sabato 24 maggio 2014
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​Caro direttore,
mi ha molto colpito la sua riflessione (Avvenire del 4 maggio scorso) sulla «verità interiore» di Giulio Andreotti. Una domanda importante quella che formula nelle ultime righe del suo articolo: cosa ci aspettiamo da un cristiano che si misura con il servizio nella politica? Alcune risposte con naturalezza affiorano dentro di me. Mi aspetto che dia il meglio di sé, mi aspetto che siano chiare le sue intenzioni, forte la sua ricerca di verità. Che almeno alcune delle sue azioni politiche siano vittorie, vittorie cristiane, intendo. Anche piccole, ma riconoscibili. Che anche in una situazione di forte complessità quale l’attività di gestione della cosa pubblica si scorgano ancora (o forse ancor di più?) le sue qualità. Anche nelle difficoltà, tra gli errori e i compromessi inevitabili. Che si possa distinguere la direzione che intende seguire. Mi aspetto che non appaia uguale o confuso tra tutti quelli che non percorrono un cammino cristiano. Non sono d’accordo con lei, poi, quando scrive che la verità interiore «quasi mai emerge». Penso agli uomini di fede che si trovano a lavorare, per scelta, in contesti difficilissimi, a volte disperati. Non devo sforzarmi di cercare in nessun luogo privato l’emozione della loro verità interiore perché la intuisco facilmente nelle pieghe delle loro scelte, dei loro volti, accessibili a tutti. La storia è difficile da districare e quasi impossibile da giudicare e non possiamo fare altro che cercare di avvicinarla. Credo che un cristiano che si misuri con il servizio della politica debba parlarci di sé con le proprie azioni. Come chiunque altro. E noi cittadini che ci affidiamo al suo lavoro saremo indulgenti, perché capiamo quanto sia difficile il suo impegno. Ma è necessario che sia forte, per noi, la sua testimonianza. Non crede?
Luciana Riva
Certo che lo credo, cara e gentile signora Luciana. E da qualche anno lo vado pure scrivendo, in vario modo e a diverso proposito. Ogni politico, e tanto più chi in politica porta o comunque dichiara la propria ispirazione cristiana, che lo voglia o no ci parla di sé con tutte le azioni che compie. Proprio tutte. E lo fa anche con il suo stile. Anche con le sue scelte e vicende private. Dunque, in qualche modo, anche con la sua interiorità, che un osservatore esterno può certamente riuscire a intuire e ad apprezzare, ma che – confermo la mia opinione – quasi mai emerge senza l’ausilio di quelle “finestre sull’anima” che a volte vengono aperte e persino spalancate da testi e testimonianze, da storie e gesti precisi che mai vengono esibiti (o anche solo raccontati) dagli interessati. E questo perché c’è sempre una parte di noi stessi che riserviamo alle persone che ci sono più care e più vicine. E, prima ancora, a Dio. Un’attitudine che non è frutto di chiusura o – per così dire – di gelosia, ma di pudore e di saggezza, quella saggezza – molto cattolica – che insegna che fanfare e fanfaronate mal si conciliano col vivere in fedeltà e coerenza con la propria fede e col fare in modo giusto la cosa giusta. Sono, perciò, contento che lei, cara amica lettrice, argomentando con bella efficacia, mi abbia offerto proprio oggi, alla vigilia del voto per il nuovo Parlamento europeo, l’occasione per ragionare brevemente sulla bellezza e sulla forza dell’impegno politico sviluppato da testimoni liberi e forti, schietti e misurati. Non perfetti, certo, ma onesti e generosi. Queste caratteristiche sono le serie conseguenze dell’amore cristiano sperimentato nella vita e nelle relazioni con gli altri, cioè dell’esatto contrario dell’individualismo assoluto, dell’egoismo. Sta scritto: «Da questo tutti sapranno...». Già, bisogna conoscerci e riconoscerci alla luce di una lampada insostituibile e bisogna riconoscere quelli che con sincerità quella lampada vogliono tenerla alta: e non è sempre facilissimo (beata lei, che invece mi dice di riuscirci in modo sempre spedito). E, quando li riconosciamo, vorremmo poterli indicare, preferendoli: e con certe regole del voto, da troppi anni, nella nostra Italia non è possibile. Tuttavia, per il Parlamento di Strasburgo abbiamo strumenti per scegliere sino in fondo: partiti e programmi, ma anche persone. Abbiamo valori e vicende concrete – Papa Francesco dice «luoghi»: affermazione della bontà e della bellezza della famiglia, ricostruzione della possibilità e dignità del lavoro, abbraccio per i profughi e giustizia per i migranti forzati – per misurare la corrispondenza tra l’impegno che ci riguarda e quello di chi si propone di rappresentarci. Abbiamo a disposizione fino ad addirittura tre preferenze (troppa grazia!). Usiamo bene, anche in questo modo, di questa occasione.
 
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