mercoledì 23 settembre 2015
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​Ha, dunque, vinto Alexis Tsipras ma se avesse vinto Evangelos Meimarakis non sarebbe cambiato nulla. Il duro programma, come si è già annotato su queste colonne, è lo stesso ed è quello che la Ue ha imposto alla Grecia per aver accesso al nuovo piano di rifinanziamento di 86 miliardi di euro.Ciò che piuttosto impressiona delle elezioni di domenica in Grecia è quanti pochi voti abbia avuto in percentuale il fronte "no euro". Scegliere o non scegliere l’euro è come decidere se salire o no a bordo di un aereo. Un conto è la decisione iniziale, un conto provare a scendere quando l’aereo è in volo. La Grecia è stata sull’orlo del precipizio e, in un’inversione delle parti, è stata proprio la Germania a proporre l’uscita anche se temporanea assieme a un taglio del debito. Tsipras (e con lui il Paese, come dimostrano i sondaggi di allora e le elezioni di oggi) ha scelto di restare. Ritenendo, con molta probabilità, politicamente insostenibile il caos della transizione alla valuta nazionale, inadeguato il proprio Paese a gestire autonomamente la politica monetaria e incapace la propria economia di trarre vantaggio dal cambio vista la scarsa propensione manifatturiera e l’esplosione delle filiere produttive che ormai hanno ben poco di nazionale. Syriza è divenuto a quel punto di fatto indistinguibile da Nea Demokratia, ovvero dal partito e dal programma dal quale Syriza aveva promesso di allontanarsi con una rivoluzione, salvo poi precipitosamente riallinearsi con un rapido dietrofront dopo il confronto con l’Europa e la chiusura delle banche. Singolare (almeno per noi osservatori esterni) anche la scelta di riallearsi con la destra nazionalista invece che con i "vicini" del Pasok o del partito di centro.Il problema adesso però è un altro. Con i dati di oggi, il debito della Grecia è e resta insostenibile (ovvero continua a crescere). Siamo infatti ormai oltre il 177% del Pil. La dinamica del debito (ascendente o discendente) dipende da cinque fondamentali parametri: livello del debito stesso, deficit/surplus di bilancio, inflazione, tasso di crescita e costo del debito. Uno solo di questi (il surplus attorno al 3% del Pil) indica per la Grecia bel tempo. Altri due sono in territorio rischioso o perché (e questa è responsabilità della Bce che dovrebbe assicurare livelli prossimi al 2%) l’inflazione è negativa e attorno al meno 2% (e dunque aumenta il valore reale del debito) e le previsioni di crescita per quest’anno dopo l’episodio della restrizione dei prelievi volgono anch’esse al negativo anche se si spera in una correzione positiva grazie ai dati del turismo.In questa situazione, la questione è molto semplice: o la Grecia cresce stabilmente al 3% o la sua situazione debitoria non tornerà "sostenibile". Per Berlino, che conduce e comunque condiziona la partita di Atene con l’Europa, ciò che più di tutto conta è l’affidabilità dei greci e la fedeltà al percorso di riforme. In tal caso, si lascia capire, un "premio" sotto forma di allungamento delle scadenze dei pagamenti se non di taglio nominale del debito (il terzo dopo quelli del maggio 2010 e dell’ottobre 2011) avverrà.Un problema in economia ammette sempre più di una soluzione nonostante i partigiani delle diverse fazioni (rigoriste o anti-rigoriste) pretendano che l’unica soluzione corretta sia la loro. I prossimi mesi ci diranno se la Grecia è sulla via della ripresa o se sta invece facendo l’ennesima fatica di Sisifo, condannato a trasportare faticosamente un masso in cima alla montagna per poi vederlo ogni volta rotolare nuovamente a valle. Cercare un difficile equilibrio tra crescita e rientro del debito è un po’ come guidare una macchina cercando di risparmiare carburante. Se diamo troppo poco gas (poco stimolo all’economia e alla domanda) si consuma poco (il bilancio è a posto) ma c’è il rischio che la macchina (la crescita) si fermi. Se spingiamo troppo sul pedale (deficit per rilanciare l’economia con sgravi fiscali o con spesa pubblica) la macchina può ingolfarsi e il rapporto tra consumo di benzina e velocità è assolutamente insufficiente (il rapporto debito/Pil esplode). In futuro si vedrà se il piano di riforme strutturali, inevitabilmente condito di tagli di spesa e di aumenti di tasse avrà funzionato o se invece il filo di gas sarà stato troppo esile bloccando nuovamente la macchina. Per i greci, per noi e per l’Europa dobbiamo sperare che la Grecia, almeno per un po’, non sia più una notizia.
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