotta per evitare l’iceberg è stata tracciata su tutti e tre i fronti (sul terzo, l’armonizzazione, grazie a un importante impegno del governo italiano). Ma il primo fronte è e resta quello più importante e decisivo. La mossa della Bce di Mario Draghi è ormai nota: acquisti di titoli privati e dei Paesi membri per 60 miliardi di euro al mese sino almeno al settembre 2016 (e, comunque, sin quando l’inflazione non tornerà all’obiettivo statutario di avvicinare, al limite inferiore, il 2%). Inoltre è stato chiarito che, fissati i limiti alla quota di titoli pubblici acquistabili, non ci sono preclusioni verso nessun Paese, Grecia inclusa, a patto che si rispettino le regole di condizionalità sulla finanza pubblica. Draghi ha anche sottolineato che parte di questa strategia avverrà in condizioni di completa condivisione del rischio tra tutti i Paesi.  Borse, quotazioni dell’euro, spred hanno reagito bene all’annuncio. Anche se, in realtà, gli effetti del QE sono già sul mercato da quando, qualche settimana fa, si è capito che sarebbe arrivato. All’improvviso è diventato possibile per il governo italiano con un debito 'BBB' finanziarsi sul mercato a tassi incredibilmente bassi (1,6% contro un costo medio del debito di 3,8%). Se le condizioni di questa nuova era perdureranno le risorse per il piano Juncker arriveranno indirettamente da Draghi stesso. Tracciando, per ipotesi di scuola, uno scenario ideale con un costo del debito medio al 2%, un’inflazione al 2% dagli attuali livelli, debito/Pil al 135% e l’attuale avanzo primario, il debito scenderebbe, con una modestissima crescita dello 0.5%, di 2.9 punti percentuali. Questo vuol dire che potremmo ridurre di un punto percentuale l’avanzo primario, avere 16 miliardi da investire e ancora vedere il nostro debito scendere di 1.9 punti percentuali l’anno.  Inoltre, e Draghi l’ha spiegato con chiarezza, il QE avrà effetti espansivi: più liquidità per imprese, cittadini e banche che saranno incentivate a fare più prestiti all’economia reale. E speriamo che non prosegua la scellerata operazione tesa a cancellare dal campo da gioco italiano una parte delle banche (le Popolari) più intenzionate a tradurre nei fatti l’intenzione di Draghi.  L’altro fatto straordinario della giornata di giovedì è che abbiamo visto ancora una volta che l’Europa non è la grande Germania. Consenso unanime ha detto Draghi sulla legalità del QE, ma solo grande maggioranza (non unanimità) sulla decisione di farlo partire adesso e condividerne (almeno in parte) i rischi. Se all’inizio della regata il passeggero più qualificato aveva ostacolato la partenza della ripresa, si sono costruiti in questi anni i meccanismi per un’Europa in cui è tutelato l’interesse di tutti, a partire da chi si trova nelle condizioni più difficili. Ed è questo il vero capolavoro di Draghi, costruito con pazienza e tenacia. Ci dà un’occasione che, adesso, a livello nazionale non possiamo sprecare.
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