venerdì 1 marzo 2013
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S​arà bianco o nero, italiano o no, europeo o di un altro continente? Da quando il Papa ha annunciato la sua rinuncia, domande più o meno simili si susseguono nelle chiacchiere della gente come pure nelle dotte analisi degli opinionisti. Tuttavia dubitiamo fortemente che saranno questi i dilemmi che guideranno i cardinali incaricati di disegnare l’identikit del prossimo Papa prima nelle Congregazioni generali (una sorta di anticamera del Conclave che serve innanzitutto ad assicurare una guida alla Chiesa nel periodo di Sede Vacante, ma anche a permettere ai porporati di svolgere insieme «ponderate meditazioni circa i problemi della Chiesa») e poi nel Conclave vero e proprio.
Che il Papa sia bianco o nero, ad esempio, è più un problema mediatico che una delle preoccupazioni del Sacro Collegio. Ricordate la canzoncina che si cantava negli anni ’70 nei nostri gruppi giovanili? «Di che colore è la pelle di Dio?/ È nera, rossa, gialla, bruna, bianca perché/ lui ci vede uguali davanti a sé». Dunque agli occhi della Chiesa (e perciò dei cardinali elettori) il colore della pelle del nuovo Papa è costitutivamente irrilevante. Analoghi ragionamenti possono essere fatti per le altre due alternative. Solo chi non ha presente l’enorme cambiamento geografico avvenuto nel collegio cardinalizio dai tempi di Paolo VI a oggi può pensare che la provenienza geografica abbia ancora un peso decisivo.
La Chiesa non è mai stata 'italiana', anche se per molto tempo i cardinali nativi della Penisola erano in maggioranza (e questo spiega in massima parte la lunga teoria dei Papi italiani interrotta dagli ultimi due pontificati). Oggi che non è più così – pur restando il gruppo degli italiani il più consistente –, e che i fedeli nostri connazionali hanno dimostrato di saper amare Pontefici venuti da altri Paesi, anche questa alternativa non è dirimente. Né tanto meno è ipotizzabile che si vada verso un’alternanza del tipo 'dopo tanti Papi europei è ora di farne uno extraeuropeo'. Queste sono tutt’al più logiche da 'toto­papa' o da campagna elettorale politica. E perciò del tutto inapplicabili al Conclave.
Ben diverso è il modo di ragionare del collegio cardinalizio, all’interno del quale, prima della persona, dovrà essere individuata la priorità pastorale per la Chiesa degli anni futuri. Benedetto XVI, da questo punto di vista, ha detto – anche con la sua rinuncia e con gli ultimi discorsi – cose fondamentali. Per esempio ha ricordato a tutti che la questione fondamentale oggi è quella della fede. E dunque della nuova evangelizzazione. In pratica come ripresentare agli occhi del mondo la bellezza, la significatività e, perché no, anche la convenienza e infine l’unicità della fede cristiana in quanto risposta di senso alle grandi domande dell’uomo. E come fare in modo che il cristianesimo smetta di essere percepito come una dottrina morale e non come l’incontro con la persona di Cristo; e che la Chiesa sia sempre più un corpo vivo e non una semplice associazione.
Non ci stupiremmo, dunque, se a continuare la missione di Papa Ratzinger fosse chiamato un cardinale che per nascita – o almeno per formazione – provenga da una Chiesa che abbia già avviato il confronto con le correnti di pensiero dominanti nel nostro tempo e dunque abbia imparato a esprimere la novità dirompente del Vangelo anche in contesti molto secolarizzati. Competenza teologica, esperienza pastorale e dimestichezza con le tecniche di comunicazione, oltre che una buona dose di fantasia, doti personali che non sono certo mancate (sia pure in forme diverse) nei Papi degli ultimi 150 anni, dovranno essere messe a servizio di questa priorità. E per quanto infine riguarda l’età, il segnale che viene dalla rinuncia di Benedetto XVI, pur non essendo cogente, contiene una notevole dose di buon senso.
Un Papa del terzo millennio non può essere stanziale. Fa parte del suo ministero prendere aerei e visitare terre lontane. Dunque energia fisica e buona salute sono caratteristiche da mettere in conto. Quando fra qualche giorno, esaurite le Congregazioni generali, i cardinali entreranno nella Cappella Sistina e si vedranno avvolti dalla policromia michelangiolesca, è molto probabile che l’identikit umano sarà già a buon punto. E che tornino loro in mente i versi di Giovanni Paolo II nel Trittico Romano : «Con-clave: una compartecipata premura/ del lascito delle chiavi del Regno./ (…) Non dimenticate: Omnia nuda et aperta sunt ante oculos Eius./ Tu che penetri tutto ­indica!/ Lui additerà». Ecco. Lo Spirito additerà. E sarà allora che, al di là di ogni umano disegno, emergerà il volto reale del nuovo Papa. Bianco o nero, italiano, europeo o di altri continenti che sia.
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